Quanto sei vergine?

Non sono mai stata timida riguardo alla mia sessualità, né quando ero vergine né quando non lo ero più. La reputo qualcosa di biologico, naturale, una parte di me come persona, che naturalmente suscitava un senso di curiosità.

di Chiara Migliari articolista dell’Agenzia di Stampa Giovanile

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Come potrei non esserlo? Dopotutto, è ovunque. Vediamo la sessualità femminile rappresentata su riviste, tv, pubblicità, prodotti e libri. Lodate e misurate sulla base del nostro aspetto e sullo stato delle nostre relazioni intime, siamo viste come oggetti sessuali fin dalla giovane età. Ma in quanto donne, ci viene costantemente ricordato che la nostra sessualità non è la nostra. Le nostre foto in topless possono essere trovate e acquistate in qualsiasi edicola, ma sarebbe illegale per noi stare accanto a quell’edicola allo stesso modo.

Una società si basa sulle sue norme, valori, lingua, leggi ed educazione. Ma quando parliamo di educazione sessuale femminile, siamo fermi ad un livello di medicina medievale, a partire dal concetto di verginità. Un argomento dileguato con imbarazzo, centrato sull’idea etero-normativa del rapporto sessuale e con un vago accenno alle parole “imene”, “sangue” e “dolore”, che lasciano le ragazze a credere che il sesso sia un’esperienza dolorosa e che cambia la vita in base alla rottura di qualcosa che potrebbe direttamente non esserci e che certamente non dovrebbe essere rotto! Durante il suo discorso per il TEDWomen 2016 Talk, autrice di New York best seller, Peggy Orenstein, riporta che “nello studio più ampio mai condotto sul comportamento sessuale americano, le donne riferiscono di aver provato dolore durante il rapporto il 30% delle volte. Usano anche parole come ‘deprimente’, ’umiliante’, ‘degradante’“. Divertente eh? Ma, sapere che nello stesso sondaggio i ragazzi non usano mai quel tipo di linguaggio, sono sicura vi farà sentire meglio, loro sicuramente si sentono così.

Il danno di queste idee va ben oltre il modo in cui vediamo il sesso e le donne, arrivando a problemi di salute e sicurezza. La pratica del ‘test di verginità’ è ancora estremamente comune, nonostante l’Organizzazione Mondiale della Sanità lo ritenga una pratica dolorosa, traumatica e una forma violenza contro le donne. Utilizzato storicamente nelle società patriarcali in cui le donne sono considerate proprietà, preziose solo quanto la misurazione della loro percepita purezza. Queste procedure invasive non hanno alcuna base scientifica o accuratezza, ma piuttosto si basano sull’idea che la sessualità e il corpo della donna siano uno strumento pubblico da utilizzare contro le proprie proprietarie biologiche.