Alex Carlin: un rocker ambientalista

“Le canzoni possono avere un impatto sulla politica. Lo stato d’animo è così importante quando fai parte di un movimento. Le persone devono essere felici, avere spirito ed energia.” Cosa succede quando musica, arte e ambientalismo si mescolano insieme? Probabilmente si creerà una persona unica come Alex Carlin.

di Roberta Pisani e Marta Benigni, articoliste dell’Agenzia di Stampa Giovanile


Una mattina, mentre stavamo lavorando ai nostri articoli al computer center della Conferenza ONU sul Clima (COP24) di Katowice in Polonia, un uomo ha attirato la nostra attenzione: sembrava completamente diverso dalle persone che, di solito, partecipano alla conferenza. Alto, lunghi capelli grigi, una chitarra sulla spalla e una camminata sicura.
Più tardi quello stesso giorno abbiamo scoperto che si trattava di Alex Carlin, un chitarrista e cantautore americano. Curiosi di saperne di più sulla sua storia, abbiamo fatto una chiacchierata con lui, e abbiamo potuto apprezzare molti aneddoti sulla sua vita avventurosa, sulla sua visione attiva della musica e di come il potere dei social media possa sensibilizzare un numero sempre maggiore di persone sugli impatti dei cambiamenti climatici.


Per rompere il ghiaccio, il rocker ha iniziato a parlarci dei suoi primi anni di vita e di come ha sviluppato il suo interesse per la musica. Nato a Chicago, dove ha vissuto durante la sua prima infanzia, ha iniziato a suonare il piano a cinque anni, nel 1962, usando un metodo innovativo: consisteva nell’applicare adesivi con il nome delle note musicali sulle dita che dovevano essere usate per suonarle.
In quegli anni gli Stati Uniti “bruciavano di sperimentazione e creatività”, racconta Alex. Musica, politica, questioni di genere, guerra del Vietnam: tutto era materia di discussione e di dibattito tra i giovani americani. “Ma a quel tempo era molto di più che essere arrabbiati, perché c’erano persone che insegnavano. C’erano ex soldati del Vietnam che dicevano alla gente cosa stava realmente accadendo là e che non avrebbero dovuto sostenere questo genere di cose. È stata una grande lezione di vita: si può amare totalmente il proprio paese, ma questo non significa che non puoi opporti a ciò che i governi fanno o alla loro politica.” Poi la guerra finì e tutti percepirono dentro di sé un chiaro: “Oh, abbiamo finito la guerra! Questa è una dimostrazione che le persone possono effettivamente fermare le cose”.
Successivamente Alex si è trasferito con la sua famiglia, prima a New York e poi a Berkeley, dove ha fondato la sua prima rock band nel 1966, i “Constipated Orange”, un nome bizzarro di cui ora ride, ma che era in linea con lo spirito psichedelico di quel tempo.
Da quel momento la musica è sempre stata una presenza costante nella sua vita, rappresentando al contempo un potente strumento utile per diffondere una maggior attenzione e consapevolezza a proposito di questioni politiche controverse. A riguardo, “Imagine” di John Lennon esemplifica perfettamente come un brano, apparentemente semplice e coinvolgente, possa ancora oggi suscitare un profondo messaggio politico e un forte incoraggiamento a contrastare gli orrori e l’ipocrisia del mondo contemporaneo.
Il musicista ci ha poi invitati a notare come quante canzoni, tra le quali anche alcuni testi di Ozzy Osbourne dietro la loro superficie “dark” e il tema musicale punk, contengono provocazioni politiche significative. Erano rappresentazioni orribili della guerra del Vietnam e appelli per la sua fine. Alex ha, in seguito, suonato in diversi gruppi musicali, come i “The Rubinoos”, i “Psycotic Pineapples” e, infine, nella “Alex Carlin Band”. Ora Alex vive da sei anni in Russia, girando per il paese in tournée, concerti e spettacoli televisivi. Sorprendentemente, afferma che in questo paese può trovare la libertà di espressione, il riconoscimento come musicista e l’ospitalità che non ha mai trovato negli Stati Uniti. Nel 2009, è entrato nel Guinness World Records come il musicista che ha suonato il più lungo assolo della storia, 32 ore di canzoni rock a Radomsko, in Polonia.


Ma venendo alla ragione principale della nostra curiosità, Alex è qui alla COP24 come parte della stampa, lavorando come blogger per il Centro di Media e Democrazia. Il musicista è stato coinvolto a riportare lo stato dei negoziati sul clima a partire dalla COP15 di Copenaghen, dopo averne scoperto l’esistenza durante una tournée nel Nord Europa assieme alla sua ragazza.
Nel tempo è diventato sempre più desideroso di contribuire a sensibilizzare e informare i giovani sui pericoli degli shock ambientali e sulla necessità di agire il prima possibile. Con la volontà di portare avanti questa sua causa, ha parlato di fronte a migliaia di adolescenti riuniti alla COY14 (Conferenza Internazionale dei giovani sul Clima) tenutasi qui a Katowice nei giorni precedenti la ​​COP24. Carlin ha sottolineato, in particolare, la necessità di preservare e prenderci cura dei nostri oceani, il nostro “Pianeta blu”, una parte del nostro ecosistema che spesso viene trascurata nelle discussioni sull’ambiente.
In effetti, gli oceani sono importanti perché costituiscono, insieme alle enormi foreste pluviali come l’Amazzonia, il polmone che purifica l’aria che respiriamo costantemente per sopravvivere.”Studia gli oceani! Ovviamente è fondamentale studiare il terreno, ma è necessario occuparsi anche degli oceani. Perché pensare solo al terreno non è abbastanza. […] Quando gli oceani sono in salute, liberano molecole di ossigeno in modo naturale. Gli oceani possono fare il lavoro di 20 foreste amazzoniche messe assieme. E gli oceani sono più facili da gestire e richiedono un dispendio minore di risorse.”


Alla fine della nostra chiacchierata, Alex ha sentito la necessità di parlarci delle MAC (Monthly Actions for Climate – Azioni Mensili per il Clima). “Hai mai avuto l’impressione di non contare abbastanza o ti sei mai sentito frustrato per non star facendo abbastanza per questo mondo?”, ci chiede. “Le MCA possono costituire delle valide proposte per agire concretamente. Ogni mese vengono fissati alcuni obiettivi pratici per aiutare il Pianeta e poi vengono condivisi su Facebook o su qualsiasi altro social media, al fine di diffondere la consapevolezza sul cambiamento climatico tra i nostri contatti”, spiega.
Secondo lui, questo è un modo con il quale possiamo avere un impatto sulla politica mondiale e fare sentire la nostra voce sulle questioni ambientali. Mettendoci in gioco concretamente, possiamo infatti mostrare quanto può essere grande il nostro impatto. La cosa importante è stare insieme e sostenerci a vicenda. “Vogliamo avere un futuro. Ma non questo ridicolo futuro. Abbiamo bisogno che la gente dica: questo è quello che vogliamo!”