“Non tutti gli uomini”

Nonostante non tutti gli uomini siano responsabili di azioni violente contro le donne, il problema della violenza di genere riguarda direttamente anche gli uomini. 

di Ingrid Salvadori 
Mentor Alessandro Graziadei

“Quando parlo con te, ritrovo fiducia nel genere maschile”. Questo articolo nasce da una conversazione personale con un uomo che riesce a percepire il suo ruolo nel contrastare la violenza sulle donne ma che non si ritrova nella descrizione del fenomeno che generalmente viene fatta. L’idea derivata da questo scambio di opinioni è stata quella di chiedere direttamente agli uomini con un questionario online la loro prospettiva su atteggiamenti e frasi relativi alla violenza di genere.

Il libro

Se è vero che i dati parlano è anche vero che il messaggio che una persona ricava dipende dal suo bagaglio culturale sul tema. Perciò per comprendere come e quanto la violenza sulle donne riguardi direttamente anche gli uomini e per leggere i dati raccolti nel modo più oggettivo possibile, sono partita dalla visione che la scrittrice, attivista e femminista statunitense Bell Hooks ha proposto nel suo libro “The Will to Change: Men, Masculinity, and Love” (The Will to Change: Men, Masculinity, and Love – bell hooks – Google Libri). Il messaggio chiave, il filo comune è che, volenti o nolenti, è la cultura patriarcale a dare forma alla violenza. Ma non tutto è ancora perduto, si può cambiare con presa di coscienza ed educazione.

I dati

Il campione di 332 rispondenti al questionario, di cui la maggioranza ha meno di 18 anni, si suddivide in un 25% di uomini, un 73% di donne e un 2% di persone che si identificano in altro modo. Una delle domande chiave del questionario a cui tutti e tutte potevano rispondere riguarda quei comportamenti maschili che potrebbero creare disagio o essere considerati violenza nei confronti di una donna. Sia per gli uomini sia per le donne le battute sessiste e l’umorismo offensivo, il fischiare e il fare commenti per strada sono sul podio. Ed è proprio il linguaggio utilizzato ad essere ritenuto dagli uomini il mezzo principale con cui contrastare la violenza maschile contro le donne (60%).

I dati mostrano anche una certa presa di coscienza da parte degli uomini sulla loro capacità di influenzare i loro pari tanto che un 43% vede nella sua possibilità di intervenire in caso di commenti o atteggiamenti offensivi e sessisti un altro fattore chiave per combattere la violenza di genere. Gran parte del lavoro va fatta anche sulla volontà di aprire un dibattito tra uomini e con gli uomini sul tema; infatti, solo il 5% afferma che nel proprio gruppo di amici il tema della violenza di genere si discute spesso, a fronte di un 70% che ne parla raramente o addirittura mai.

Stando ai dati dell’Osservatorio nazionale femminicidi lesbici trans*cidi di Non Una di Meno, solo nel 6% dei casi di femminicidio, la persona è stata uccisa da uno/a sconosciuto/a, mentre nel 60% dei casi è stato il marito/partner o l’ex. Ho deciso di indagare i rapporti di coppia chiedendo quali tra le varie frasi proposte fossero indicative di violenza in una relazione. Per tutti i rispondenti, costituiscono forme di violenza:

  • la violenza fisica “Sai cosa succede quando mi fai arrabbiare” (86% delle donne – 75% degli uomini),
  • il controllo “Devi proprio vestirti così? Se vuoi uscire, cambiati” (83% delle donne – 70% degli uomini),
  • il senso di colpa “Se mi lasci, non so cosa potrei fare a me stesso/a” (77% delle donne – 67% degli uomini),
  • l’umiliazione “Cosa continui a parlare? Stai zitto/a” (83% delle donne – 72% degli uomini).

L’ultimo dato che ci tengo a dare riguarda l’espressione “ma non tutti gli uomini”, un’espressione che il 75% degli uomini sostiene di aver già pronunciato durante una discussione sulla violenza di genere. È un’espressione che può essere interpretata come un lavarsi le mani dal problema e che allo stesso tempo può spingere coloro che la pronunciano a prendere coscienza di come sia la cultura a reiterare determinati ruoli. Se da un lato è vero che non tutti gli uomini sono violenti, dall’altro è vero anche che è sempre un uomo ad uccidere nei casi di femminicidio. Hooks, in un discorso più ampio, spiega che “anche se non tutti gli uomini sono misogini, il pensiero femminista è accurato quando afferma che il patriarcato promuove la paura e l’odio verso le donne” (bell hooks, 2004, 101). Da qui la necessità di coinvolgere gli uomini stessi nella narrazione come parte che deve necessariamente essere attiva nel contrasto alla violenza di genere.

La risposta

Adesso probabilmente vorrete sapere qual è la conclusione, non c’è. Come Roma non è stata costruita in un giorno, così la società come la conosciamo non può essere cambiata dall’oggi al domani, il che non significa ignorare l’esistenza del problema. Perciò chiedo agli uomini di informarsi, di prestare attenzione ai piccoli gesti, di parlarne tra loro, di riconoscere di essere parte del problema così come della soluzione, di sfidare gli stereotipi, così da essere promotori di una cultura di rispetto reciproco.

Progetto di Federico Bobbo, Giacomo Maria Dell’Orto, Andrea Florenzano. Politecnico di Milano (Romanticismo o violenza? (wesaystop.it))

Per saperne di più

Per approfondire l’argomento consigliamo la lettura degli articoli:

È ora di urlare basta, è ora di fare rumore – Agenzia di Stampa Giovanile

Il Green Deal europeo in una prospettiva di genere – Agenzia di Stampa Giovanile