Secondo degli studi le donne sono più sensibili e reattive di fronte al cambiamento climatico e mettono in atto più comportamenti proambientali: è proprio così?

Abitudini pro-ambientali: c’è un gender gap?

Parliamo di eco gender gap, cioè dell’idea che il sesso femminile sia più incline a comportamenti pro-ambientali e all’attivismo rispetto a quello maschile. Ma davvero le donne sono più attente e concrete sul tema della tutela ambientale?

di Laura Endrighi, psicologa esperta nella creazione di abitudini e stili di vita sani

Cos’è l’eco gender gap?

Eco gender gap è il termine che viene usato per indicare una maggior attenzione delle donne alle problematiche ambientali.

L’interesse per questo fenomeno, di cui si parla ormai da qualche anno, ha origini nel mondo del marketing, quello pulito o green, le vendite mostrano infatti come a partire dal 2019 in particolare si sia registrata una maggiore tendenza del genere femminile ad acquistare prodotti ecosostenibili.

Questo è la chiara dimostrazione che le donne sono più coinvolte nell’attivismo e nel mettere in atto comportamenti pro-ambientali?

Proviamo a vedere l’eco gender gap da due punti di vista differenti, da un lato emozioni, psicologia e ansia climatica, dall’altro il green marketing e le scelte in fatto di acquisti da parte dei due sessi.

Green marketing: chi compra più pulito?

Nel 2018 la società di ricerche di mercato Mintel ha pubblicato uno studio che mostra come le donne inglesi fossero più attente e coscienziose in fatto di acquisti e scelte sostenibili rispetto agli uomini inglesi. Dalla ricerca sembrava che non fosse solo una questione di acquisti ma anche di azioni pro-ambientali come il risparmio energetico e idrico e il riciclaggio dei rifiuti.

L’Università di Pisa in un’indagine denominata “Why eco-labels can be effective marketing tools”, ha identificato tre variabili che hanno correlazione diretta con uno shopping più sostenibile:

  • La garanzia che una scelta green ha un effettivo impatto positivo sull’ambiente, meglio se certificato e riportato con chiarezza in etichetta.
  • Il genere, lo vedremo dopo come le donne rientrano nel target maggiormente caratterizzato da ecoansia e preoccupazioni rispetto al cambiamento climantico.
  • Il prezzo e la disponibilità economica.

Il marketing si focalizza quindi solo sul target femminile non dando possibilità agli uomini di accedere ai prodotti green? Lo studio dell’Università di Pisa riporta che la comunicazione si muove già da qualche tempo verso un pubblico maschile, l’industria delle auto e dell’abbigliamento in particolare, ci si può aspettare quindi maggiore movimento nei reparti vendite delle aziende green verso gli uomini. Un esempio è già Patagonia, che produce abbigliamento sportivo sostenibile, e che ha come target principale gli uomini.

Con questo spunto dal mondo del marketing passiamo all’altro ambito che si interessa al fenomeno dell’eco gender gap, ovviamente la psicologia.

Ecoansia e sostenibilità

Eco-ansia è un termine coniato dal ricercatore australiano Glenn Albrecht e ripreso dalla rivista scientifica The Lancet che ha portato avanti negli ultimi anni un grande lavoro di ricerca, ancora in fase di revisione, allo scopo di comprendere le espressioni patologiche e non oltre alle conseguenze della forte preoccupazione per il cambiamento climatico nella generazione Z.

I giovani, le donne e gli attivisti sono i più sensibili al tema dei cambiamenti climatici, lo rivela lo psichiatra Matteo Innocenti nel suo libro Ecoansia, edito da Erickson. Essere più sensibili al tema del cambiamento climatico e consapevoli del rischio in atto si converte in azioni concrete e investimento nei processi di acquisto sostenibile, comunicazione, attivismo e comportamento pro-ambientali.

Il ruolo attivo della donna rispetto al cambiamento climatico è possibile sia legato anche a quello che statisticamente è ancora il suo ruolo nella nostra società, è la figura che si occupa ancora maggiormente del caring, il prendersi cura della casa, del benessere della famiglia, la preoccupazione per i figli e il loro futuro e gli acquisti.

Il sesso femminile è inoltre quello più attento al tema della disparità dei diritti da un punto di vista sociale ed economico, presente anche sul tema ambiente.

E’ anche il machismo tipico della fascia over 40 di alcune società che si manifesta con l’opposizione a mettere in atto comportamenti pro-ambientali, portare ad esempio la propria borsa della spesa riutilizzabile al supermercato è percepito come “effemminato” dagli uomini e quindi poco aderente ai valori e all’appartenenza al genere maschile.

E quindi?

A livello statistico sembra ci sia un divario di genere sul tema della sostenibilità ambientale. Ma attenzione perché ci sono dei limiti rispetto ai dati che abbiamo a disposizione, che si basano principalmente su questionari autosomministrati e non sull’osservazione oggettiva dei comportamenti. E quindi perché non “fidarci” al 100%? Perché può esserci la tendenza delle donne a volersi mostrare più attente e coinvolte, in tematiche forti e di valore come il cambiamento climatico, nel momento in cui viene posta una riflessione sull’argomento.

Questo non significa però che l’eco gender gap non esiste perché i dati sono falsati, sicuramente sarà necessario approfondire da un punto di vista sociologico il fenomeno, al fine anche di identificare possibili strategie di comunicazione verso i gruppi più resistenti al cambiamento e a uno stile di vita più sostenibile.

Una conclusione positiva ora è d’obbligo, la generazione Z che è in questo momento la più coinvolta e attiva sul tema del cambiamento climatica dimostra di avere molta più consapevolezza, strumenti e informazioni per portare avanti comportamenti pro-ambientali, per cui se il gap ora esiste andrà via via scomparendo.

Altro fattore a sostegno di un epilogo positivo è la fluidità, sempre dei ragazzi tra i 16 e i 25 anni, di concepire il genere di appartenenza e una condivisione di valori flessibili che li allontana dalle rigide generazioni dei genitori.

L’attivismo inoltre ad esempio non è cosa solo per donne, e tra le fila dei movimenti a sostegno della lotta al cambiamento climatico ci sono forti figure di riferimento femminili e maschili, fonti d’ispirazione che vanno oltre il volto simbolo di Greta Thumberg.