COP28: Si parte con l’annuncio di un accordo sul Fondo per le “Perdite e i Danni” 

Il fondo dedicato all’assistenza ai paesi più poveri e vulnerabili del mondo, colpiti dai disastri climatici, è stata la prima decisione ad essere concordata all’apertura della Conferenza delle Nazioni Unite sul Clima a Dubai. Tuttavia, gli annunci da soli non sono sufficienti.

Di Paulo Lima

La “notizia” che ha dominato l’apertura dei lavori della COP28, la Conferenza delle Nazioni Unite sul Clima in corso a Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre, riguarda l’adozione della decisione per rendere operativo il Fondo per le Perdite e i Danni. I dettagli di questo nuovo fondo, dedicato ai paesi più poveri e vulnerabili per affrontare gli impatti irreversibili della crisi climatica, sono stati annunciati durante la prima giornata dei negoziati. “Oggi abbiamo fatto la storia”, ha dichiarato Sultan Al Jaber, presidente della COP28, rivolgendosi ai delegati che hanno applaudito in piedi dopo l’adozione della decisione a Dubai. Partecipano alla Conferenza 97.000 delegati e 150 leader mondiali rappresentando 198 Parti (197 nazioni più l’Unione europea).

Il fondo mira a fronteggiare i crescenti costi derivanti da condizioni climatiche estreme e disastri come alluvioni, siccità, l’innalzamento del livello del mare, l’acidificazione degli oceani, il disgelo dei ghiacciai, come riportato dal The Guardian.

L’annuncio è stato seguito immediatamente da promesse finanziarie, tra cui 225 milioni di euro dall’Unione Europea, di cui 100 milioni di dollari dalla sola Germania, 100 milioni di dollari dagli Emirati Arabi Uniti, 40 milioni di euro dalla Gran Bretagna, 17,5 milioni di dollari dagli Stati Uniti e 10 milioni di dollari dal Giappone. Nonostante ciò, la sostenibilità finanziaria a lungo termine del fondo è messa in discussione dai sostenitori della giustizia climatica poiché la decisione non fa riferimenti a target o cicli di rifinanziamento. Queste promesse sono distanti dai 100 miliardi di dollari all’anno richiesti dai paesi più colpiti.

Svenja Schulze, ministra dello sviluppo della Germania, ha affermato: “Stiamo costruendo ponti tra paesi donatori tradizionali e nuovi donatori non tradizionali. Molti paesi, ancora in via di sviluppo 30 anni fa, possono ora permettersi di assumersi la propria parte di responsabilità per le perdite e i danni climatici globali”.

Gli Emirati Arabi Uniti, ospitanti della conferenza, vedranno probabilmente questo annuncio come una prima importante vittoria, ma la controversia sui piani di espansione di petrolio e gas del paese continua a far discutere. Come ormai noto, Sultan Al Jaber è presidente sia di COP28 che di Adnoc, la compagnia petrolifera nazionale degli Emirati Arabi Uniti, che vantava un utile netto di 802 milioni di dollari l’anno scorso, con un aumento del 33% rispetto al 2021.

Un accordo “storico” per Climate Action Network (CAN), la più grande rete al mondo di ong (oltre 1.900 in più di 130 paesi) anche se “l’attenzione – è stato spiegato – deve ora concentrarsi sulla causa principale della crisi climatica, con un piano per eliminare gradualmente i combustibili fossili”.

Natalie Unterstell, presidenta dell’Istituto Brasiliano Talanoa, ha sottolineato “l’urgente necessità di finanziamenti reali, nuovi e sotto forma di donazioni, non prestiti che aggravino l’indebitamento dei paesi più vulnerabili”. Bisogna anche dire che le perdite e i danni causati dai cambiamenti climatici hanno ammontato a circa 1,5 trilioni di dollari (1.500 miliardi di dollari) nel 2022, secondo uno studio pubblicato questa settimana dal dottor James Rising presso l’Università del Delaware. I paesi del Sud del Mondo hanno registrato una perdita media del 8,3% del loro PIL a causa degli impatti dei cambiamenti climatici.

Madeleine Diouf Sarr, presidente del Gruppo dei 46 Paesi Meno Sviluppati, ha dichiarato che, sebbene il progresso nella creazione del fondo sia significativo, un fondo vuoto non può aiutare le popolazioni colpite. Secondo l’economista indiana e direttrice del World Resources Institute India Ulka Kelkar, i paesi sviluppati devono impegnarsi a fornire nuovi e ulteriori fondi al Fondo per le Perdite e i Danni in modo che il supporto possa essere fornito ai paesi e alle comunità dove è più urgentemente necessario. ”Questo sostegno dovrebbe assumere la forma di sovvenzioni piuttosto che prestiti, che rischiano di indebitare ulteriormente queste economie. Deve andare oltre alle disposizioni di assicurazione commerciale, che possono fallire di fronte a disastri ricorrenti e diffusi. C’è molta esperienza da precedenti sforzi per creare fondi climatici internazionali, e dovremmo evitare insidie e assicurarci che il Fondo per le Perdite e i Danni sia operativo il prima possibile”.

Per l’ex presidenta del Malawi Joyce Banda, l’istituzione del Fondo per le Perdite e i Danni rappresenta una grande vittoria per i paesi vulnerabili, specialmente quelli in Africa che hanno contribuito poco alla crisi climatica. “È un passo nella giusta direzione per paesi come il Malawi, che ha subito perdite estreme a causa dei cicloni che hanno causato la morte di oltre 500 persone e costretto mezzo milione di altre a lasciare le proprie case solo quest’anno. Accogliamo con favore gli impegni dei paesi ricchi, ma abbiamo bisogno di indicazioni chiare su come le comunità più vulnerabili possano beneficiare di questo fondo, che non deve neanche obbligare i paesi a contrarre ulteriori debiti. È giunto il momento che gli impegni vengano attuati. Abbiamo bisogno di azioni e meno dichiarazioni d’intenti”.

Occorrono più fondi e trasparenza

Il progetto per il nuovo accordo prevede un fondo sotto l’egida iniziale della Banca Mondiale, finanziato dalle nazioni industrializzate, dalle economie emergenti e dai paesi produttori di combustibili fossili. La scelta della Banca Mondiale come ospite provvisorio solleva preoccupazioni tra i rappresentanti delle organizzazioni e dei movimenti climatici dei paesi in via di sviluppo, che chiedono la garanzia di maggiore trasparenza nell’accesso ai fondi per le comunità vulnerabili.

La COP28 rappresenta un momento cruciale per la crescita del fondo. I governi dovranno decidere se stabilire obiettivi chiari di azione, accompagnati da finanziamenti adeguati. Tuttavia, alcune nazioni, tra cui UE, USA e Australia, sono riluttanti a impegnarsi su obiettivi specifici, temendo un aumento delle risorse richieste.

Sebbene il testo sulle perdite e sui danni sia stato adottato dal primo giorno, tecnicamente tutti i testi non saranno ancora definitivi finché non si arriverà al termine della conferenza, prevista per il 12 dicembre.

Ora la palla passa al delicato tema degli impegni di mitigazione. Gran parte dei prossimi 10 giorni saranno dedicati infatti ai colloqui su come evitare che il riscaldamento globale superi il limite vitale di 1,5°C sopra i livelli preindustriali, dopo l’anno più caldo che l’umanità abbia mai vissuto.