COP28: Come il clima influenza la salute mentale

Un evento collaterale della COP28 parla dei rischi climatici per la salute mentale e il benessere psico-sociale, e di come valorizzare le opportunità che sostengono e responsabilizzano le popolazioni colpite.

di Lavinia Laiti

Nell’ambito della prima Conferenza ONU sul Clima (COP28) ad includere una giornata di lavori dedicata al tema della salute umana, non poteva mancare una doverosa attenzione al nesso tra cambiamenti climatici e salute mentale. Il cambiamento climatico si traduce sia in eventi estremi catastrofici, quali uragani, inondazioni e incendi, che causano la perdita di vite umane e beni materiali, ma anche in minacce più lente, come le alterazioni degli ecosistemi naturali, l’insicurezza alimentare e idrica e la perdita di aspetti culturali. 

Tutto ciò sta avendo un impatto negativo misurabile anche sulla salute mentale e sul benessere psico-sociale, aggravando molti fattori di rischio. L’Istituto Universitario di Studi Comparati sull’Integrazione Regionale delle Nazioni Unite (UNU-CRIS) ha promosso nella giornata del 4 dicembre 2023 un evento collaterale alla COP28 di Dubai dal titolo “Cambiamento climatico e salute mentale: Comprendere i rischi e valorizzare le opportunità”. Numerosi interventi hanno dato spazio a spunti di riflessione per migliorare la comprensione delle interconnessioni tra cambiamenti climatici e salute mentale e per riconoscere i rischi e le opportunità di adattamento per le popolazioni colpite, dal punto di vista delle politiche, delle pratiche pro-ambientali, dei contesti geografici e culturali e dell’intersezione tra genere, età e status socio-economico. Una particolare attenzione è stata rivolta dai relatori all’integrazione di conoscenze moderne e tradizionali e alla responsabilizzazione delle comunità colpite.

Esperienze di iniziative comunitarie dal Sud del Mondo

La sessione, moderata dalla dott.ssa Nidhi Nagabhatla (UNU-CRIS), è iniziata con alcuni esempi di interessanti iniziative internazionali che coniugano il contrasto agli effetti negativi sulla salute mentale con azioni comunitarie di adattamento che puntano a creare maggior resilienza e opportunità.

Tra tutti, colpisce in modo particolare il progetto “Tiger widows as fish farming entrepreneurs” della Green Hope Foundation (associazione no-profit registrata in Canada che opera in 28 Paesi nel mondo), implementato nelle Sundarbans, la più grande foresta di mangrovie del mondo al confine tra Bangladesh e India. Qui le “vedove delle tigri”, donne che hanno perso i mariti a causa degli attacchi delle tigri e si ritrovano in condizioni di enorme difficoltà, vengono aiutate a diventare imprenditrici nel campo dell’allevamento ittico ripopolando gli stagni locali con specie autoctone

In questo modo possono assicurare nuovamente una fonte di sostentamento stabile per la propria famiglia, rigenerando al contempo la biodiversità acquatica locale. Gli attacchi delle tigri stanno diventando sempre più frequenti nell’area a causa della riduzione del loro habitat e della scarsità di risorse dovuta agli effetti della crisi climatica, che induce la popolazione più povera ad addentrarsi nei territori delle Sundarbans, con un aumento preoccupante dei conflitti tra uomini e felini. 

La comunità locale è inoltre coinvolta in operazioni di ripristino delle mangrovie costiere, una soluzione basata sulla natura che contrasta il cambiamento climatico in due modi: le mangrovie hanno infatti una grande capacità di catturare e immagazzinare carbonio (fino a quattro volte più di altre foreste tropicali), trattenendo il terreno fangoso delle rive; inoltre le mangrovie svolgono un’importante funzione di protezione dai danni delle mareggiate e delle inondazioni causate dalle tempeste, sempre più frequenti.

“Grow your own food” è invece dedicato ai bambini delle scuole del Suriname, in America Meridionale, ai quali viene insegnato a scuola come coltivare a casa in maniera sostenibile. Questo permette di far sperimentare ai più piccoli la loro capacità di agire e creare cambiamento, oltre a responsabilizzarli, aumentare la connessione con la natura e soprattutto aiutare le famiglie a combattere l’insicurezza dell’approvvigionamento di cibo riconducibile agli effetti dei cambiamenti climatici.

Maggior integrazione tra le politiche di salute mentale e climatiche

La seconda parte dell’evento ha trattato l’integrazione del supporto alla salute mentale nelle politiche climatiche e nei sistemi sanitari esistenti, riducendo le vulnerabilità, implementando approcci comunitari e multisettoriali e sviluppando programmi sanitari informati sui cambiamenti climatici. 

Marianne Overton, del Concilio dei Comuni e delle Regioni Europee (CEMR) e consigliere nella contea di Lincolnshire (UK), ha riportato come nella sua esperienza in Gran Bretagna si osservi un sempre maggior numeri di casi, anche gravi, di bambini e giovani, ma anche adulti, che soffrono di disturbi come sindrome post-traumatica da stress e eco-ansia a causa dei cambiamenti climatici. “A causa delle risorse finanziarie sempre più ridotte le autorità locali non sono in grado di assicurare un’adeguata risposta.” A suo dire è necessario lavorare di più nella fase critica della prevenzione, dell’allerta e dell’informazione della popolazione, oltre a valorizzare maggiormente il ruolo fondamentale delle reti di comunità, spesso promotrici di vitali azioni di auto-aiuto, in sinergia con i governi locali. 

In Canada, dove tra le categorie più vulnerabili agli effetti dei cambiamenti climatici appaiono anche le popolazioni indigene, la Strategia Nazionale di Adattamento ai cambiamenti climatici ha incluso recentemente valutazioni di rischio e misure specifiche, in particolare per la gestione degli impatti del calore estremo sulle persone con problematiche di salute mentale preesistenti (come la schizofrenia), tra le più vulnerabili, e per promuovere la resilienza climatica del sistema sanitario stesso, delle sue strutture e della sua organizzazione. 

Charlotte Scheerens, dell’Università di Ghent, ha riportato gli impatti causati dall’impreparazione in occasione delle inondazioni che nel 2021 hanno colpito l’Europa orientale, causando 37 vittime nel solo Belgio. Un questionario di ricerca ha rivelato il forte impatto sulla salute mentale di medici, infermieri e vigili del fuoco coinvolti nella gestione dell’emergenza, nonché le difficoltà nell’accesso ai medicinali necessari da parte della popolazione e lo stress, sia mentale che finanziario, che ha colpito chi ha perso tutto e non aveva assicurato i propri beni e la propria abitazione.

Le conclusioni sono state affidate a Diarmid Campbell-Lendrum, direttore dell’Unità Cambiamento Climatico e Salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WMO), che ha citato le raccomandazioni politiche del WMO pubblicate nel 2022, esortando a fare ogni sforzo per colmare il divario tra i bisogni in termini di salute mentale e la reale accessibilità ai sistemi sanitari di risposta e supporto, in primis integrando considerazioni specifiche nelle politiche sanitarie e investendo di più nella ricerca e nella raccolta di dati e evidenze.

In chiusura Campbell-Lendrum ha ricordato come all’origine del  conosciuto movimento ambientalista giovanile Fridays for Future creato da Greta Thunberg, ci sia proprio la ricerca di una risposta efficace ad una problematica di salute mentale causata dai cambiamenti climatici. 

E in Trentino?

Anche in Trentino il tema della diffusione dell’eco-ansia in particolare tra i cittadini più giovani non è passato inosservato. A fronte di segnalazioni da parte degli insegnanti delle scuole di ogni livello e del rilievo assunto da questo fenomeno, l’Agenzia Provinciale per la Protezione dell’Ambiente (APPA), l’Associazione Viração&Jangada e il Museo delle Scienze di Trento (MUSE) hanno promosso congiuntamente nel 2022 un progetto sperimentale, “Circolo Climatico”. 

Sulla scorta dell’esperienza dei gruppi di auto mutuo aiuto, i partecipanti hanno seguito un percorso condiviso di formazione e consapevolezza per la gestione delle “emozioni climatiche”, anche grazie al supporto di esperti di cambiamento climatico e di una psicologa specializzata. Il progetto è oggi alla sua terza edizione e si rivolge principalmente a giovani adulti di età compresa tra i 18 e i 35 anni.

Nell’ambito delle attività di elaborazione delle futura Strategia provinciale di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, coordinate dall’APPA, è inoltre in corso un percorso condiviso con il Dipartimento Salute e Politiche Sociali e con l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari, che ha incluso i rischi per la salute mentale tra i rischi prioritari per l’individuazione di adeguate misure di adattamento.