Una barca nel bosco: storia del giardiniere dell’attesa

Una barca nel bosco, un romanzo dedicato alla gioventù trascurata e ai sentimenti puri: “Quando pianti un albero, pianti una cosa che cresce e che non sarà mai più com’era. Ma soprattutto pianti una cosa che cresce dal fondo. Tutto comincia dalle radici”. Di Paola Mastrocola, Guanda, 2004. 

Di Rita Qualtieri, articolista dell’Agenzia di Stampa Giovanile

_

Attendere: volgersi verso qualcosa, osservare il trascorrere del tempo avvertendone i cambiamenti e tessendo una fitta tela di sogni. E l’attesa è il motivo conduttore di Una barca nel bosco di Paola Mastrocola, vincitore del Premio Campiello nel 2004. L’attesa è il filo rosso d’Arianna che il protagonista Gaspare afferra per il bandolo, muovendosi sempre fuori tempo nell’ingarbugliato labirinto della scuola, della comunità e degli affetti. Lungo il solco dell’attesa si snodano gli scenari complessi della formazione inadeguata a scuola, delle amicizie e degli amori deludenti, della realizzazione personale stravolta. 

Gaspare, descritto dalla sua adolescenza fino all’età matura, potrebbe oggi rientrare nella categoria dei “vinti verghianiin cerca di riscatto sociale e personale. Il lettore lo incontra all’età di quattordici anni sulla sua isola natia del meridione. Figlio di un pescatore, è un ragazzino talentuoso, intelligente e profondo, che guidato dalla figura eclettica di Madame Pilou, impara a tradurre Orazio e a leggere Verlaine. Sogna di diventare un latinista. Ama lo studio metodico, la lettura dei classici e la conoscenza delle trame essenziali della realtà. Spinto dalle pressioni della stravagante insegnante, Gaspare si trasferisce con la madre dalla zia a Torino e lì, inizia a frequentare un liceo importante nel quale la famiglia investe le proprie scarse risorse economiche e le proprie speranze di successo. L’impatto con la scuola superiore è devastante: la comunicazione con gli insegnanti è superficiale, mentre le relazioni con i compagni, quasi inesistenti e complicate. Si apre per l’adolescente un lento processo di iniziazione che lo accompagnerà durante esperienze di crescita disseminate di amarezza e disincanto.

Gaspare esperisce il mondo attraverso le emozioni con cui penetra la sostanza delle cose, legge l’ordine del reale attraverso il mondo antico, ma si smarrisce nel non trovare riscontro nelle risposte sociali. E se il canale dell’intelligenza emotiva consente al protagonista di approdare al cuore pulsante della natura, un modesto flusso di intelligenza sociale non gli permette di accostarsi agli altri con empatia e temperanza. La scuola trascura la dimensione affettiva del giovane, lo svilisce dentro un accademismo sterile, trasmette contenuti senza afflato e offre una preparazione che non serve a superare le difficoltà della vita, né a cogliere le occasioni che essa porta con sé. In questa soffusa denuncia verso un sistema scolastico incapace di valorizzare l’originalità  di ogni studente, il protagonista inizia una metamorfosi, abbandonando gradualmente la roccaforte dei suoi valori per conquistare l’approvazione dei compagni e per trovare spazio affettivo da condividere. Egli appare al lettore come un magnifico pianoforte scordato, con un potenziale intellettivo ed emotivo notevole, privo, però, di quella gamma di abilità relazionali che il mondo esige per garantire successo.  

Un giardiniere dell’anima

In occasione di uno scambio culturale, il ragazzo si prepara ad accogliere in casa Corinne, una giovane studentessa francese per la quale fantastica un amore sorprendente, si attribuisce un nome fascinoso e acquista le sue prime piante, tra le quali un pioppo con lo scopo di rendere accogliente l’appartamento modesto. L’attesa rappresenta l’espressione di una felicità autentica e tanto a lungo desiderata, descritta attraverso pensieri ancora acerbi:

“Mi piace molto avere questo pensiero, di una ragazza che arriverà da me, ma che adesso non c’è ancora e quindi è come se non esistesse. Cioè adesso non è ancora una ragazza, è solo un nome, ma va ancora meglio, così me la immagino come voglio e insomma non ho problemi.”

Se l’incontro con Corinne è deludente, le aspettative riversate nel successivo periodo universitario vengono tradite da un ciclo di studi differente rispetto a quello programmato. Mentre studia Giurisprudenza, Gaspare si occupa di coltivare le piante in casa, trasformandole in creature dotate di sensibilità e di spirito comunicativo e lasciandosi trasformare da queste in un giardiniere dell’anima: le nutre, le culla, le ascolta, ne rispetta il carattere, ne stimola la crescita, modificando l’ambiente circostante per salvaguardare l’espressione della loro natura. 

L’accudimento delle piante diviene metafora di quelle agenzie formative che dovrebbero favorire in maniera efficace lo sviluppo equilibrato delle emozioni e delle relazioni di ogni individuo, trascendendo i semplici aspetti cognitivi. L’identità professionale negata a Gaspare che rinuncia alla pratica della Legge, riaccomodando le proprie ambizioni sulla gestione di un bar di quartiere, recupera solidità e consistenza dentro il progetto del “Bosco Mondo” che diviene presto una meta terapeutica per uomini alienati e stanchi di rincorrere l’ordinario:

Vengono da me soprattutto uomini d’affari: vogliono farsi una propria foresta in casa, cioè vogliono imparare ad aspettare. All’inizio non capisco cosa dicono, cosa vogliono da me. Imparare ad aspettare che una pianta cresca, mi spiegano. […] Mi rispondono che è proprio quello che vogliono: saper aspettare anni, non avere fretta. […] Desiderano imparare la lentezza, e nulla è più lento di una pianta che cresce. Dicono anche che non vogliono avere scopi, ma sentimenti.”

L’attesa dei sentimenti è la pagina più densa della storia di Gaspare: come una pianta che germoglia lentamente, l’arrivo di Gemma costituisce il senso ultimo e profondo dell’esistenza. Nel suo nome è racchiuso il significato degli eventi che si riannodano tutti insieme in un una gemma offerta alla luce:

“L’ho accompagnata al treno e le ho detto:

‘Ti aspetto’.

Ci ho pensato molto se dirla a o non dirla quella frase. So che, pur essendo molto breve, è una frase piuttosto impegnativa; ma ho pensato che era meglio dirgliela, così lei lo sa che io la aspetto.

E’ bello aspettare Gemma: perché la conosci già, sai com’è, e quindi si tratta solo di rivederla, perché il suo è solo un ritorno e tu lo sai che ritornerà.”

Quando la vita è spesso attesa: l’attesa di un ritorno.