“No soldiers, no war”
Intervista a Olga Karach, attivista, giornalista e politica bielorussa.
di Anna Rossi e Elena Rosetti
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Olga Karach è direttrice dell’organizzazione “Our House”, fondata nel dicembre 2002 come giornale autoprodotto a Vitebsk. Licenziata per attivismo politico, nel 2014, Our House è stata registrata in Lituania come organizzazione con il nome di “Centro internazionale per le iniziative civili”, e ora tale organizzazione è candidata al Premio Nobel per la pace del 2024. A seguito della guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina, si occupa di monitorare le violazioni dei diritti umani in collaborazione con altre organizzazioni. Tra queste violazioni assume un peso sempre maggiore quella del diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare, aggravata da programmi di militarizzazione di giovani minorenni.
Com’è l’attuale situazione in Bielorussia?
Oggi in Bielorussia vige un vero regime del terrore, non abbiamo un Parlamento indipendente, né una pubblica accusa indipendente, né media indipendenti, né sindacati indipendenti, nulla di indipendente. Alexander Lukashenko, il nostro dittatore, sceglie personalmente ogni giudice, ogni dirigente dell’amministrazione locale, ogni capo dei media, etc. etc. Ormai viviamo sotto una forte repressione che comprende non solo la reclusione. Tuttavia, ad oggi i numeri parlano di 1.500 prigionieri politici di cui 10 bambini. Purtroppo, questi numeri non sono esatti, in realtà il conto è molto più alto, ma non è facile avere dati certi perché l’accesso ai prigionieri è estremamente limitato. Non abbiamo avvocati indipendenti e spesso gli avvocati, anche quelli statali, devono ottenere una licenza speciale per proteggere i prigionieri politici.
Come già detto, la repressione non è solo di tipo politico, ma anche di genere. Lo Stato reprime diversamente uomini e donne: per un uomo è molto più facile diventare vittima di violenza fisica e finire in prigione. Per le donne la repressione è diversa, il regime bielorusso toglie i bambini dalle famiglie delle donne che difendono i diritti umani, ad esempio, dopo le proteste del 2020 si sono registrati più di 1.200 casi di minaccia a genitori che avevano partecipato. La repressione sulle donne può anche assumere la forma di forte pressione economica, molto spesso infatti queste perdono il lavoro e non riescono a trovarne un altro perché sono ormai segnate da un “cartellina giallo” per la loro attività politica. Inoltre, quando una persona riesce a scappare, il regime prende ostaggi, e spesso si tratta delle madri dei giovani, così da poter minacciare i fuggiaschi intimando di “tornare e prendere il posto della madre in carcere o lasciarla in quella situazione”.
Lei ha insegnato al liceo di Vitebsk, come il rapporto con i giovani ha influenzato il suo desiderio di combattere per il diritto all’obiezioni di coscienza al servizio militare?
Ad oggi abbiamo grossi problemi con il reclutamento militare: nelle scuole ci sono speciali lezioni militari dove i ragazzi devono imparare come utilizzare un kalashnikov, vari armi, come sparare, ecc.. A partire dai 15 anni ogni ragazzo deve presentarsi al commissariato militare e sottoporsi ai controlli di una speciale commissione militare che valuta se possiedono la salute necessaria per l’esercito. In seguito, appena compiuti i 18 anni, i ragazzi devono arruolarsi nell’esercito ed evitarlo non è facile. Se si parla di obiettori di coscienza per la partecipazione all’esercito, questa è una responsabilità penale. Tanti giovani ora cercano di fuggire dal paese, ma sfortunatamente non ricevono alcuno status legale nei paesi europei; inoltre, se arrivano in Russia vengono rimpatriati e mandati in prigione.
Le statistiche per il 2022 parlano di 400 procedimenti penali contro obiettori di coscienza che cercano di evitare la partecipazione all’esercito, e, per ora, la polizia miliziana bielorussa ha denunciato circa 5.000 giovani ricercati per aver tentato di evitare la leva.
Il rischio della partecipazione dell’esercito bielorusso nella guerra Russo-Ucraina è reale più che mai. Infatti, dall’inizio della guerra, Lukashenko ha iniziato la militarizzazione dei bambini e, nell’estate 2022, circa 18 mila bambini bielorussi (dai 6 anni in su) hanno partecipato per 9 giorni a campi militari specializzati su base di unità militari sotto il controllo del ministero della difesa; tra questi bambini, il ministero ne ha selezionati 2000 per ricevere una preparazione particolare e diventare soldati speciali. Questi stessi problemi interessano anche i bambini ucraini deportati dall’Ucraina in Bielorussia.
Abbiamo bisogno di corridoi umanitari per gli obiettori di coscienza provenienti dalla Bielorussia e dalla Russia. La mia formula è molto chiara: come possono Putin e Lukashenko continuare la guerra se non hanno soldati? Gli uomini che non vogliono partecipare alla guerra non hanno scelta perché non hanno un posto sicuro che gli dia uno status legale.
Cosa potrebbe fare l’Italia per aiutare? E l’Unione Europea?
Per aiutare la situazione, l’Italia dovrebbe portare la discussione a livello europeo e facilitare la discussione riguardante i corridoi umanitari con i paesi vicini alla Bielorussia. Per fermare la partecipazione della Bielorussia alla guerra sarebbe sufficiente organizzare corridoi umanitari per circa 10 mila persone (se si pensa che la Polonia ha già accettato 5 milioni di Ucraini, non è molto a confronto).
Ultimamente lei ha affrontato molte difficoltà: si trova di fatto in esilio in Lituania, con la richiesta d’asilo rifiutata e una malattia difficile da gestire. Cosa la spinge a continuare nonostante tutto questo?
A volte non ho potere e sono emotivamente esausta, come se tutto questo fosse troppo per me. Ma poi capisco di non avere scelta, troppe persone hanno bisogno del mio e vostro aiuto per essere protette. So che la situazione potrà solo peggiorare se dovessi fermarmi, questo è ciò che mi dà la forza di continuare.
La partecipazione della Bielorussia alla guerra tra Russia e Ucraina sarà disastrosa per i tre paesi coinvolti perché implicherebbe un’escalation del conflitto non solo per noi ma per l’intera regione. A volte sono furiosa perché le persone parlano solo di armi e non di modi alternativi per migliorare la situazione ed avere un vero impatto.
Credo veramente che sia molto importante parlare con la società civile sia russa che bielorussa perché sono entrambi estremamente influenzati dalla propaganda; ad esempio, in Bielorussia tutti i media “indipendenti” vengono dichiarati estremisti e le persone vengono imprigionate semplicemente per guardare tiktok o instagram; ormai le persone hanno paura di seguire i media indipendenti, ma avere come unica fonte di informazioni il canale statale ha enormi effetti sulla popolazione. Le persone stanno iniziando a ripetere gli slogan propagandistici. Fortunatamente la vicinanza geografica all’Europa aiuta la Bielorussia, ma per questi motivi l’impatto della propaganda è ancora più forte in Russia. La propaganda è utilizzata più pesantemente sulle regioni isolate ed economicamente depresse dove i giovani russi pensano alla guerra come ad un videogioco o piuttosto come ad un’opportunità per ottenere benefici sociali in cambio dell’uso della violenza. Guerra, società e giustizia sono terribilmente interconnesse e questo renderebbe ancora più lunghi e distruttivi gli effetti di un conflitto.
Lei è un’attivista e un’importante giornalista nell’ambito dei diritti umani, da dove nasce questa sua passione per il giornalismo e per la difesa dei diritti umani? È stato il suo percorso accademico o le esperienze della sua vita a farle scegliere questa direzione?
Ho iniziato ad essere attiva quando avevo 17 anni, eravamo studenti e abbiamo creato un club culturale di letteratura e musica. Non si trattava di un’attività politica, perché chi si interessa di politica a 17 anni? Praticamente nessuno direi. Abbiamo cominciato ad essere attivi perché intuivamo che qualcosa non andava attorno a noi. Sentivamo il nostro diritto d’espressione restringersi anche per quanto riguardava le attività culturali, per esempio volevamo organizzare una gara di poesia, ma sfortunatamente l’aula delle conferenze era sempre chiusa. Anche questo tipo di attività indipendenti per studenti erano molto pericolose per il governo, quindi hanno cominciato a farci pressione e noi abbiamo dovuto proteggerci. Abbiamo cominciato a essere più attivi politicamente e in particolare ci siamo concentrati nell’ambito dei diritti umani.
Non è stata una scelta facile, ma al contrario, per me decidere di iniziare a fare attivismo politico è stato il frutto di una riflessione molto seria. Nello stesso periodo, ovvero nel 1994, in Bielorussia ci sono state le prime e ultime elezioni libere in almeno 100 anni, in cui le persone hanno potuto scegliere e hanno eletto Lukashenko. A me fu fin da subito molto chiaro che c’era qualcosa di sbagliato in lui, soprattutto dal modo in cui comunicava con le persone e dalle idee che promulgava. La dittatura non fu costruita immediatamente, quando Lukashenko ha cominciato a costruire la dittatura la società non reagì: non reagì quando i giornali più importanti dello Stato stamparono pagine bianche per far notare la grande censura esercitata dal regime bielorusso; non reagì davanti a nulla, nemmeno di fronte alla pena di morte, che è ancora presente. Io stessa rischio la pena di morte in Bielorussia.
Quando Lukashenko ricevette il potere cominciò a uccidere le persone senza alcuna decisione della Corte, a partire dalle persone ai margini della società: fece uccidere i capi della mafia e i banditi e ovviamente la società lo supportò dicendo che si trattava di cattive persone, quindi, era un bene che fossero uccise. Poi fu il turno dei leader politici, dei giornalisti, ma la società non reagì neanche questa volta, sostenendo che ciò era inerente al suo dovere, che si trattava dell’ordinario gioco politico. Poi cominciò a uccidere le persone normali. Attualmente sono circa 500 le persone uccise per una decisione della Corte, dato che i crimini punibili con la pena di morte sono stati aumentati (dal febbraio 2023 anche la diserzione è punita con la pena di morte).
A mio parere è molto interessante come le persone reagiscono e come percepiscono i confini personali. Ad oggi, il regime bielorusso cerca sempre di più di inserirsi nei tuoi confini personali fino a “occuparsi di te”, della tua salute, dei tuoi bambini e del tuo partner. La società accetta questo tipo di controllo da molti anni e non reagisce. Abbiamo per esempio una lista di professioni proibite per le donne (ad oggi 186), ma ciò viene interpretato come una forma di protezione per le donne bielorusse. È interessante come le persone vedano il controllo e la disciplina come forme di protezione, il regime non permette di essere responsabili per sé stessi, così come durante il periodo sovietico: non puoi scegliere la tua scuola, non puoi neanche scegliere dove sederti, è la maestra a deciderlo. Il popolo da queste piccole cose si abitua a vivere sotto questo tipo di controllo nel quale nessuno chiede la tua opinione.
Vale lo stesso per la violenza domestica. Nel mio paese non abbiamo alcuna forma di protezione per le donne vittime di violenza. Di solito le donne, anche se sono vittime, non chiamano la polizia per ricevere aiuto, perché se la polizia arrivasse non farebbe altro che portare via i bambini ma la donna sarebbe comunque costretta a restare con suo marito; inoltre, se i figli vengono rimossi dalla famiglia si è obbligati a pagare delle tasse molto alte. I bambini possono essere rimossi dalle famiglie in base a numerosi criteri: possono essere rimossi da famiglie vegane o vegetariane, o da famiglie molto religiose o in cui i genitori sono da tempo disoccupati.
Sfortunatamente si registrano numerosi casi di suicidio di donne, soprattutto nei casi in cui i bambini vengono rimossi dalla famiglia. A volte purtroppo capita anche che le madri uccidono i propri figli, specialmente se si tratta di donne cresciute negli istituti dello stato e che non vogliono che i loro figli crescano lì a loro volta.
Quando la dittatura stava iniziando sarebbe stato più facile cambiare le cose, ma ora Lukashenko ha troppo potere, specialmente in ambito militare. In Bielorussia abbiamo ovunque un sistema di videosorveglianza attivo h24, la cui base di comando è controllata dalla KGB (agenzia per la sicurezza dello Stato della Repubblica Bielorussia, è l’agenzia d’intelligence nazionale). Tali telecamere si trovano anche all’entrata delle case private e riescono a riconoscere gli individui molto velocemente quindi è molto difficile organizzare anche piccole forme di protesta perché anche mascherandosi le telecamere riescono a risalire all’identità dagli occhi o da piccoli dettagli.