COP28: I trentini tra gli attivisti del clima

All’inizio della seconda settimana di COP28 si è tenuta la marcia sul clima e cominciano a circolare le prime bozze di alcuni documenti finali.

di Sofia Farina (articolo e foto)

Durante la seconda settimana di COP le trattative devono procedere a ritmo sostenuto: la fine si avvicina, gli argomenti da trattare sono tanti, così come le decisioni da prendere da parte dei negoziatori. Mentre procedono i lavori sul global stocktake, il bilancio di ciò che è stato fatto e di cosa si dovrà fare per contrastare, globalmente, la crisi climatica, sabato è stata presa una decisione importante: dove verrà svolta la prossima conferenza delle parti.

La COP29 sarà in Azerbaijan

Quella che sembrava l’opzione più probabile, è stata infatti confermata: l’anno prossimo, i delegati e le delegate di tutto il mondo si riuniranno a Baku, in Azerbaigian. Per capire come interpretare questo fatto, è bene sapere che l’Azerbaigian ricava due terzi delle sue entrate dal petrolio e dal gas, una delle percentuali più alte di qualsiasi altro Paese al mondo, e anche più alta del paese ospitante attuale. Non stupirà allora sapere che questa notizia non è stata ben accolta dal mondo dell’ambientalismo, e non solo.

Una protesta controllata

La giornata di sabato è stata anche quella della marcia per il clima, un elemento immancabile, negli ultimi anni, durante le settimane di trattative tra le parti. Centinaia di delegati hanno marciato per chiedere una giustizia climatica equa e per chiedere un cessate il fuoco immediato a Gaza. E noi, come delegazione trentina, ci siamo uniti a loro, uscendone con emozioni contrastanti.

La protesta è stata colorata, densa di elementi presi in prestito da diverse culture, dai tamburi alle cerimonie del fumo, alle danze, e ha visto tra i suoi partecipanti anche indigeni dell’Amazzonia brasiliana e degli altopiani del Guatemala, leader dei contadini del Pakistan e attivisti camerunensi. 

“Sono qui oggi per stare insieme a tutte le persone della società civile che lottano per le nostre vite, per il nostro pianeta, ogni singolo giorno. Siamo qui insieme per far capire a tutti coloro che non sono qui alla Cop che dobbiamo fare qualcosa subito. Non abbiamo più tempo”, ha detto Isvilaine da Silva Conceição, una delle organizzatrici del corteo.

A differenza di marce precedenti, come quella di Glasgow, passata alla storia con una partecipazione di più di 150mila persone che si sono riversate nelle strade della città, questa – così come quella dell’anno scorso, in Egitto – si è svolta interamente entro i confini della COP28, all’interno dell’area expo. Infatti, una protesta al di fuori del terreno internazionale della COP non è stata autorizzata dal governo emiratino, poco tollerante di queste pratiche. Basti pensare che questa è stata prima protesta pubblica che si svolge negli Emirati Arabi Uniti da oltre un decennio.

La delegazione trentina durante la marcia per il clima della COP28

Cessate il fuoco a Gaza

Il tema della giustizia climatica è stato intrecciato a quello del cessate il fuoco durante tutta la protesta, nei canti e nei cartelloni, nelle grida e nelle bandiere, e nella luce gialla che precede il tramontare del sole, tutti i manifestanti hanno svolto un minuto di silenzio in onore delle migliaia di civili palestinesi uccisi negli ultimi due mesi – tra cui 70 giornalisti e molte delle loro famiglie – che si è concluso con l’appello a “porre fine all’occupazione” e a “nessuno è libero finché la Palestina non è libera”.

Stop ai fossili: sì, ma quando?

Nel frattempo, i ministri dell’Ambiente di tutto il mondo hanno continuato le complesse discussioni sul testo del documento relativo al global stocktake e in particolare sulla formulazione dei paragrafi sul futuro dei combustibili fossili e del nostro utilizzo di essi che avrà importanti implicazioni per il futuro dell’umanità. Infatti, dopo il successo iniziale sul fondo per le perdite e i danni, l’attenzione si concentra su quanto duramente e quanto velocemente i governi del mondo decideranno di eliminare i combustibili fossili per limitare il riscaldamento globale, tra le richieste degli attivisti, scienziati, leader e rappresentanti di popoli indigeni di un phase out immediato, e quelle dei paesi in via di sviluppo e in situazioni di completa dipendenza delle proprie economie dai combustibili fossili che invece premono per rallentare questo processo e rilanciano sullo sviluppo delle tecnologie di cattura del carbonio e sulla differenziazione tra i vari stati. Questo aspetto definirà il successo del vertice, come riconoscono molti team negoziali, ma il percorso da seguire è incerto.

Soluzioni basate sulla natura

Le domande sono ancora tante e i negoziatori dovranno trovare delle risposte adeguate nei prossimi giorni. Sempre rimanendo in tema di come costruire un futuro diverso, in termini di mitigazione e adattamento, sabato si è parlato molto di nature based solutions, soluzioni basate sulla natura, proprio perchè sabato è stata la giornata dedicata agli oceani, l’uso del suolo e la natura stessa. Le soluzioni basate sulla natura sfruttano la natura e il potere degli ecosistemi sani per proteggere le persone, ottimizzare le infrastrutture e salvaguardare un futuro stabile per l’umanità e per il pianeta. Quanto riusciremo davvero ad imparare dagli esempi virtuosi presentati nelle sale della conferenza, rimane però un’incognita. 

Articolo pubblicato su Il T quotidiano del 10 dicembre 2023.