COP21: la scommessa di Parigi per il clima

Un vero appuntamento con la Storia.
È questa l’aspettativa nei confronti della Conferenza delle Nazioni Unite sul Clima, la COP21, che si terrà a Parigi dal 30 novembre all’11 dicembre prossimo. Prevista la partecipazione di 50mila persone e di 25mila delegati ufficiali in rappresentanza di 196 Paesi. Già confermata la presenza di 117 leader mondiali, dall’americano Barack Obama e il cinese Xi Jinping alla brasiliana Dilma Rousseff e all’indiano Narendra Modi.
A dimostrazione che i cambiamenti climatici rappresentano oggi la sfida scientifica, economica, politica e morale più importante che l’umanità si trova ad affrontare. E Parigi può rappresentare una svolta in questa sfida data l’urgenza di affrontare gli impatti che si stanno già manifestando con conseguenze gravi specie nei Paesi più vulnerabili dal punto di vista sociale ed economico.Se è vero che il clima del nostro pianeta ha subito diverse modifiche nel corso della sua storia, ciò che rende inedita la fase che stiamo vivendo è la velocità con cui il pianeta si sta riscaldando e il contributo dato dall’uomo che non ha precedenti nella storia.Le attività umane hanno avuto infatti un ruolo sempre più importante con l’inizio dell’era industriale e il progressivo aumento della popolazione mondiale contribuendo al marcato aumento delle concentrazioni globali dei gas ad effetto serra e in particolare di anidride carbonica, metano e ossido di azoto.
Gli aumenti di anidride carbonica sono dovuti per la maggior parte all’utilizzo dei combustibili fossili e agli effetti della deforestazione mentre quelli di metano e ossido di azoto sono dovuti per la maggior parte alle attività agricole, alla zootecnia e al cambiamento dell’uso del suolo. Accanto ai settori ormai noti e responsabili delle principali emissioni di gas serra come la produzione energetica, i trasporti, l’edilizia e l’industria, sempre più emerge l’incidenza della deforestazione, della catena di produzione del cibo e della trasformazione dei suoli tra le attività antropiche responsabili del cambiamento climatico.
Il mondo scientifico raccolto attorno all’autorevole voce dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) ha da tempo alzato un segnale d’allarme indicando la necessità di ridurre considerevolmente le emissioni di gas serra al fine di evitare che l’aumento delle temperature medie terrestri, rispetto al periodo pre-industriale, raggiungesse i +2°C (che significa poco più di 1°C rispetto ad oggi) poiché tale limite rappresenta il livello in cui principali impatti entrerebbero in una fase di rischio elevato, per estensione e intensità, e alcuni cambiamenti negli schemi di circolazione oceanica e atmosferica rischierebbero di divenire irreversibili.Un nuovo accordo è possibile?
L’importanza della COP21 è dovuta proprio al fatto che da Parigi ci si aspetta l’adozione di un nuovo accordo globale sul clima e vincolante per tutti i paesi della comunità internazionale, da quelli industrializzati (come Stati Uniti e Unione europea) e maggiormente responsabili delle emissioni di gas serra in atmosfera, ai paesi emergenti o in via di sviluppo (come Brasile, Cina e India) che hanno considerevolmente aumentato le loro emissioni negli ultimi anni.
Il grande numero di capi di Stato confermato riflette, in parte, l’ottimismo attorno al raggiungimento di un accordo sul clima a Parigi che ha le sue fondamenta in una bozza già resa pubblica. Il lavoro è ancora lungo, visto che nella sua versione attuale, il testo preliminare dell’accordo ha 55 pagine e contiene circa 1.800 nodi critici su cui i partecipanti alla Conferenza dovranno concordare. Il punto che riguarda la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, ad esempio, raccoglie ben 16 diverse opzioni.
Il finanziamento alla lotta ai cambiamenti climatici e il meccanismo di trasparenza sono ancora altre questioni serie da risolvere. Si tratta di un testo che grazie ad una fortissima pressione da parte di tutte le componenti della società civile ha visto tuttavia il reinserimento, rispetto ad una prima versione, di un corposo paragrafo relativo ai diritti umani e a principi quali equità intergenerazionale, diritti delle comunità indigene, parità di genere e necessità di migranti e popolazioni in condizioni vulnerabili.La segretaria esecutiva della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici dell’ONU, Christiana Figueres, tuttavia ha ripetuto per diverse volte che non ha dubbi che Parigi arriverà ad un accordo ma la sua unica preoccupazione è che questo accordo sia forte il sufficiente per mettere il mondo sulla strada giusta per raggiungere l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a meno di 2 gradi in questo secolo.Per ora solo buone intenzioniUn punto di partenza di straordinaria importanza riguarda il fatto che tutti i Paesi sono stati chiamati a presentare dei propri piani volontari di contribuzione alla lotta ai cambiamenti climatici nelle sue diverse espressioni (mitigazione, adattamento, scambi tecnologici, finanza), denominati Intended Nationally Determined Contribution (INDC).Ben 147 Paesi hanno sottoposto i loro impegni di riduzione e rappresentano insieme circa l’86% delle emissioni globali di gas serra nel 2010 superando così le attese iniziali e mostrando in modo inequivocabile il grande interesse per la Conferenza di Parigi. La maggior parte di questi impegni prevedono anche meccanismi di adattamento rafforzando quindi la necessità che nell’accordo globale gli impegni per l’adattamento dovranno assumere un ruolo altrettanto importante rispetto a quelli di mitigazione. Non meno importante è la discesa in campo di Stati Uniti e soprattutto della Cina tra gli attori attivi e non più passivi di una partita che evidentemente ha assunto un ruolo determinante anche per questi colossi dell’economia mondiale.La sfida è tuttavia ancora molto aperta se è vero che per molti osservatori, pur trattandosi di una buona bozza, esprime misure che potrebbero essere ancora non sufficienti per mantenere il riscaldamento al di sotto dei 2°C.Rimane poi aperto il problema di come monitorare le emissioni e come garantire la trasparenza e l’accesso ai dati dei singoli Paesi. E ancora: l’Unione Europea ha introdotto ad esempio meccanismi obbligatori per i propri Paesi membri al fine di raggiungere i propri obiettivi di riduzione, ma potranno essere estesi questi obblighi con relative eventuali sanzioni a tutti i Paesi che aderiranno all’accordo?
E non ultima rimane aperta la discussione sulle risorse finanziarie da mettere in campo e il supporto necessario per i Paesi in via di Sviluppo che hanno minori responsabilità rispetto alle emissioni del passato e che spesso si trovano a subire le conseguenze maggiori degli impatti dei cambiamenti climatici.Partecipazione della società civileIn tutto questo non può rimanere in secondo piano la minaccia del terrorismo e degli attentati che hanno colpito recentemente proprio la città di Parigi intrecciandosi con eventi altrettanto tragici a Beirut e Bamako.
Nonostante il clima di minaccia di nuovi attentati in Europa, siamo convinti che la COP21 non possa realizzarsi a porte chiuse, blindata, senza la partecipazione diretta della società civile alle tante manifestazioni popolari previste a Parigi come la Marcia per il Clima del 29 novembre e la Conferenza Internazionale dei Giovani sul Clima, la COY11, che radunerà centinaia di giovani attivisti da tutto il mondo.La tentazione è di reagire a questi eventi chiudendo gli spazi di partecipazione e di democrazia che invece devono trovare una reazione opposta perché il mondo che difendiamo è di pace, di lotta alle disuguaglianze e per una giustizia climatica.
È proprio con questo spirito che parte per Parigi, per seguire e raccontare la COP 21, anche una delegazione di giovani e ricercatori dell’Agenzia di Stampa Giovanile, un progetto promosso dall’Associazione trentina In Medias Res in partenariato con Viração Educomunicação e con il sostegno dell’Assessorato competente alla Cooperazione allo Sviluppo della Provincia di Trento e la collaborazione dell’Osservatorio Trentino sul Clima.