Agricoltori in protesta: tra necessità personali e conseguenze ambientali

Il 2024 si è aperto con le proteste degli agricoltori che, in gran parte dei paesi europei, sono saliti sui loro trattori, bloccando strade e caselli autostradali. Sono giunti persino a Bruxelles dove, in occasione del Consiglio europeo e della riunione dei ministri dell’agricoltura dei Paesi membri, hanno attaccato la sede del Parlamento, lanciando bottiglie, appiccando roghi di fieno e letame e danneggiando monumenti pubblici. Quali le istanze? Quali i motivi?

di Gloria Malerba
Mentor: Ilaria Bionda

Le contestazioni “dei trattori” sono cominciate a fine gennaio in Francia e Germania, estendendosi poi a vari Paesi europei. In Germania si lamentava la scelta di eliminare i sussidi agricoli, ad esempio tagliando le agevolazioni fiscali al biodiesel, mentre in Francia si protestava contro gli accordi di libero scambio e le regole ambientali, che sembra stiano tagliando i profitti. Al di là delle differenze, però, vi sono delle motivazioni comuni che hanno portato tali proteste a diffondersi in tutta Europa.

Le ragioni comuni

Primo fra tutti, a causare rabbia, è stato l’aumento del prezzo dell’energia e dei fattori di produzione accompagnato da un generale abbassamento dei prezzi dei prodotti agricoli. Come riporta Politico, dal 2022 al 2023, in undici paesi dell’Unione i prezzi pagati per questi prodotti sono diminuiti di oltre il 10%, producendo un duro colpo ai margini di profitto degli agricoltori. 

Oltre a ciò, gli agricoltori devono far fronte ai grandi rivenditori e alle loro decisioni, a episodi meteorologici estremi sempre più frequenti, con impatti pesantissimi, e alla concorrenza con importazioni estere a basso costo

Il caso dell’Europa dell’Est

In seguito all’invasione russa dell’Ucraina, l’Unione Europea ha sospeso tariffe e quote all’importazione di grano da parte di quest’ultima, in modo da sostenere economicamente il paese. Ciò, però, ha contribuito a colpire l’economia rurale e, per questo, viene visto come un caso di concorrenza sleale, soprattutto dagli altri paesi dell’Europa Orientale.

Non è un caso che gli agricoltori polacchi siano stati tra i primi a scendere in piazza. La loro richiesta è quella di porre fine alle importazioni incontrollate dei prodotti ucraini e, per questo, hanno avviato una mobilitazione della durata di 30 giorni, che prevede un blocco dei passaggi di frontiera. Il governo polacco non ha per il momento agito per contrastare le proteste. Per questo, l’Ucraina sta valutando di porre, a sua volta, un limite alle importazioni polacche. Si crea così un circolo vizioso.

Per gli agricoltori il problema sembra essere la PAC

Con il termine PAC (Politica Agricola Comune) si fa riferimento ad una serie di norme che regolano l’erogazione di fondi europei all’agricoltura, cercando sia di garantire un reddito equo agli agricoltori, sia di proteggere la qualità dell’alimentazione e della salute e di contrastare i cambiamenti climatici. Aggiornata ogni cinque anni, l’ultima PAC è entrata in vigore proprio nel 2023 e sarà valida fino al 2027. 

L’agricoltura è uno dei settori più sussidiati a livello europeo – circa il 40% del budget totale europeo è usato a tale scopo – e dipende fortemente da tali aiuti. A questo proposito, uno dei principali problemi che è stato messo in luce è che i fondi sono basati sulla grandezza dell’area agricola: più è grande quest’area, più si ricevono sussidi, lasciando così indietro le piccole realtà. In aggiunta, con l’entrata in vigore della nuova PAC il budget da destinare ai sussidi agricoli è stato ridotto e dunque mancano adeguati finanziamenti, per i quali però è sempre necessario incorrere in previste procedure burocratiche lunghe e complesse.

Impatto ambientale

Oltre a tutti questi, il punto su cui si concentrano maggiormente le proteste recenti è quello riguardante le norme relative alla salvaguardia dell’ambiente. In particolare, sono stati posti limiti ad alcune pratiche, quali l’uso di prodotti fitosanitari e fertilizzanti dannosi per l’ambiente e per la qualità del cibo. Si richiede una revisione di suddette norme, considerate troppo volte alla tutela ambientale e che paiono non prendere in considerazione le necessità dei produttori agricoli.

Non vi sono dubbi sul fatto che il settore agricolo abbia un impatto ambientale rilevante. L’11% delle emissioni proviene dal settore e la biodiversità è considerevolmente colpita da esso. 

I problemi che il cambiamento climatico ha già causato sono vari. Ricordiamo tra questi, il fatto che l’80% degli habitat in Europa è in cattive condizioni, i rendimenti per particolari colture sono stati colpiti a causa dei terreni poveri di sostanze organiche, l’acqua comincia a mancare e gli eventi meteorologici estremi aumentano. 

Sono questi i motivi che hanno spinto l’Unione Europea ad agire: tra le misure poste per cercare di raggiungere l’obiettivo delle zero emissioni entro il 2050 troviamo come proposte il dimezzamento dell’uso dei pesticidi, la diminuzione dell’uso dei fertilizzanti di almeno il 20%, l’intenzione di dedicare più terreno all’uso non agricolo, lasciandolo a riposo o piantando alberi non destinati alla produzione e, ancora, l’aumento della produzione biologica, portandola al 25% del totale. 

I compromessi che sono stati raggiunti

Se gli agricoltori consideravano le regole contenute nella PAC già troppo stringenti, la proposta di introdurre queste novità ha fatto sì che insorgessero. 

La Commissione europea è, allora, intervenuta per cercare di limitare i danni, accettando di abbandonare alcune regole fondamentali per ridurre l’inquinamento del settore agricolo. Si è stabilito che tutti i settori in generale debbano contribuire allo sforzo, eliminando però il riferimento alla diminuzione di almeno il 15% dell’inquinamento agricolo entro il 2040. Così come è stata rimossa la norma sui pesticidi e sono stati aggiunti ulteriori sussidi agli agricoltori, enfatizzando il ruolo che il settore gioca nell’ambito della cosiddetta “sovranità alimentare”. 

In più, gli agricoltori vorrebbero essere maggiormente coinvolti nelle politiche agricole portate avanti dall’Unione e ciò potrebbe avere un impatto non indifferente sulle scelte di voto nelle elezioni per il Parlamento europeo che si terranno nel prossimo giugno. 

Di fatti, i compromessi raggiunti al momento non sembrano sufficienti per gli agricoltori, che continuano a protestare. D’altra parte, però, quali e quante altre concessioni l’Unione Europea potrà permettersi di fare se vogliamo davvero cercare di limitare i problemi creati dall’uomo all’ambiente?  

Per saperne di più

Per approfondire sotto altri punti di vista il tema dell’agricoltura (in)sostenibile e il suo legame con l’ambiente, consigliamo la lettura di questi articoli: COP28: WOP, un sistema per ottimizzare le risorse idriche nell’agricoltura e Il valore aggiunto dell’agricoltura sociale. Inoltre, vi invitiamo ad ascoltare questo episodio di podcast