Cosa aspettarsi dai negoziati intermedi sul Clima?
Dal 3 al 13 giugno si terranno i negoziati intermedi sul clima, organizzati sotto la Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici dell’ONU in vista della COP29 prevista per novembre a Baku, in Azerbaigian.
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Come ogni anno i negoziati intermedi serviranno a preparare il terreno per la prossima Conferenza ONU sul Clima (COP29) che si terrà a Baku in Azerbaigian. Lo scoppo è quello di riprendere le fila del discorso da dove si era interrotto a Dubai qualche mese fa, alla fine di COP28.
Il 2024 è da molti considerato l’anno della finanza per il clima, visto che a Parigi nel 2015 i delegati dei Paesi del mondo decisero che entro la fine del 2024 sarebbe stato lanciato un nuovo obiettivo quantitativo globale a valere per il periodo post-2020 (poi posticipato al post-2025 per via della pandemia).
Il precedente obiettivo quantitativo globale, stabilito alla COP di Copenhagen nel 2009, stabiliva in 100 miliardi di dollari all’anno mobilitati in finanza per il clima a favore dei Paesi in via di sviluppo l’obiettivo globale fino al successivo accordo, quello ora in discussione. La storia di quei 100 miliardi è stata estremamente travagliata, fino a divenire simbolica della lentezza e dell’inerzia dei negoziati internazionali quando si parla strettamente di soldi e non solo di politiche. Quello dei 100 miliardi di dollari all’anno sarebbe stato, negli ultimi anni, un obiettivo facilmente raggiungibile vista la grande mobilitazione globale, pubblica e privata, sul tema, ma purtroppo mai raggiunto: nel 2021, stando agli ultimi dati ufficiali dell’OCSE, erano stati mobilitati solamente 89,6 miliardi. Non si parla qui in generale dei volumi finanziari che, a livello globale, vengono investiti e prestati per investimenti in politiche di mitigazione, adattamento e responsabilità sociale d’impresa, sicuramente molto maggiori: queste cifre fanno infatti solo riferimento alla finanza per il clima ufficiale, quella mobilitata dai governi in risposta agli impegni internazionali presi in sede ONU.
(fonte: OECD)
Il mancato raggiungimento dell’obiettivo globale dei 100 miliardi all’anno entro il 2020 ha spostato l’asse di rotazione dei negoziati internazionali negli ultimi tre anni, portando ad una crescente polarizzazione tra Nord e Sud del mondo esacerbata dalla pandemia, dalla crisi sociale ed economica e dai conflitti armati scoppiati dal 2020 in poi, alcuni con importanti conseguenze sui mercati dell’energia e quindi sulle politiche climatiche. Pare che sia stata proprio l’assenza di nuove rassicurazioni occidentali dopo l’ennesimo mancato raggiungimento dei 100 miliardi all’anno a far scoppiare, nel 2021, quella che ormai è una contrapposizione politica aperta tra Paesi occidentali e G77 e che ha portato, allora con grande sorpresa anche tra gli osservatori più esperti, all’adozione della decisione finale di COP27 che istituisce il nuovo Fondo per Perdite e Danni, poi reiterata e resa strutturale a COP28.
Il lavoro sul nuovo obiettivo quantitativo è iniziato nel 2022 e dovrebbe concludersi, appunto, entro il 2024. I negoziati intermedi dovrebbero, quindi, almeno in teoria, portare nuovi elementi negoziali, se non addirittura qualche primo elemento in bozza per le future decisioni. Parliamo al condizionale perché l’impressione diffusa è che non vi sia ancora quasi alcun consenso in merito alla definizione, anche solo numerica, del nuovo obiettivo. In un recente paper dell’OCSE elaborato da Chiara Falduto, Jolien Noels e Raphael Jachnik si ipotizza, riprendendo stime e proiezioni esistenti, che il bisogno in termini di finanza per il clima da parte dei Paesi in via di sviluppo possa attestarsi tra i 550 ed i 2500 miliardi di dollari all’anno entro il 2030 – quindi, di fatto, entro i prossimi 5-6 anni. Una forbice molto larga. La maggior parte delle organizzazioni ambientaliste che si interessano di COP e UNFCCC non hanno espresso preferenze o obiettivi specifici in vista della difficile identificazione della nuova cifra-simbolo, probabilmente per non influenzare lo sviluppo di un dibattito ad oggi ancora molto confuso.
A Bonn assisteremo a sessioni di discussione quasi quotidiane sul nuovo obiettivo, incluso il decimo Dialogo di Esperti Tecnici (TED) che aprirà i negoziati nel pomeriggio di lunedì 3 giugno. I precedenti Dialoghi TED non hanno purtroppo portato a conclusioni di tipo politico e per questo, già dal nono Dialogo nel 2023, è stato deciso di affiancare sessioni negoziali più politiche a quelle già previste in agenda nel tentativo di “spingere” il processo.
I negoziati intermedi di Bonn di quest’anno saranno anche i primi dopo il Global Stocktake del 2023, ossia il primo inventario globale degli sforzi per il clima sotto l’Accordo di Parigi. Secondo la bozza di agenda dei lavori diffusa dal Segretariato UNFCCC in vista di Bonn vi saranno sessioni di riflessione su come continuare a costruire i prossimi negoziati su quella solida base, su come sfruttare al meglio i dati raccolti, su come collegare meglio il processo di inventario al supporto ai Paesi in vista della presentazione dei nuovi NDC, i piani nazionali sotto l’Accordo di Parigi – anche alla luce della spinta in avanti impartita dal G7, che ha indicato ai Paesi più sviluppati di presentare i loro piani in anticipo rispetto alla scadenza di primavera 2025.
Non mancheranno poi sessioni negoziali sul budget del Segretariato, che si tengono come ogni anno in occasione dei negoziati intermedi. I Paesi si confronteranno sui risultati raggiunti nel biennio 2022-2023 e predisporranno il budget per il prossimo biennio. Importante segnalare qui che già con questi intermedi si è assistito ad una diminuzione importante del budget, che ha portato alla cancellazione di numerosi side event organizzati dalla società civile e dal mondo universitario, nonché all’eliminazione della piattaforma ufficiale UNFCCC tramite la quale dal 2021 era possibile seguire i negoziati da remoto. Si torna quindi, per volere di alcuni Paesi, ad una minore apertura e minore trasparenza del negoziato, in un clima più simile al pre-pandemia che non a quanto visto negli ultimi anni.
Non ultimo, si parlerà certamente anche di Perdite e Danni, tema caro a Italian Climate Network. Sebbene l’intera discussione in merito al funzionamento del nuovo Fondo lanciato a COP27 e istituito a COP28 si svolga adesso internamente al Consiglio di Amministrazione del Fondo stesso sotto la Banca Mondiale, la discussione è intrinsecamente legata a quella sul nuovo obiettivo di finanza globale e, fatto non banale, molti dei delegati nazionali che siedono in quel Consiglio di Amministrazione saranno a Bonn per negoziare su altri tavoli per conto dei loro Paesi. Anche per questo, nello spirito della campagna #sottoinostriocchi dello scorso anno e volendo chiedere maggiore giustizia climatica nella gestione del nuovo strumento.
*Italian Climate Newtork è partner di Agenzia di Stampa Giovanile.
Per approfondire la tematica è possibile leggere tutti gli articoli sul sito di Agenzia di Stampa Giovanile relativi alle coperture delle scorse Conferenze Onu sul Clima, in particolare di Glasgow, Sharm El-Sheikh e Dubai.