Donna e lavoro: quanto fatto e quali gli obiettivi

Nel 2024 il divario fra donna e ruoli dirigenziali è ancora notevole. Malgrado le leggi messe in atto, i dati nazionali e internazionali mostrano con evidenza come, la figura femminile, risulti, ancora per molti, impreparata o non qualificata per poter sostituire o, addirittura, guidare un uomo.

Di Kiria Zunica
Mentor: Francesco Bevilacqua 

I fattori odierni che influenzano i dati statistici sono i preconcetti di genere, la difficoltà di conciliazione tra lavoro e responsabilità familiari e l’influenza sociale che porta le stesse a sentirsi meno apprezzate e valorizzate rispetto agli uomini.

Attualmente, dunque, i rimedi posti in essere sono rappresentati da normative che garantiscano e concretizzino la presenza femminile nei contesti lavorativi ma, cosi facendo, si rischia, ancora una volta, di non attribuire valore alla persona, alle sue competenze e professionalità ma, solo e unicamente, alla categoria di cui fa parte. Per un cambiamento degno di nota bisogna uscire dal confine “genere” e riportare alla luce il faro della “meritocrazia”. 

Contesto europeo

Gender Diversity Index

L’European Women On Boards (EWOB), associazione fondata nel 2013 da un gruppo di donne senior con l’obiettivo di perseguire l’uguaglianza di genere nelle prese decisionali, ha recentemente condotto uno studio, noto come “Gender Diversity Index 2021”, il quale ha sottolineato e raggiunto importanti evidenze a livello europeo. Sulla base di quanto stabilito precedentemente dalla Commissione Europea, la quale aveva decretato una presenza femminile pari almeno al 40% nei consigli di amministrazione, l’analisi dimostrò come, solo Norvegia, Francia e Regno Unito avessero raggiunto tale quota, contrariamente, a Svizzera, Polonia e Grecia, che si classificarono all’ultimo posto. 

Nel dettaglio, di 668 aziende, solo 50, corrispondenti al 7%, erano guidate da una CEO donna. Tale dato è risultato privo di qualsiasi fondamento positivo, trattandosi di sole 8 donne in più rispetto alle precedenti 42 del 2020. Detto ciò, il punteggio complessivo GDI (Indice di Diversità di Genere), sulla base delle 668 aziende citate prima e prese come campione di ricerca, ha constatato un miglioramento pari al 5%, passando da uno 0,56 nel 2020 a uno 0,59 nel 2021. Quest’ultimo importante dato, ha sottolineaton come, un’azienda media con un GDI pari allo 0,59, possedesse la seguente percentuale di donne in ruoli di leadership: 30% in tutte le posizioni dirigenziali; 35% nei consigli di amministrazione, 19% negli esecutivi e 36% nei comitati. 

Rapporto Women in Business

Nel 2023, invece, essenziale è il rapporto stilato dal Women in Business, il quale registra un aumento globale del numero di donne relativamente ai seguenti ruoli: senior leadership, con una percentuale pari al 32,4% e un miglioramento, rispettivamente, dello 0,5% rispetto all’anno precedente; CEO (Chief Executive Officer, in italiano Amministratore Delegato), con una percentuale pari al 28%; CFO (Chief Financial Officier, in italiano Direttore Finanziario), 38% e di COO (Chied Operating Officer, in italiano Direttore Operativo) al 25%.

Entrando nello specifico, le nazioni che hanno attestato una decisiva presenza femminile in ruoli verticali sono state: Singapore e Filippine (49%) e Sud Africa(41%). L’Eurozona, invece, è in una situazione di equilibrio. Sempre nel dettaglio, i settori maggiormente coinvolti al riguardo sono quelli dell’Oil&Gas (39%), dell’Healthcare (38%) e dei Servizi Finanziari (38%). Quelli con trend opposto: elettricità, gas e acqua (25%), Trasporti e Real estate (29%). 

In conclusione, dunque, le statistiche mondiali mostrano come, le aree oggetto di studio, stiano perseguendo una direzione positiva che, se perpetuata nel tempo, consentirà alle donne di ricoprire ruoli di senior management pari al 34% nel 2025 e al 36,5% nel 2030. 

Contesto italiano

Occupazione femminile

Il tasso occupazionale femminile, in Italia, negli ultimi anni, ha registrato un sostanziale incremento. Osservando i dati Istat, è possibile notare come, nell’aprile 2023, le donne lavoratrici corrispondessero al 52,3%. Tale percentuale, però, malgrado rappresentasse un chiaro punto di svolta per il divario di genere nel nostro paese, si è trovata in netto contrasto con la panoramica internazionale, la quale ha sottolineato come, i risultati raggiunti, non siano stati sufficienti a far sì che l’Italia non raggiungesse l’ultimo posto nel contesto europeo. 

Nel medesimo scenario, contestualmente ai ruoli dirigenziali, l’Innovation Center di Intesa SanPaolo, ha reso noto come, nel 2023, le donne in posizione di leadership aziendale siano state un quinto del totale con una percentuale pari al 22,18%. 

Un ulteriore fattore di rilievo, ha fatto emergere come fossero sempre più in crescita, nel nostro paese, le imprenditrici “innovative”. Attenendoci alle statistiche, infatti, tra il 2022 e il primo semestre del 2023, le start-up emergenti formate anche da donne, sono state 2000, con un tasso di incremento percentuale pari al 40% rispetto ai due anni precedenti. 

Donne al vertice

Riguardo la presenza di donne al vertice in Italia, il rapporto fornito da “Women in Business 2023”, evidenzia come tali ruoli siano cresciuti sensibilmente rispetto al 2022 con una percentuale pari al 24%, per leadership femminile e al 34% per senior management. Nonostante questi dati positivi, però, è ancora bassa la rappresentanza femminile ai vertici.

Tale dichiarazione trova testimonianza nei ruoli governativi, in cui, fra tutte le donne presenti, solo il 2% di esse è CEO e solo il 4% presidente, e nel mondo imprenditoriale, in cui, solo un’azienda su 10 presenta una leadership femminile. Le donne italiane che, a tal proposito, sono riuscite a raggiungere la vetta oltrepassando i confini di pensiero, sono: Silvia Candiani, CEO di Microsoft per l’Italia dal 2017; Margherita Della Valle, amministratrice delegata ad interim del gruppo Vodafone; Catia Bastioli, amministratrice delegata di Novamont, colosso nell’industria delle bioplastiche; Elena Patrizia Goitini, ad dal 2021 di Bnl e responsabile Bnp Paribas per l’Italia. 

Prospettive future 

Il mondo e l’Italia, nel nostro caso, devono attribuire un’importanza maggiore alla figura della donna in ambito lavorativo, il che significa, porla al pari di uomo, garantirle una formazione adeguata, ridurre la differenza salariale, far si che abbia le stesse opportunità imprenditoriali dell’uomo e, prima di ogni altra cosa, consentirle di essere donna, madre e lavoratrice/ imprenditrice al tempo stesso. Questo sostanziale cambiamento deve essere frutto della globalità, di un mondo maschile e femminile che non guardi con superficialità al problema ma che comprenda quanto sia importante un’uguaglianza lavorativa che possa rendere le donne libere e indipendenti.

L’Europa, a tal proposito, sta attuando diverse strategie finalizzate a raggiungere la parità di genere entro il 2025 con l’obiettivo di promuovere la libertà di scelta di uomini e donne, consentendogli di comprendere e decidere autonomamente il proprio percorso di vita e lavorativo. L’Italia, sempre in quest’ottica, si è prefissata di raggiungere una piena inclusione e coesione prevedendo lo stanziamento di 400 milioni di euro per finanziare almeno 2400 imprese guidate da donne entro il 2026. 

Fondamentali e conclusive sono le parole rilasciate da Eleonora Rocca, fondatrice di WomenX Impact per la rivista online “Roba da Donne” che, in tema di divario di genere globale afferma: “Le cose devono cambiare, ma non cambiano da un giorno all’altro, e visto che siamo in un momento di svolta nel mondo del lavoro, di approccio al lavoro ma anche rispetto alla genitorialità, allora è il momento giusto per riscrivere nuove regole, che siano inclusive, meritocratiche, mirate a valorizzare il talento.”. 

Per saperne di più

Il gender gap è presente in molti altri contesti, per saperne di più vi invitiamo a leggere gli articoli “Abitudini pro-ambientali: c’è un gender gap?” di Laura Endrighi e “Il Green Deal europeo in una prospettiva di genere” di Sara Taddeo.