Circolo climatico, quinto incontro: la sostenibilità vien mangiando

Mercoledì 9 novembre si è tenuto il quinto incontro di Circolo Climatico, al centro l’alimentazione sostenibile e tutte le sue sfaccettature.

Di Redazione

È partito con un goloso assaggio il quinto incontro di Circolo Climatico, svoltosi come di consueto il mercoledì presso il MUSE – Museo delle scienze. Michele Granuzzo di Blacksheep Raw, pasticceria vegana, ci ha portato direttamente dal suo laboratorio due dolcetti che seguono la filosofia crudista, vegana e gluten free.

Prima dell’intervento dell’esperto, però, due brevi giochi per immergerci nel tema dell’incontro: l’alimentazione. Una serie di domande legate all’attenzione a questa tematica e alle scelte che ci fanno portare in tavola questa o quell’altra pietanza, per approdare poi alla domanda “Qual è il cibo che proprio non mangiamo?”. Le risposte hanno spaziato dall’insalata alle rape, dai capperi ai cetrioli, per una semplice questione di gusto, alla carne e al pesce per scelta etica a favore della vita degli animali, forse con cui da piccoli ci si trovava spesso a giocare, com’è il caso dei conigli. Dal confronto è emerso che preferenze di questo tipo sono radicate e derivate dall’infanzia.

Nella scia del discorso si inserisce Michele Granuzzo, che parla subito dei suoi genitori “da sempre vegetariani per scelta salutistica” alla quale si è poi aggiunta la questione ambientale e climatica, oltre che quella etica di rispetto per gli animali, creature più deboli. “In Italia siamo fortunati perché abbiamo un’ampia gamma di alimenti con cui essere vegani” così il giovane pasticcere introduce la storia della sua scelta di alimentazione vegana.

“A 16 anni ho conosciuto un amico di amici vegano, mi sono ritrovato nei suoi valori e una settimana dopo sono diventato vegetariano. Mi sono però reso subito conto che essere vegetariano non era sufficiente per contrastare la sofferenza degli animali, sono quindi diventato vegano”. L’inizio ha presentato per Michele, come spesso accade, delle difficoltà, dovute soprattutto al fatto che quindici anni fa nei supermercati non si trovava molto per seguire una dieta del genere. “I miei genitori mi hanno sempre supportato. Mio papà è un medico, mentre mia mamma è sempre stata molto aperta.” Una svolta per Michele avviene grazie al primo libro di pasticceria vegana pubblicato in Italia, con il quale inizia a sperimentare. Dopo vari corsi e varie esperienze la decisione di aprire un proprio laboratorio, è così che nasce Blacksheep Raw. Perché questo nome? “Perché significa pecora nera, ed era quello che eravamo, una realtà diversa dall’ordinario”. Per l’attività di Michele è fondamentale: “L’importanza della rete, l’attenzione a fornitori, dipendenti e clima, il km0 dove e quando è possibile, l’attenzione al cliente soprattutto in termini di gentilezza e cortesia”.

Dal gruppo sono arrivate alcune domande per Michele. In primis, sono state richieste informazioni sulle apparenti contraddizioni del veganesimo, che riguardano ad esempio il ciclo di vita impattante di determinati prodotti utilizzati come la soia, lo zucchero di canna e l’avocado. “Le aziende si stanno muovendo a rendere sostenibile le filiere di tutti questi componenti. Ma bisogna anche pensare che la carne, anche se è a km0, inquina tramite il mangime degli animali, che non è praticamente mai a km0 e impatta molto di più di qualsiasi altra coltura a consumo umano.” Ci siamo poi soffermati sul tema dell’informazione che manca, della comunicazione spesso sbagliata che contribuisce alla creazione del pregiudizio, alla mancata apertura al nuovo. Per quanto riguarda, invece, la salute? “Spesso i vegani prendono alcuni integratori che, però, in realtà servirebbero a tutti. Si può mangiare vegano e non avere carenze, bisogna stare attenti alla quantità e mangiare di più.”

Per concludere, Michele ci lascia con un pensiero: “È fondamentale che ci si senta nutriti dalla vita che si ha, dalle relazioni, dal benessere emozionale, dal lavoro”. Quindi è opportuno non vedere il veganesimo – o le altre scelte che si fanno – come privazione, ma come un percorso di possibile arricchimento.

Legato a questo discorso, la tematica introdotta dalla nostra psicologa Laura Endrighi delle resistenze, molto presenti quando si tratta di cambiare un’abitudine, e spesso inventate dal nostro cervello. Come combatterle? “Con un buddy, ossia un compagno con cui svolgere determinate azioni, cercando di ridurre la procrastinazione, rendersi conto che l’azione vale di più al momento presente, con esperienze piccole anche online, per fare un passo per volta”.