Il ritorno del Brasile nelle negoziazioni

Giovedì 10 Novembre 2022, si è tenuto un evento alla COP che ha visto la discussione dei piani per le politiche ambientali del neo(ri)eletto presidente del Brasile Luiz Inácio Lula da Silva. 

Di Federica Dossi

L’elezione di Lula ha riacceso la speranza in tema di deforestazione, di queste promesse e di speranze si è parlato molto in un incontro che ha visto la rappresentanza di tutti i mondi coinvolti nelle tematiche ambientali brasiliane. A rappresentare il mondo politico: Nilto Tatto, politico brasiliano, affiliato al Partito dei Lavoratori (di cui Lula è membro fondatore) dall’inizio degli anni ’80. A rappresentare il mondo scientifico: il professor Carlos Nobre, scienziato e meteorologo brasiliano, e autore dei report dell’IPCC. A rappresentare il mondo dei popoli indigeni: Célia Xakriabá, educatrice e attivista indigena.

Già nel suo discorso di vittoria il presidente ha promesso lo zero netto di deforestazione, la protezione dei popoli indigeni e la revisione dei target di emissione al fine di allinearli con quelli dell’Accordo di Parigi. Queste promesse sono realisticamente realizzabili, Nobre ha infatti sottolineato come il taglio del 50% delle emissioni entro il 2030 può essere raggiunto dal Brasile dal momento che il 50% delle emissioni del Paese deriva da attività di deforestazione, e il 28% da agricoltura. Se il Brasile raggiungerà lo 0% di deforestazione causata dal cambio di uso del suolo nei prossimi 4 anni, esso sarà uno dei primi paesi al mondo a raggiungere gli obiettivi degli Accordi di Parigi. 

Per far sì che tutto questo diventi una realtà, dice Tatto, il presidente si concentrerà sulla lotta alle attività illegali di deforestazione ed estrazione e su metodi di agricoltura rigenerativa. Queste sono un grosso problema dal momento che il 90% della deforestazione che avviene nell’Amazzonia è illegale. Tatto sottolinea che queste altissime percentuali sono state raggiunte sotto il governo corrotto di Bolsonaro, il quale ha facilitato l’attività di questi criminali e la violenza contro i popoli indigeni con le sue politiche di tagli ai fondi dell’agenzia nazionale per l’ambiente, di capovolgimento delle leggi, di approvazione di migliaia di pesticidi e di assoluta complicità nei confronti delle grandi imprese agricole che hanno invaso terre protette.

Infine, Xakriabá ha sottolineato come non sia possibile affrontare la crisi climatica senza affrontare la questione dell’Amazzonia. Non e’ piu possibile rimandare perché “non c’e’ un pianeta B”, ripete l’attivista. L’agenda di Bolsonaro andava contro non solo i principi base della democrazia e di umanita’, ma anche contro la diversita’ culturale. La violenza sui popoli indigeni deve smettere poiche’, dice Xakriabá: “Siamo meno del 5% della popolazione mondiale, eppure stiamo proteggendo l’80% della biodiversità del pianeta.”