Salvare il mondo in università

Come è possibile aiutare il nostro pianeta e contribuire alla lotta alla crisi climatica partendo dall’università? Se n’è parlato domenica 17 settembre a Poplar Cult, durante l’incontro “Salvare il mondo in università for dummies”.

Di Ilaria Bionda

Durante l’ormai fisso e partecipatissimo appuntamento con Poplar Cult, il programma di conferenze e incontri nei pomeriggi che anticipano la musica di Poplar Festival, si è parlato anche di cambiamento climatico. In particolare, durante l’incontro Salvare il mondo in università for dummies, domenica 17 settembre 2023, si è approfondito il ruolo che ha e avrà l’università nella lotta alla crisi climatica.

Moderati da Giovanni Mori e in rappresentanza di diverse realtà del territorio, Anna Castiglione, Lorenzo Tecleme, Marco Dorigatti e Giuliano Franzoi hanno portato nella discussione non solo differenti punti di vista sulla questione, ma anche idee e proposte per salvare il mondo a partire dall’università.

La prima domanda dell’incontro era incentrata sul perché. Qual è il motivo per cui è importante mettere il clima al centro delle attività dell’università?

La risposta di Lorenzo Tecleme, studente dell’Università di Trento, è stata diretta: “Perché la crisi climatica è il più grande problema presente e bisogna occuparsene ovunque, a tutti i livelli”. Non si tratta di una questione affrontabile a livelli di governance separati: “Tocca sì all’ONU e al governo nazionale occuparsene, ma anche al governo locale, all’università, a ognuno di noi”. Inoltre, l’università come istituzione è definita “d’avanguardia, con il ruolo di anticipare i trend” e, pertanto, se essa si muove verso la decarbonizzazione è positivo, poiché può assumere una funzione pionieristica e fungere da  esempio virtuoso. 

Anna Castiglione, dell’associazione Clima3T, da persona interna all’università in qualità di dottoranda ha affermato di riconoscere nel tema una questione personale: “Ritengo importante sentirmi attiva e parte di qualcosa, oltre ad avere la possibilità di negoziare”. E proprio quest’ultima è una delle azioni messe in atto dall’associazione universitaria di cui Anna fa parte, le cui 3 T rappresentano trasparenza, trasformazione e trasmissione, il tutto con l’obiettivo di rendere l’università di Trento il più sostenibile e meno impattante possibile. La trasmissione, in particolare, risulta fondamentale “per uscire dalle aule degli ingegneri” e parlare di questi temi in tutte le facoltà.

La conversazione si è spostata poi sulla domanda sul che cosa. Quali sono i settori nei e sui quali agire?

Marco Dorigatti, responsabile della direzione patrimonio immobiliare dell’Università di Trento, ha ritrovato nella mobilità (sia per raggiungere il luogo di lavoro e studio, sia verso l’estero per i viaggi di ricerca) il settore principale sul quale agire, al quale seguono quello della ricerca (con database e laboratori energivori) e degli edifici, di cui alcuni storici, con esigenze di illuminazione e climatizzazione. Dal discorso è emerso, però, anche uno dei possibili ostacoli: “Bisogna fare anche i conti con la sostenibilità economica”. Anche per Giuliano Franzoi, ingegnere del Comune di Trento, risulta fondamentale agire sulla mobilità, soprattutto su quella privata: “È necessario uno shift modale verso il trasporto pubblico”. 

Tecleme ha poi sottolineato che “il problema dei cambiamenti climatici non è un problema che ha soluzioni fisse, per le quali se non combatte abbastanza un padre, ci penserà il figlio. Qui bisogna agire in fretta”. A ciò si è poi ricollegato Mori, che con ironia ha però lanciato un grande spunto di riflessione: “Pensate che sono passati più anni dalla canzone Despacito e dai mondiali di Italia ’90 ad oggi, rispetto a quanti anni mancano rispettivamente al 2030 e al 2050”.

La terza domanda del panel si è incentrata sul come agire.

Per Castiglione serve prima di tutto la volontà: “Riconosciuta l’esigenza di agire, servono dei piani esecutivi che contengano linee guida generiche ma soprattutto obiettivi chiari e definiti nel tempo. Poi servono sotto-obiettivi più semplici e con scadenze a medio termine, oltre ad un’importantissima presa di responsabilità”. Risulta fondamentale, in questi termini, la collaborazione tra la comunità studentesca e l’istituzione universitaria. Per Dorigatti è fondamentale il monitoraggio, per avere basi di dati per porsi obiettivi e priorità verso le quali agire. Per Franzoi, invece, serve agire con una certa programmazione e con un cambio di approccio e mentalità. La questione economica risulta però sempre preponderante: le risorse non sono infinite e se si allocano nei confronti degli impatti al cambiamento climatico poi mancheranno altrove. 

L’incontro si è concluso con una serie di buoni propositi: un piano esecutivo chiaro e l’impegno ad aiutare a scriverlo, un green office universitario più attivo ed efficiente, l’invito a diventare attivisti perché – secondo le parole di Teclame – “serve essere in tanti per muovere qualcosa”.