Plastic-free: è davvero efficace?

Prima del Covid-19, la conversione al plastic-free era un argomento scottante. I consumi si stavano orientando verso merci riutilizzabili, i supermercati stavano introducendo prodotti freschi senza imballaggi e i governi di diversi Paesi stavano approvando leggi che impedivano l’utilizzo di plastiche monouso. Però, la pandemia e il panico da essa generato hanno cambiato le carte in tavola: il focus dell’attenzione non è più la sostenibilità, ma la sicurezza.

Di Veronica Wrobel, articolista dell’Agenzia di Stampa Giovanile

Tradotto da Carlotta Zaccarelli

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Prima del Covid-19, la conversione al plastic-free era un argomento scottante. I consumi si stavano orientando verso merci riutilizzabili, i supermercati stavano introducendo prodotti freschi senza imballaggi e i governi di diversi Paesi stavano approvando leggi che impedivano l’utilizzo di plastiche monouso. Però, la pandemia e il panico da essa generato hanno cambiato le carte in tavola: il focus dell’attenzione non era più la sostenibilità, ma la sicurezza. Il movimento plastic-free ha perso la sua spinta, esattamente come una moda che passa. Ma questo è servito a mettere in luce la sostanziale inefficacia del movimento stesso.

Ora è chiaro che “plastic-free” è sempre stata un’etichetta usata nel più grande contesto della falsa eco-propaganda (leggi i miei articoli precedenti sull’argomento). “Eco-propaganda” significa che quando i consumatori decidono di mettere alcuni prodotti plastic-free in un carrello della spesa pieno di plastica, si persuadono di non danneggiare l’ambiente.

La verità è che optare per il “plastic-free” non è sufficiente per avere un impatto grande o piccolo sul cambiamento climatico. La plastica, come la crisi ambientale, è parte di un più grosso problema chiamato “consumismo”. Detto in poche parole, il consumismo ci illude che ci sia una illimitata disponibilità di merci mentre la realtà è che viviamo in un contesto di risorse naturali limitate. 

Quindi scegliere l’opzione “plastic-free” significa semplicemente decidere di utilizzare un altro materiale al posto della plastica. Il vetro, la carta e il metallo sono proposti come alternative ecologiche alla plastica. Potrebbero esserlo, ma solo se non si tratta di materiali monouso! Quindi, com’è possibile adottare uno stile di vita meno dannoso e più sostenibile?

Usa il cestino dei rifiuti il meno possibile. Questo è il messaggio del movimento Zero-Waste. Potresti conoscere il negozio dove i prodotti non hanno imballaggi fondato da Lauren Singer, diventata famosa per aver raccolto otto anni (per ora) dei suoi rifiuti non riciclabili in un vaso di vetro. Avere un impatto positivo sull’ambiente si traduce con ridurre i tuoi sprechi personali al minimo e non con l’acquisto di prodotti “plastic-free”. 

Tuttavia, vivere una vita senza rifiuti potrebbe non essere una via percorribile per molti. Quindi, la soluzione? Troppo spesso ci troviamo di fronte solo a due alternative: essere “zero-waste” o generare troppi rifiuti, evitare i viaggi in aereo oppure abusarne… Il risultato finale è che preferiamo non sforzarci, solo perché sappiamo di rischiare di non riuscirci. Rinunciare, però, non è una risposta accettabile al problema. 

Come ha detto Anne Marie Bonneau, “non abbiamo bisogno di poche persone che vivano senza produrre alcuno scarto. Abbiamo bisogno di milioni di persone che ne producano pochi”. Invece di aspirare al perfetto “zero-waste”, bisogna puntare al “low-waste”. Bisogna imporsi piccoli traguardi significativi, che siano raggiungibili da se stessi e dalla propria comunità.

Di seguito, alcuni consigli che puoi mettere in pratica da oggi senza aspettare che le grandi multinazionali e i governi facciano la prima mossa.

Primo: tuffati nel tuo cestino! Fai il censimento degli scarti che hai prodotto negli ultimi giorni o settimane e comprendi quali sono i tuoi maggiori sprechi. Spesso, buttiamo le cose senza pensare eccessivamente a dove finiscano: analizzare criticamente il tuo cestino ti da l’opportunità di pensare prima di scartare (o comprare) alcune cose. Incoraggia chi ti sta attorno a fare lo stesso, cosicché possiate avere una conversazione sulle abitudini casalinghe ed essere tutti coinvolti nella soluzione.

Secondo: decidi dove migliorare. Ci sono troppi sacchetti di patatine? Imballaggi di prodotti freschi? Oppure tutti i tuoi prodotti sono imballati nella plastica? Cerca di capire quale sia il problema maggiore e trova una soluzione. Comincia scovando i negozi plastic-free nella tua zona e i produttori locali. Nello scenario peggiore, sempre più supermercati offrono prodotti senza imballaggi: compra lì, anche se potrebbe costarti un po’ di tempo localizzarli.

Terzo: compra di meno e compra usato. Soprattutto quando si parla di abbigliamento, comprare nuovi prodotti dovrebbe essere l’ultima opzione (o, come per me, un’opzione non considerabile!). Negli ultimi due anni, non ho comprato un singolo capo d’abbigliamento nuovo – fatta eccezione per intimo sostenibile e un paio di scarpe vegane. Ma se guardassi il mio stile, non lo diresti proprio! Prendi in prestito da famiglia e amici oppure affitta gli abiti delle occasioni speciali!

Quarto: pensa in termini di economia circolare. Ho già trattato di questo tema, ma voglio sottolinearlo ancora perché probabilmente è la cosa più importante che tu possa fare. Pensa all’origine dei prodotti che consumi. Per esempio, la plastica proviene dal petrolio, estratto in grandi quantità e una delle principali cause dell’emergenza ambientale del Pianeta. Pensa agli ecosistemi rovinati dalle perdite degli oleodotti che le industrie petrolchimiche cercano di nascondere. Pensa alla destinazione finale della plastica: bruciata e trasformata in CO2, riversata nell’ambiente dove uccide gli animali che lo abitano. Per capire l’origine delle cose che compri, informati con documentari come A Plastic Ocean, War on Plastic, The True Cost, libri, articoli e i social media. Nell’era dell’informazione, la consapevolezza è a portata di mano: non sapere non è una scusa. Quando scegli in modo informato e consapevole, scegli meglio.

Il percorso verso uno stile di vita “zero-waste” sarà imperfetto, con molti ostacoli, scomodo e per ciò molto impegnativo. Ma è un percorso da intraprendere, se vogliamo creare un futuro migliore per noi e per le generazioni future.