Pensieri sparsi sulla scuola di settembre

Ripensare il rientro a scuola è ora davvero prioritario perchè significa ricostruire le relazioni e il futuro di questo Paese.  

Di Rita Qualtieri, articolista dell’Agenzia di Stampa Giovanile

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Non possiamo guardare alla scuola di settembre come a una scuola ferita, claudicante, privata del suo elemento fondante individuabile nella relazione insegnante-alunno e non vogliamo pensarla privata delle relazioni e dei legami attraverso i quali si produce l’alchimia del sapere e della conoscenza. 

Alla scuola di settembre vorremmo offrire l’opportunità di apprendere dal trauma della sua violenta interruzione, ricostruendo rapporti umani, recuperando ambienti di condivisione, ritrovando lo sguardo. Lo sguardo dell’insegnante che incoraggia, che accoglie e rassicura. Lo sguardo dell’alunno che si affida e che sogna l’altrove. E questo sguardo non può essere più a lungo filtrato dall’occhio digitale al quale siamo riconoscenti per aver consentito di mantenere vivo un contatto costante, ma talvolta frammentario, con tutta la comunità scolastica durante la fase più critica della pandemia da Covid-19. 

Un Paese democratico e moderno, fondato su una società attiva, non può continuare ad aggrapparsi al sacrificio e all’abnegazione di insegnanti e famiglie obbligate ad accettare una scuola monca e ridotta a veicolo di contenuti. 

Un incontro amoroso

La scuola è un incontro amoroso che necessita di un luogo, di un terreno fertile in cui piantare il seme del desiderio e della curiosità di conoscenza come ci insegna il pedagogista brasiliano Paulo Freire. Una comunità di educatori-educandi in cui scoprire ogni giorno le proprie inclinazioni e i propri talenti attraverso una didattica di vicinanza focalizzata sulle emozioni, come ama definirla Daniela Lucangeli

Le risorse digitali, il sostegno del web, la rapida e capillare comunicazione da remoto sono state stampella della scuola di vicinanza, ma non possono trasformarsi per lungo tempo nell’unico canale educativo. La didattica a distanza ha modificato e rinvigorito lo stile dei percorsi formativi, ha stimolato docenti e allievi spingendoli ad ampliare strutture metacognitive nuove e questo bagaglio deve essere custodito gelosamente, ricordando però la condizione imprescindibile che rende possibile l’apprendimento profondo: l’incontro. 

Massimo Recalcati, nel suo saggio L’ora di lezione, per un’erotica dell’insegnamento, sostiene che l’incontro pedagogico può cambiare radicalmente una vita come può accadere nell’incontro con un libro o un’opera d’arte.

A settembre allora avremo bisogno di scuole vere, ma supportate da nuovi strumenti digitali,  perché se è stato possibile allestire ospedali da campo in pochi giorni, potrà essere possibile allestire scuole da campo in pochi mesi. Se è stato possibile assumere medici a contratto senza abilitazione, potranno essere reclutati nuovi insegnanti da utilizzare per sdoppiare le classi e ridurre il numero di alunni per aula. 

A settembre vorremmo una scuola prioritaria su tutto, su spiagge, su villaggi turistici, sulle palestre, perché uno Stato con una scuola zoppa che arranca verso il futuro, uno Stato che nega il diritto allo studio ai suoi studenti, protagonisti del cambiamento necessario in nome di una società civile, è uno Stato destinato al fallimento e alla disgregazione. A settembre vorremmo varcare la soglia di una scuola di mattoni, di legno o di tela per ricostruirne i suoi valori cardine: emancipazione, conoscenza, formazione e sviluppo.