Montagne d’acqua

La salvaguardia degli ambienti acquatici e glaciali del Trentino è stato il tema dell’evento “Montagne d’acqua”, organizzato dalla Fondazione Edmund Mach venerdì 3 maggio a Palazzo Roccabruna, nell’ambito della settantaduesima edizione del Trento Film Festival. 

Di Elena Rosetti

Foto di copertina di Loredana Berguecio, Trento Film Festival

Qual è lo stato di salute di questi ecosistemi, quali le minacce alla loro integrità? Che ruolo ha la ricerca nella salvaguardia di ghiacciai, corsi d’acqua e laghi delle vallate trentine? A questi interrogativi hanno dato una risposta le ricercatrici della Fondazione Edmund Mach Monica Tolotti, Ulrike Oberegger, Maria Cristina Bruno e Francesca Ciutti che studiano gli ecosistemi acquatici e glaciali del Trentino.

Rilevanza degli ambienti glaciali

Monica Tolotti ha parlato della rilevanza di studiare oggi gli ambienti glaciali di alta montagna in Trentino, perché la fusione dei ghiacciai e del permafrost montano è una delle espressioni più eclatanti del cambiamento climatico attuale. I ghiacciai sono naturalmente soggetti a fasi di espansione e di ritiro in funzione del cambiamento del clima, cioè in funzione del riscaldamento e del raffreddamento: l’ultima fase di ritiro dei ghiacciai è iniziata alla fine della Piccola età glaciale, quindi verso il 1850. Tuttavia, per diversi decenni, il tasso di fusione dei ghiacciai è stato abbastanza regolare nel tempo mentre è aumentato in modo drastico dopo l’anno 2000.

I ghiacciai costituiscono una delle risorse idriche più importanti in termini quantitativi a livello alpino, quindi la fusione di essi implica una diminuzione della disponibilità d’acqua creando differenti problematiche. Le acque glaciali alimentano, infatti, piccoli e grandi laghi alpini, riforniscono bacini per la produzione di energia idroelettrica, alimentano molte sorgenti che sono utilizzate come risorsa di acqua potabile, ma soprattutto alimentano il reticolo fluviale a valle. Diversi studi hanno stimato che un completo scioglimento dei ghiacciai porterebbe a una diminuzione delle portate d’acqua tra un 30% e un 50%.

Ciò implica innanzitutto che un’enorme quantità di acqua non sarebbe più disponibile per tutte le attività umane, come l’agricoltura; implica poi che la biodiversità – in particolare quella acquatica in alta quota – subisca dei danni; e, infine, implica anche un aumento dei conflitti per l’utilizzo e della competizione tra i diversi usi dell’acqua.

I laghi come sentinelle

Ulrike Obertegger studia da più di vent’anni il Lago di Tovel, in val di Non, definito una vera sentinella per gli effetti del cambiamento climatico su tutti i laghi montani del Trentino. A Tovel, una squadra di ricercatrici e ricercatori, di cui fa parte anche Ulrike, campiona le acque una volta al mese nel periodo senza ghiaccio e una volta al mese durante il periodo con ghiaccio, con l’utilizzo di alcuni sensori appositi.

I dati raccolti dimostrano chiaramente l’esistenza dei cambiamenti climatici: nel Lago di Tovel la formazione del ghiaccio è ritardata di circa 5 o 6 giorni ogni dieci anni. Oggi il ghiaccio compare verso la seconda o la terza settimana di dicembre, mentre negli anni ‘60 il lago era ghiacciato l’8 di dicembre. 

Lo stato di salute dei fiumi

Maria Cristina Bruno, invece, ha affrontato il tema dello stato di salute idrologico dei corsi d’acqua trentini. Il fiume è costituito da un continuum: l’acqua scorrendo trasporta da monte verso valle tutto quello che si trova all’interno del fiume, quindi organismi e sedimenti. La benzina del “motore fiume” e della sua biodiversità è il materiale che arriva dall’esterno come foglie e rami che vengono trasformati e metabolizzati da organismi che vivono sul fondo del fiume. 

I fiumi in zone a forte utilizzo antropico non hanno più un corso naturale e gli argini sono artificiali. Inoltre, nelle zone in cui c’è un forte dislivello, il fiume viene sfruttato per produrre energia elettrica e questo implica l’alterazione dei regimi naturali delle portate, delle temperature e dei sedimenti, con importanti ricadute per la componente biotica. È, quindi, necessario adottare strategie di mitigazione degli impatti e di riqualificazione degli ecosistemi acquatici. 

Specie aliene

Francesca Ciutti invece ha portato alla nostra attenzione il problema delle specie aliene. Ne abbiamo esempi come la zanzara tigre, la zanzara coreana, il cimicione delle conifere che colpisce i nostri boschi e il granchio blu. Le specie aliene rappresentano una delle principali minacce alla biodiversità: determinano lo stravolgimento o l’estinzione degli ecosistemi e possono portare delle nuove patologie.

Il problema delle specie aliene è particolarmente evidente nelle acque interne, per esempio il Lago di Garda è un hotspot di specie aliene: ne contiene infatti circa 43 tra cui cozze e meduse. Si tratta di un problema difficile da combattere: una volta che queste specie sono arrivate, sono possibili solo azioni di contenimento o in rari casi di eradicazione precoce. Per questo è importante la divulgazione e la sensibilizzazione sulla problematica. Fondamentale è anche la prevenzione del trasporto volontario di organismi da un ambiente a un altro, e del trasporto involontario, come quello che compiono le imbarcazioni.

Per saperne di più

Per leggere altri articoli a proposito dei ghiacci e delle acque trentine, vi consigliamo gli articoli: Marmolada, il fragile sistema dei ghiacciai, L’inverno liquido di Michele Nardelli.