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Generazione Z(ero): l’impatto del cambiamento climatico sulla percezione del futuro

Diecimila questionari compilati, diecimila giovani dai 16 ai 25 anni a cui è stata data l’opportunità di esprimersi riguardo a due macro temi: “thoughts about climate change” e “thoughts about government response”. Dall’Australia alle Filippine, dal Regno Unito al Brasile, giovani di differenti bacini demografici ed esperienze si sono pronunciati e pronunciate. Il responso? Un’uniforme e capillare sfiducia nei confronti del futuro, dei loro governi e delle possibilità che potranno avere. 

Di Rosa Maria Currò, articolista di Agenzia di Stampa Giovanile

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A inizio settembre Lancet ha pubblicato in preprint (ovvero, prima dell’approvazione da parte della peer review) un articolo a dir poco terrificante. Il testo, scritto da un team di nove ricercatrici e ricercatori provenienti da diverse università internazionali, si intitola «Young People’s Voices on Climate Anxiety, Government Betrayal and Moral Injury: A Global Phenomenon» e raccoglie il più grande studio (basato su questionari) rispetto al tema dell’ansia climatica e della percezione del futuro da parte dei giovani.

Citando direttamente l’articolo:

« A large proportion of children and young people around the world report significant emotional distress and a wide range of painful, complex emotions […]. Similarly, large numbers report experiencing some functional impact, and identify pessimistic beliefs about the future […]. These results reinforce findings of earlier empirical research and expand on these by demonstrating the extensive, global nature of this distress as well as impact on functioning. […] Climate distress is clearly evident both in countries that are already experiencing extensive physical impacts of climate change, and in countries where the direct impacts are still less severe. Such high levels of distress, functional impact and feelings of betrayal will inevitably impact the mental health of children and young people. »

Si rende evidente come la maggioranza della Generazione Z globale (con picchi che superano il 90% in alcuni Paesi) è d’accordo con affermazioni negative quali “il futuro è terrificante” e “ciò a cui più tengo sarà distrutto”. Di fronte a un quadro del genere, ancora più triste è la sensazione di trascuratezza che questi ragazzi e ragazze provano quando pensano ai loro governi. E così, gli ultimi considerati sentono le loro possibilità sgretolarsi sotto i loro piedi, dall’avere figli al costruirsi una carriera che permetta di accedere al benessere dei loro genitori.

Come membro della Generazione Z, trovo profondamente comprensibili queste statistiche. Non è la prima volta, infatti, che la ricerca ha mostrato non solo l’aumento di ansia e stress nella nostra generazione ma anche che veramente sarà la prima da molto tempo ad avere generalmente meno possibilità di quella dei propri genitori. La scarsa possibilità di mobilità sociale costringe le giovani generazioni a contare sempre più sul capitale familiare togliendo sempre più possibilità a coloro che non possono investire molti soldi in formazione o lavorare gratuitamente o quasi all’interno degli infiniti tirocini proposti dalle aziende. In una tale situazione socioeconomica il cambiamento climatico non può che essere l’ennesimo elemento di destabilizzazione sia per i singoli che per le loro famiglie. Basti pensare, come esempio, alla pandemia di Coronavirus attualmente ancora in corso. Numerosi studi (Klenert; Rodó) hanno evidenziato che il cambiamento climatico ha influenzato la migrazione dei pipistrelli in zone per essi non tipiche favorendo la catena di eventi che ha dato i risultati a noi ormai ben noti. 

La consapevolezza della nostra generazione, nata e cresciuta in una realtà globalizzata con un’altissima accessibilità alle informazioni provenienti da tutto il mondo probabilmente non ha precedenti. Allo stesso modo, la sovraesposizione a notizie catastrofiche può avere un’influenza sulle nostre ansie e insicurezze. È evidente che noi, i giovani del Fridays for Future, vediamo le nostre fatiche sprecate e i nostri appelli ancora troppo poco ascoltati di fronte a un Climate Clock che ormai ticchetta sempre più rapido mostrando i nostri trenta, quaranta, cinquant’anni in maniera a dir poco catastrofica. Per non parlare delle possibili vite delle/i nostre/i figli/e e nipoti. Il tempo del cambio sistemico deve arrivare ma questo messaggio stenta a entrare nelle teste e nei programmi dei potenti.

La nostra generazione, quasi senza rappresentanza (fatta eccezione per attiviste e attivisti che talvolta vengono persino strumentalizzate/i) si trova schiacciata al bordo di un futuro che appare impossibile. Quante altre ricerche di questo genere saranno necessarie prima che questo “futuro” che sa sempre più di presente (dato che molti dei giovani intervistati sono, in realtà, già adulti) venga preso seriamente in considerazione?

Fonti:

Klenert, D., Funke, F., Mattauch, L. et al. Five Lessons from COVID-19 for Advancing Climate Change Mitigation. Environ Resource Econ 76, 751–778 (2020). https://doi.org/10.1007/s10640-020-00453-w

Marks, Elizabeth and Hickman, Caroline and Pihkala, Panu and Clayton, Susan and Lewandowski, Eric R. and Mayall, Elouise E. and Wray, Britt and Mellor, Catriona and van Susteren, Lise, Young People’s Voices on Climate Anxiety, Government Betrayal and Moral Injury: A Global Phenomenon. Available at SSRN: https://ssrn.com/abstract=3918955 or http://dx.doi.org/10.2139/ssrn.3918955

Rodó, X., San-José, A., Kirchgatter, K. et al. Changing climate and the COVID-19 pandemic: more than just heads or tails. Nat Med 27, 576–579 (2021). https://doi.org/10.1038/s41591-021-01303-y