Generazione Changemaker: le storie di Animenta

Animenta è uno dei progetti partecipanti alla prima edizione di Generazione Changemaker nel 2021. Abbiamo avuto l’occasione di intervistare Aurora Caporossi, fondatrice e presidente di Animenta, per farci raccontare qualcosa in più sul progetto e sull’importanza dell’iniziativa.

Di Ilaria Bionda

“Generazione Changemaker mi ha aiutata a capire quanto un’idea si possa concretizzare non solo se ci credi, ma anche se hai tutti gli strumenti per poterla effettivamente concretizzare” questo il motivo principale per cui secondo Aurora Caporossi – fondatrice e presidente di Animenta e partecipante a Generazione Changemaker nel 2021 – i giovani dovrebbero partecipare al progetto, la cui seconda call è aperta fino al 7 novembre. Fondamentali, per la giovane, “Le opportunità di network che il progetto ti mette a disposizione, per avere molteplici visioni e comprendere come e in che direzioni sviluppare la tua idea”.

L’idea di Aurora ha il nome di Animenta: “Un’organizzazione no-profit che si occupa di raccontare, informare e sensibilizzare sui disturbi del comportamento alimentare”. Abbiamo avuto l’occasione di intervistarla e la prima cosa che le abbiamo chiesto è stata di descrivere il progetto in tre parole. “Storie, speranza e community. Storie perché Animenta è nata raccontando le storie di chi ha affrontato e sta affrontando disturbi del comportamento alimentare, ma non solo, anche di chi si trova vicino a queste persone, come famigliari e amici; le storie sono importanti perché permettono di decostruire i falsi miti legati alla malattia. Speranza perché quando leggi una storia molto simile alla tua, pur nella sua diversità, se ti racconta che si può guarire, purché il percorso possa essere lungo e tortuoso, capisci che c’è una speranza e ti senti meno solo; la speranza è fondamentale poiché in queste situazioni vedere anche solo una piccola luce non ti fa arrendere. Community, invece, in relazione a tutte le persone che fanno parte di Animenta: chi collabora, chi racconta la propria storia, chi mette a servizio la propria professionalità”.

Animenta a Napoli

Animenta nasce dall’esperienza personale di Aurora che, a 16 anni, si ammala di anoressia nervosa. Durante il lockdown del 2020, nonostante la storia fosse “chiusa in un cassetto pieno di lucchetti”, alcuni pensieri tornano a tormentarla ma anche a farla riflettere. Da qui nasce la volontà di “Dar voce a tutte le storie, a tutte le persone che stavano affrontando determinati pensieri e un rapporto complesso con il cibo e con l’immagine corporea”. Animenta è inizialmente un blog e una pagina Instagram mentre, in un secondo momento, si trasforma in un’organizzazione no-profit: “Quando abbiamo visto che dall’altra parte c’era il bisogno di una realtà come la nostra”.

L’azione di Animenta è diffusa su tutto il territorio nazionale e coinvolge anche numerosi istituti scolastici. Nello specifico, fino ad ora, sono stati raggiunti circa 3000 giovani tramite percorsi lunghi o con momenti puntuali come le assemblee di istituto. Perché tutto ciò è importante? “Entrare nelle scuole ci permette di lavorare sulla prevenzione. Prendere in tempo un disturbo del comportamento alimentare è fondamentale per avere un percorso di guarigione adeguato e tempestivo”. Inoltre, la presenza nelle scuole per Aurora è significativo anche da un punto di vista personale: “Mi sono ammalata durante gli anni del liceo ma in quel momento nessuno si accorse di ciò che mi stava succedendo, nessuno sapeva come starmi accanto”. Si tratta, dunque, di fornire strumenti alle classi ma non solo, anche agli insegnanti e ai genitori “poiché lo stigma sociale spesso viene dagli adulti, non dai coetanei che si mostrano invece molto consapevoli su queste tematiche. Per loro non è nulla di completamente nuovo, anche se è importante capire come riconoscere le situazioni”. I progetti nelle scuole non portano mai a trattare in maniera diretta i disturbi alimentari ma, con l’aiuto di vari esperti professionali, si approfondiscono tutte le tematiche ad essi correlate quali i social media, l’immagine corporea, l’educazione alimentare e il rapporto con i genitori e con gli altri in generale.

Sul sito Animenta.org sono proposti laboratori di cucina e anche una linea di pasta con etichette parlanti, ossia che mandano messaggi come Non contare le calorie, conta su di te. Aurora ci spiega questi elementi: “Quando ci si occupa di un disturbo alimentare si devono trattare in egual modo la parte psicologica e quella di riabilitazione nutrizionale. Sia i laboratori, sia i pacchi di pasta nascono per riscrivere il rapporto con il cibo e la cucina, la pasta è infatti sempre vista come un fear food, un cibo nemico e, quindi, cerchiamo di strappare un sorriso a riguardo non dando come prima informazione il valore nutrizionale, che comunque è presente per legge”.

Animenta a Biella

Per Aurora, inoltre, “È fondamentale lavorare a livello sistemico, quindi con associazioni, pazienti, famigliari, ma anche con società scientifica e istituzioni, in particolare per quanto riguarda il mantenimento di un dialogo aperto e di un confronto”. Toccato, infine, l’argomento dell’informazione e della comunicazione di queste tematiche: “Si sta parlando sempre di più di disturbi del comportamento alimentare ma è opportuno concentrarsi su come se ne parla, più che sul quanto. È importante chiamare le cose con il proprio nome e dare un’informazione corretta, se essa è sbagliata crea stereotipi”.