Un’analisi dell’Universitat Politecnica de Catalunya

Cop26, come si è arrivati al documento finale?

Articolo di Clàudia Cruanyes e di Oliver Herrera dell’Universitat Politècnica de Catalunya

Lo scorso novembre si è svolta a Glasgow, in Scozia, la 26a Conferenza delle Parti (COP26) della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC), l’organismo delle Nazioni Unite che si occupa di clima e che ha sede a Bonn, in Germania.

La Conferenza delle Parti, conosciuta anche come COP, è l’organo decisionale supremo della Convenzione, dove sono rappresentati tutti gli Stati che sono Parti della Convenzione, 197 in totale. La COP svolge anche la funzione di riunire degli Stati che hanno ratificato l’Accordo di Parigi, ne monitorano l’implementazione e prendono decisioni per promuoverne l’effettiva attuazione. In tale contesto, la COP prende il nome di Conferenza delle Parti dell’Accordo di Parigi (CMA), che rappresenta i 193 Stati che sono Parti dell’Accordo, mentre i restanti partecipano in qualità di osservatori.

A Glasgow si è tenuta la terza sessione della CMA (CMA 3). La prima sessione si tenne a Marrakech nel 2016, un anno dopo la firma dell’Accordo di Parigi. I negoziati condotti tra le Parti alla COP26 hanno avuto l’obiettivo di raggiungere un accordo sul testo finale che contiene le decisioni della CMA, documento che può essere approvato solo con consenso unanime. Questi negoziati si sono intensificati con la presentazione della prima bozza della decisione CMA proposta dal Presidente della COP il 10 novembre. Bozze successive sono state presentate sia il 12 che il 13 novembre. La versione finale è stata pubblicata il 13 novembre, dopo essere stata approvata da tutte le Parti.

Lo scopo di questo articolo è quello di evidenziare e analizzare le principali modifiche che si sono verificate tra le diverse bozze del documento e la Cover Decision della CMA3 pubblicate durante la COP26, per vedere come si sono evoluti i negoziati e su quali decisioni è stato più complesso ottenere il pieno consenso e raggiungere un accordo.

Fonti utilizzate nell’analisi

I documenti utilizzati in questo articolo sono accessibili sul sito dell’UNFCCC (https://unfccc.int/documents). In totale, abbiamo analizzato quattro differenti documenti che corrispondono alla prima, seconda, terza e quarta bozza (la versione finale) del documento della CMA pubblicate durante la COP26:

Analisi del documento della CMA della COP26

Il documento finale della CMA della COP26 è specifico sulle azioni che devono essere necessariamente intraprese dalle parti dei Paesi sviluppati e in via di sviluppo. Anche se tali azioni non sono riuscite a raggiungere obiettivi più ambiziosi per progredire più velocemente verso l’adattamento e la mitigazione del cambiamento climatico, numerose iniziative sono state inserite in questo documento per migliorare la nostra risposta al cambiamento climatico.

Dalla prima bozza fino all’adozione del documento finale, si sono verificate diverse modifiche. La maggior parte dei cambiamenti è avvenuta nelle seguenti sezioni: “Mitigazione”, “Adattamento” e “Perdite e danni”. D’altro canto, gli articoli delle sezioni “Finanza, trasferimento di tecnologia e capacity building” e “Collaborazione” hanno subito pochissime modifiche.

Leggendo gli articoli del documento meno controversi e meno modificati, è possibile identificare un tipo di linguaggio (“The CMA (…) notes / acknowledges / recognizes” nel documento originale) che non implica la richiesta di impegni forti sulle dichiarazioni, le quali sono state concordate nelle riunioni precedenti. Tra questi elementi meno controversi rientrano “l’importanza della migliore scienza disponibile”, “la riaffermazione dell’obiettivo dell’Accordo di Parigi”, “il riconoscimento dei progressi fatti su alcune questioni come capacity building” e “il ruolo degli high-level champions[1])”.

Le alterazioni del linguaggio tra le prime bozze e la versione finale rivelano il grado di preoccupazione e urgenza delle Parti in relazione agli argomenti specifici. Alcuni esempi di riduzione dell’urgenza attribuita a determinate questioni sono: la necessità di un’azione accelerata, le disposizioni finanziarie per l’adattamento che rimangono insufficienti e la richiesta alle Parti di rafforzare i loro obiettivi di mitigazione al 2030. Al contrario, è stata data più importanza alle esigenze crescenti dei paesi in via di sviluppo, alla richiesta ai paesi sviluppati di raddoppiare i livelli attuali di supporto finanziario per l’adattamento e a garantire la partecipazione dei giovani nei processi decisionali.

Come ultima osservazione sul linguaggio usato nel testo, possiamo osservare che i verbi molto forti sono stati generalmente evitati. Infatti, l’unico articolo nel quale era stata indicata un’azione obbligatoria (“un sostegno internazionale continuo e rafforzato sarà fornito alle parti dei Paesi in via di sviluppo”) è stato cancellato dopo la prima stesura.

L’obiettivo di fornire 100 miliardi all’anno entro il 2020 come sostegno finanziario ai paesi in via di sviluppo non è stato raggiunto dai paesi sviluppati prima della COP26. Questo si è riflesso nei cambiamenti avvenuti nel documento per incoraggiare ancora una volta tali Parti a unirsi e rispettare pienamente questo impegno entro il 2025. In effetti, si è verificata una pressione maggiore sui Paesi sviluppati per mettere a disposizione dei Paesi in via di sviluppo supporto finanziario, trasferimento di tecnologie e capacity building.

Tracciare l’evoluzione degli articoli collegati a questo tema rivela che, in molti casi, per gli articoli con più modifiche la discussione si è concentrata sullo specificare meglio i concetti contenuti nelle richieste alle Parti. In questi casi, le Parti volevano evitare frasi ambigue che avrebbero consentito interpretazioni molto differenti tra loro oppure, nel caso di decisioni di implementazione, aggiungere azioni da sviluppare.

Un altro elemento importante è stata l’enfasi sull’obiettivo di mantenere l’incremento della temperatura globale al di sotto di 1.5 °C. In questo senso, ci sono stati cambiamenti importanti per specificare meglio come tutte le Parti dovrebbero presentare i loro NDCs (Nationally Determined Contributions) e aumentare l’ambizione dei loro obiettivi di mitigazione al 2030. Possiamo sottolineare l’importanza di allineare gli NDCs agli obiettivi dell’Accordo di Parigi e alle strategie di riduzione delle emissioni climalteranti di lungo termine. Tutte le Parti che non l’hanno ancora fatto sono state sollecitate a presentare i loro NDCs entro la COP27 che si terrà nel 2022.

Altri cambiamenti notevoli sono stati l’enfasi data all’importanza della cooperazione e della collaborazione tra i portatori di interesse che rappresentano le Parti e gli altri, inclusi le persone indigene, le comunità locali e addirittura i bambini, per evitare, ridurre al minimo e affrontare le perdite e i danni associati al cambiamento climatico. Inoltre, è stato dato più peso all’uguaglianza di genere e al coinvolgimento dei giovani per promuovere un’equa partecipazione a queste azioni per il clima.

Un elemento davvero degno di nota incluso nel testo finale è la prima apparizione del termine “combustibili fossili” nella Cover Decision di una COP. Più precisamente, l’espressione è stata inclusa nell’articolo probabilmente più controverso, che ha visto diversi cambiamenti fino all’ultimo minuto. Infatti, l’ultimissima modifica è stata richiesta dal Ministro dell’Ambiente indiano Bhupender Yadav addirittura nel corso della plenaria finale. La prima versione dell’articolo conteneva una richiesta chiara e forte: “Invita le Parti ad accelerare l’eliminazione del carbone e dei sussidi per i combustibili fossili”. Questo rifletteva la visione del Nord Globale, con la stessa responsabilità di agire per tutte le Parti, ignorando il principio di equità e di responsabilità comuni ma differenziate incarnato nell’Accordo di Parigi in virtù delle emissioni storiche e delle diverse esigenze dei Paesi. In seguito, il Sud Globale ha ottenuto di includere l’importanza di supportare i Paesi più poveri, di una transizione giusta ed equa e di considerare le circostanze nazionali che permettono ai Paesi in via di sviluppo di aderire a questo appello.

Ma alla fine, una richiesta drastica ha modificato il testo, portando a considerare solo l’uso del carbone per la produzione di energia senza misure di controllo dell’inquinamento (“unabated coal power”) e i sussidi “inefficienti” per i combustibili fossili. Infine, quest’ultima modifica è passata da un’eliminazione graduale del carbone a una semplice riduzione graduale (da “phase out” a “phase down”). Le maggiori compagnie energetiche e di produzione di combustibili fossili, così come i Paesi con la maggior produzione e consumo di carbone, sono probabilmente i più soddisfatti da quest’ultima versione.

Le discussioni su questo articolo possono essere viste come un esempio dei diversi interessi e punti di vista che si misurano durante questi negoziati, ai quali in alcune occasioni alcune Parti devono rinunciare per consentire di raggiungere un consenso finale.

Nel complesso, possiamo concludere che, durante le discussioni che si sono svolte durante la COP26, sono stati raggiunti accordi che rappresentano un passo avanti nella lotta al cambiamento climatico, ma essi appaiono ancora insufficienti. Questo è in parte dovuto alla difficoltà dei negoziati a causa delle differenze tra le Parti dei Paesi sviluppati e in via di sviluppo in merito alle azioni necessarie per affrontare la mitigazione, l’adattamento, le perdite e i danni, così come in merito all’iniziativa finanziaria che i Paesi sviluppati devono prendere.


[1]I due attuali high-level champions per l’azione per il clima, Gonzalo Muñoz e Nigel Topping, hanno la responsabilità di mobilitare un’azione per il clima più forte e più ambiziosa tra gli attori che non rappresentano Stati. Essi hanno ricevuto il mandato dai governi britannico e cileno (come parte della COP25 e COP26) e della Partnership di Marrakesh delle Nazioni Unite. Il loro ruolo è quello di rafforzare la collaborazione e orientare l’azione del mondo degli affari, gli investitori, le organizzazioni, le città e le regioni verso il contrasto del cambiamento climatico, e coordinare questo lavoro con i governi e le parti dell’UNFCCC.