Monochrome view of handsome businessman in the room is drinking alcohol drink near the window

Bonapax e Whisky

Cosa succederebbe se a causa di un virus mortale fossimo costretti a rimanere chiusi in casa per sempre? In che modo cambierebbero le nostre abitudini, le nostre relazioni, le nostre priorità, se la pandemia non dovesse mai finire? La storia del dottor Burrough ci racconta come potremmo diventare. 

Di Eleonora Forti, articolista dell’Agenzia di Stampa Giovanile 

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Philip si scrocchiò le dita e si sistemò gli occhiali sul naso prima di avvicinarsi allo schermo con aria soddisfatta. Una scritta in una piccola bolla rossa comparve in basso a destra del rettangolo luminoso, avvisandolo sui potenziali rischi di quella sua abitudine: infiammazione delle articolazioni della mano, gonfiore alle dita, artrite, perdita di forza nella presa. Philip osservò l’avviso con tenerezza, prima che sparisse da sé: da quasi cinque anni era il suo saluto personale prima dell’inizio della giornata lavorativa.

Come al solito, aprì la casella di posta elettronica a comando vocale e aspettò che l’altoparlante del computer gli leggesse i messaggi più importanti con la voce registrata di chi glieli aveva mandati. Come si aspettava, il suo migliore cliente gli aveva inviato una richiesta di modifica del sito della propria azienda: gli chiedeva di rendere la home page dedicata ai clienti più intuitiva e accattivante e sottolineava che non avrebbe badato a spese: conosceva i preventivi del suo web designer di fiducia, e sapeva che avrebbe fatto un lavoro eccellente in breve tempo.

Philip lasciò che la casella di posta elettronica inviasse il modello di risposta automatico, indugiando per qualche istante sulla sua firma apposta in calce: Dott. Philip Burrough, esperto di interfacce informatiche e ingegnere di siti web. Sorrise con soddisfazione mentre apriva la bozza di sito in questione.

Dopo un paio d’ore, le bolle rosse sullo schermo cominciarono a comparire sempre più spesso, indicandogli come correggere la postura per evitare danni alla schiena e alla cervicale, suggerendogli di applicare ai bulbi oculari affaticati qualche goccia di collirio e avvisandolo che era arrivato il momento di una pausa di un quarto d’ora per garantire un recupero psico-fisico medio: gli avrebbe permesso di concentrarsi nuovamente e proseguire il suo lavoro in maniera più efficiente.

Qualche minuto dopo, dall’altoparlante del monitor usciva il suono dolce di una campanella, che si faceva più intenso man mano che il tempo passava. Non potendo più ignorarla, Philip salvò il lavoro fatto e si alzò dalla scrivania per silenziare l’avviso acustico; in quel momento, lo schermo si oscurò e fece comparire un timer con un conto alla rovescia a partire dai 15 minuti. L’ingegnere di siti web si avviò in cucina, dove lo aspettava una bella centrifuga vitaminica e il cordiale saluto della sua cucina robotica: “Benvenuto, mister Burrough, oggi ha fatto un ottimo lavoro”. Philip ringraziò mentre si dirigeva verso la piccola palestra che aveva installato in casa da qualche anno. Appena entrato nella stanza, si accesero le luci e le pareti senza finestre furono inondate da video di star del fitness che si allenavano, mentre lo stereo si lanciava nella riproduzione di canzoni ritmate per dargli la carica. 

Il web designer posò gli occhiali sull’apposito ripiano, sostituì in fretta la camicia con una maglietta traspirante e salì meccanicamente sul tapis roulant al centro della stanza, impostato su una camminata veloce. Dopo dodici minuti era nuovamente seduto alla sua scrivania, impaziente di riprendere il suo progetto.