Consigli artistici per l’estate

“Hand me downs” di Mac Miller e “Your love keeps the gates safe” da ascoltare e vedere sotto l’ombrellone! 

Di Federica Zaffalon e Giulia Fiamengo, nucleo di Padova dell’Agenzia di Stampa Giovanile

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Mac Miller – Hand me downs (2020)

Un pezzo più intimo, da leggere nell’ora di un tramonto solitario sul mare sulle note di “Hands me down”, per lasciarci trasportare nel mondo interiore di Mac Miller, attraverso i suoi demoni fino a riconoscere i nostri. Poi ci immergiamo nelle narrazioni visive di Despotovic, che ci impone di non aggiogare il pensiero, di lasciarlo libero di creare le sue connessioni.

Non conoscevo per niente Mac Miller, se non per il gossip relativo alla sua storia con Ariana Grande e poi per la triste notizia della prematura morte per overdose a soli 26 anni nel 2018. Avevo letto buonissime recensioni in particolare del suo album Circles, pubblicato postumo nel 2020, e dopo averlo ascoltato posso dire che effettivamente è un peccato non averlo scoperto prima. E’ un album che ti sorprende per la sua delicatezza, ed è per questo molto diverso dai lavori precedenti. Da brani indiscutibilmente hip hop e rap, con questo disco passa a composizioni più pacate e con influenze rock, dove grande spazio è lasciato agli strumenti non digitali. 

Leggo che è un album incompiuto, ma io lo trovo perfetto. La voce di Mac ti spiazza per la sua sensibilità e ti apre le porte del suo mondo interiore e dei suoi demoni. Circles è un album da ascoltare più e più volte, perché ad ogni ascolto ti rivela delle sfumature e dei dettagli sempre nuovi.

Polistrumentista autodidatta, chissà quanti di quegli strumenti nell’album ha suonato da sé; anche se lo conosco ancora poco, mi viene facile immaginarlo nel suo studio circondato da strumenti di cui magari non conosce la teoria ma che padroneggia con l’istinto che solo i grandi artisti posseggono. E così infatti lo si vede nel video di Hands me down, una canzone d’amore nella quale tuttavia rimangono sullo sfondo i problemi legati alle dipendenze.

And all I ever needed was somebody with some reason who can keep me sane
Ever since I can remember I’ve been keeping it together but I’m feeling strange
Get away when it ain’t really safe and it don’t seem right
But what’s new? You get used to the bullshit, the screws they go missing
It’s likely they might be but…

La ragazza di Mac è la ragione che lo aiuta a rigare dritto, a tenersi sotto controllo. Vede la possibilità di creare un futuro insieme, una famiglia: un “hand-me-down” è un capo di abbigliamento passato da un genitore o un fratello ad un membro della famiglia più piccolo. 

You remind me Shit, I need to stay in line You damn well are a great design You, despite being an only child Say you need more of a family ‘round Let’s turn these jeans into hand me downs

Your love keeps the gates safe, di Nebojša Despotović

Dopo molta politica cercavo un’opera più introspettiva che desse voce alla stagione intimista dell’anno, quella che inizia con l’ora di un tramonto solitario sul mare. Il tramonto ha quello strano potere di essere carico di emozione eppure vuoto di pensiero, è pura emozione, pura impressione. E non c’è nulla di più intimo di un’impressione, veloce, leggera, potente, capace di evocare frammenti di pensiero senza schemi a comporre una narrazione meravigliosa lasciata in balia del flusso e reflusso delle onde. 

Di recente ho scoperto questo giovane artista ormai affermato, legato alla scuola veneziana dove ha frequentato l’accademia di belle arti, Nebojsa Despotović, e mi lascio trasportare dal flusso di coscienza delle sue narrazioni pittoriche, in cui inscena, in quella che sembra una complessa rappresentazione teatrale, frammenti di ricordi, di pensieri. In un evocazione del passato, il presente si ritrova e il pensiero si sublima nel colore, nelle forme indefinite della rappresentazione.

La narrazione joyceana si combina alla  tecnica del non finito, dal colore pieno si passa a parti che sembrano lasciate allo stato di bozza – il torace del corpo in primo piano, le gambe della bambina alla sua sinistra. È il tentativo di riprodurre in arte visiva la psiche. La narrazione di Despotovic, in cui amo ricercare la pennellata di Van Gogh, mi sembra un tentativo perfettamente riuscito di riprodurre il processo della mente, il pensiero del presente costantemente contaminato dal vissuto. La curva è espressione di fluidità, la mente viaggia oltre la fisicità spazio-temporale per ricreare una dimensione  tanto displasica quanto reale.  

Ho provato ad immergermi nella narrazione dei dipinti sulle corde della canzone riproposta da Federica sopra, ritrovando in Mac Miller il prefetto narratore esterno alla rappresentazione di Despotovic Your love keeps the gates safe. Un amore salvifico anche quello di Despotovic, che non può essere fissato in un momento statico, in una scena definita, l’artista può solo catturarne l’essenza in frammenti di momenti, di impressioni, appunto. A noi non resta che lasciarci trasportare dalla narrazione per coglierne qualche dettaglio e per imparare anche, imparare a non insistere nel cercare di incardinare il pensiero, a lasciarlo libero di creare le sue connessioni, a non temere le sue displasie. La coscienza ha una sua logica che la ragione può solo tentare di cogliere.

In questo flusso di immagini, dal sapore tutto bohemien, per colori, piani, opachi e per stile, una tecnica che vuole rompere le regole della tecnica, mi perdo in un suo altro dipinto che vorrei riproporre anche per il periodo dell’anno in cui ci troviamo e perché il tema mi sta a cuore più di altri – in qualche modo mi piace pensare che una certa affermazione di parte la si ritrovi anche in Despotovic – la rappresentazione è Boys will be boys che, a mio avviso, non ha bisogno di commenti ma di pura empatia.