Harvard in crisi: il caso Claudine Gay

Dalle accuse di antisemitismo alle dimissioni per plagio, il caos che ha scosso l’ateneo americano d’élite.

Di Matteo Carlesso
Mentor: Alessandro Graziadei

Stati Uniti, Massachusetts. Fondata nel 1636, l’Università di Harvard è oggi una delle istituzioni universitarie più prestigiose al mondo. Originariamente istituita per educare i prelati del movimento puritano, oggi conta attualmente più di 25.000 studenti in diverse discipline. Uno studio del 2017 svolto da The Harvard Crimson (il giornale dell’università) ha raccolto alcuni dati sulla popolazione studentesca di Harvard: il 22% si professa di religione cattolica, mentre il 20,5% è protestante. Il 9,5% è di religione ebraica, mentre la restante parte percentuale pratica un’altra religione o si considera ateo. Da un punto di vista politico, il 60% afferma di condividere idee di sinistra (liberali), il 25% si definisce moderato, mentre il 15% condivide idee di destra (conservatori). Il panorama politico e sociale di Harvard, dunque, rende quest’istituzione secolare un ambiente molto variegato, con idee, schieramenti e origini molto diverse.

Le dimissioni della rettrice

Nonostante il prestigio e la diversità di Harvard, l’istituzione non è immune da problemi e scandali, come dimostra il caso recente di Claudine Gay, politologa ed ex rettrice. Eletta il 1° luglio 2023, è stata la prima donna nera a ricoprire questa carica, ma ha presentato le dimissioni il 2 gennaio 2024, a soli sei mesi dopo la sua elezione.

Le dimissioni sono state precedute da una serie di eventi controversi che hanno fatto il giro del mondo e che hanno aperto un acceso dibattito sulla questione.

Tensioni e malesseri

Il 7 ottobre 2023, diverse organizzazioni studentesche di Harvard hanno emesso una dichiarazione in risposta agli attacchi terroristici di Hamas in Israele, accusando le politiche israeliane di essere “interamente responsabili di tutta la violenza in corso”. Nella lettera presentata, si afferma che i palestinesi a Gaza affrontano la vita in una sorta di prigione a cielo aperto. Il comunicato mette in luce la violenza israeliana che impatta su vari aspetti della vita dei palestinesi, dalla confisca delle terre agli attacchi aerei, dalle detenzioni ai posti di blocco, dalle separazioni familiari agli omicidi mirati. Gli autori chiedono una posizione ferma contro le ritorsioni coloniali, esortando la comunità di Harvard a intervenire per fermare il massacro dei palestinesi.

Questa presa di posizione da parte di alcuni gruppi studenteschi ha generato tensioni e malesseri all’interno dell’intera comunità studentesca, e la comunità ebraica si è posta in prima linea nel denunciare un senso di irrequietezza e insicurezza generata dallo sviluppo di episodi discriminatori e minacce antisemite all’interno del campus.

“A seconda del contesto”

Il 5 dicembre 2023, la rettrice di Harvard Claudine Gay viene chiamata a testimoniare al Congresso americano sulla gestione delle accuse di antisemitismo all’interno dell’Università. Durante l’udienza, la conservatrice Elise Stefanik pone a Gay la seguente domanda: “Dottoressa Gay, ad Harvard, invocare il genocidio degli ebrei viola le regole sul bullismo e le molestie, sì o no?” a tale domanda, Gay risponde: “Può esserlo. A seconda del contesto”.

La risposta di Gay, da molto considerata moralmente discutibile, ha evidentemente attirato molte critiche. In seguito a tali affermazioni, infatti, più di 70 membri del Congresso hanno chiesto la rimozione della rettrice. In un comunicato emesso nei giorni posteriori ai fatti, la rettrice si è scusata per le sue risposte, dicendo che “le parole hanno un peso” e che “quando le parole amplificano l’angoscia e il dolore, non so come si possa provare qualcosa di diverso dal rimpianto”.

Altre accuse

Ma le scuse di Gay non sono bastate. La situazione, infatti, si è ulteriormente complicata il 19 dicembre 2023, quando il sito conservatore Washington Free Beacon ha diffuso un reclamo anonimo che accusava Gay di plagio in circa 40 pubblicazioni. La combinazione di accuse di antisemitismo e plagio ha portato alle dimissioni di Gay il 2 gennaio 2024.

Negli ultimi mesi, i media hanno ampiamente coperto la questione, con molte voci che accusano l’ex rettrice di Harvard di comportamento disumano e cinico, sottolineando la richiesta del suo allontanamento dalla comunità universitaria. D’altro canto, alcuni critici hanno sollevato dubbi sul processo accusatorio nei confronti della rettrice. Essi sostengono che, nonostante le azioni di Gay non siano giustificabili, l’intera controversia mediatica e politica potrebbe essere stata influenzata dalla Destra americana, che avrebbe avuto interessi politici specifici nel mirare la rettrice.

Influenza politica

L’autrice del The Guardian, Moira Donegan scrive nel suo articolo che l’attenzione sul presunto plagio rappresenta una tattica orchestrata da esponenti della destra per indebolire Claudine Gay, che vanta il merito di essere il primo presidente nero di Harvard e la seconda donna a guidare l’università. Donegan sostiene che i media stentano a comprendere l’ampio contesto di uno sforzo coordinato da parte dei repubblicani per minare il sistema educativo americano.

Tale sforzo comprenderebbe strategie come il taglio e l’eliminazione di fondi alle scuole pubbliche, la censura di alcuni libri, la manipolazione delle politiche e la “purificazione” della classe dirigente. In particolare, Robin Abcarian del Los Angeles Times, scrive che i conservatori non avrebbero realmente preso di mira Claudine Gay per presunti plagi nelle sue ricerche accademiche, né la loro critica sarebbe stata scatenata dalla sua risposta moralmente discutibile al Congresso sugli appelli al genocidio degli ebrei nei campus. Piuttosto, Gay rappresenterebbe ciò che molti vedono come problematiche intrinseche nelle politiche per la Diversità, l’Equità e l’Inclusione (DEI).

Per chiarire, le politiche DEI sono strumenti volti a creare un ambiente in cui tutti gli individui abbiano pari accesso alle opportunità. Claudine Gay, primo presidente nero di Harvard e seconda donna a guidare l’università, rappresenta un passo avanti nella promozione della diversità nei ruoli dirigenziali, fungendo da simbolo di una politica inclusiva e innovativa che sembra scomoda al partito conservatore.

Il dissenso e il rifiuto di tali politiche si fondano sull’opinione che l’esistenza di queste misure minacci l’idea di vivere in una realtà in cui tutti partono da condizioni di parità, e in cui l’eccellenza dovrebbe emergere naturalmente senza bisogno di assistenza o politiche mirate. I conservatori hanno quindi deciso che la presenza di Claudine Gay rappresentasse una minaccia alle loro visioni meritocratiche, organizzando una campagna contro di lei e concludendo che avrebbe dovuto dimettersi dalla sua posizione.

È evidente che, per alcuni, lo scandalo dello scorso ottobre e le accuse di plagio siano solo la punta dell’iceberg, la manifestazione visibile di un impianto accusatorio orchestrato da forze conservatrici che vanno ben oltre quanto accaduto negli ultimi mesi. La questione, alimentata dalla stampa e da posizioni politiche divergenti, mette in luce la complessità dei dibattiti attuali nel contesto accademico e sociale, specialmente in un periodo già caratterizzato da forti tensioni internazionali, sociali e politiche, di cui il Conflitto Israelo-Palestinese ne è un esempio.