India: tutti pazzi per Modi?

Dal 19 aprile al 1° giugno gli elettori della più grande democrazia del mondo sono chiamati alle urne.

di Ingrid Salvadori
Mentor: Alessandro Graziadei

Nel 2024 sono ben 76 i Paesi in cui si andrà al voto. Solo in India, quasi il 10% della popolazione mondiale verrà chiamata alle urne per rinnovare il Parlamento ed eleggere il prossimo governo. Il processo elettorale è iniziato il 19 aprile e andrà avanti fino al 1° giugno proprio a causa del numero consistente di elettori. I risultati saranno noti il 4 giugno e, nonostante la formazione di un’ampia coalizione tra i partiti di opposizione, l’attuale primo ministro Narendra Modi spera di essere rieletto.

Come funzionano le elezioni in India?

Con 969 milioni di elettori provenienti da 28 stati, le elezioni in India rappresentano l’appuntamento elettorale più grande e logisticamente complesso dell’anno. Si vota in sette fasi con un processo che durerà 44 giorni totali e per cui verranno impiegati circa 15 milioni di scrutatori in oltre un milione di seggi. Inoltre, si prevede lo spostamento di 5,5 milioni di macchine per il voto elettronico e di 300 mila militari delle forze di sicurezza federale.

Questo appuntamento vedrà protagonisti i cittadini indiani con almeno 18 anni e iscritti alle liste elettorali, i quali dovranno eleggere i 543 membri della Lok Sabha, la camera bassa del parlamento indiano, in carica poi per i prossimi 5 anni. Affinché si possa formare una maggioranza di governo e nominare un primo ministro, un partito o una coalizione avrà bisogno di aggiudicarsi almeno 272 seggi. 

Un terzo mandato per Narendra Modi?

Narendra Modi è l’attuale primo ministro indiano. In carica dal 2014, leader politico e guru religioso, Modi spera di assicurarsi un terzo mandato. Di umili origini, ha iniziato la sua carriera politica nel RSS, l’anima movimentista e paramilitare hindu di estrema destra del BJP, il Partito del Popolo Indiano. Quando venne eletto, dieci anni fa, promise prosperità e una nuova India, risultati che sono attestati oggi dalla crescita economica e dalla posizione del Paese a livello internazionale.

Tuttavia, non è tutto oro quel che luccica e il 2023 ha evidenziato svariati punti critici. Se è vero, infatti, che Modi ha portato prosperità economica, è anche vero che il suo secondo mandato è stato all’insegna di riforme politiche volte ad una trasformazione nazionalista induista di questo gigantesco stato federale. Vale la pena ricordare che nel marzo 2023, Rahul Gandhi, ad oggi principale sfidante del primo ministro, è stato espulso dal parlamento con l’accusa di diffamazione per aver affermato che Modi era un criminale. Successivamente, nel luglio 2023, tutta l’opposizione ha abbandonato il parlamento per la mancata volontà del governo di discutere delle violenze di matrice etnica scoppiate nello stato del Manipur tra i meitei, gruppo di religione induista, e la minoranza cristiana dei kuki.

Nonostante abbia portato ad un deterioramento delle libertà civili, rappresentando di fatto una minaccia per la democrazia, Modi rimane il leader più popolare al mondo, con un indice di gradimento di gradimento del 75% (Global Leader Approval Rating Tracker | Morning Consult). 

Perché preoccuparsi dell’India?

Nell’ultimo decennio, Modi ha consolidato la posizione dell’India sulla scena internazionale, sia attraverso l’ospitalità del G20 sia tramite le sue numerose visite all’estero, al punto che la politica estera è diventata cruciale nella campagna elettorale di quest’anno. Con Modi, l’India ha espresso apertamente l’ambizione di accedere alla cerchia delle grandi potenze, proponendo al G20 di diventare rappresentante e protettore dei Paesi del Sud globale, Africa inclusa.

La situazione è però più complessa di quanto possa sembrare. Da un lato, il nazionalismo di Modi ha reso inefficace la Cricket Diplomacy, che per lungo tempo ha regolato i rapporti di buon vicinato con il Pakistan. Dall’altro, i rapporti con la Cina si sono notevolmente raffreddati, non solo a causa di questioni di confine, che hanno portato a numerosi scontri militari in Tibet e in Ladakh, ma soprattutto per motivi politici ed economici. A questo deterioramento diplomatico hanno contribuito la decisione dell’India di non aderire all’Accordo di Partenariato Economico Regionale (RCEP) e quella di Xi Jinping di non partecipare al G20 di Delhi.

Questi sviluppi evidenziano la complessità delle relazioni internazionali dell’India e il suo cambiamento di strategia. Il Paese che storicamente ha adottato una politica estera di non allineamento sembra ora spostarsi verso un approccio più pragmatico e, come lo spostamento del pedone negli scacchi può decidere l’esito del gioco, così il passaggio dell’India verso il multi-allineamento rappresenta un nuovo capitolo del panorama geopolitico globale.

Qual è il sentimento per queste elezioni?

Amrit, ragazzo indiano che vive in Italia, risponde così “Sono venuto in Italia che avevo 17 anni, non ho mai votato perciò non so che sensazione si prova quando si va a votare in India, ma credo che sia inutile. Vengo dal Punjab, una regione a maggioranza sikh, e ho visto persone incarcerate per aver detto la loro opinione.” Alla luce dei fatti e con gli occhi puntati sui risultati del 4 giugno, la domanda da porsi è “Gli indiani sono ancora tutti pazzi per Modi?”

Per rimanere in tema

Nel 2024 si voterà anche negli Stati Uniti, di cui abbiamo parlato negli articoli Intelligenza artificiale e democrazia: rischi e potenzialità e Troppo anziano per fare il presidente?, e in Europa, di cui vi parleremo presto.

Photo credit: People who were relocated from Gangutia Basti, sit in a bus as they leave after casting their votes at a polling station inside Buxa Tiger reserve forest during the first phase of the general election, in Alipurduar district in the eastern state of West Bengal [Sahiba Chawdhary/Reuters]