La società civile spacca

I cambiamenti climatici sono un fenomeno che riguardano non solo problemi legati all’ambiente ma anche quelli legati alle questioni sociali. Durante la Conferenza delle Nazioni Unite sul Clima (COP22), associazioni della società civile e ONG hanno organizzato una conferenza sull’impatto dei cambiamenti climatici nella cosiddetta diaspora Africana.
Una di queste è il FORIM che rappresenta circa 700 associazioni che operano in Africa sub-sahariana, Nord Africa, Asia meridionale, Caraibi e Oceano Indiano. Istituita nel marzo 2002 con il sostegno del governo francese, riflette il desiderio dei suoi membri a invitare tutte le componenti della società civile francese a promuovere l’integrazione dei gruppi di popolazione delle migrazioni internazionali, a rafforzare gli scambi tra la Francia e i paesi di origine e a contribuire allo sviluppo della loro regione d’origine. Soad Frikech Chaouih, segretaria generale di Forim, ha spiegato che la diaspora africana è connessa ai cambiamenti climatici. “Solo nel 2013, 20 milioni di persone se ne sono andate dal continente per problemi legati al clima, un milione solo nell’ultimo anno e il fenomeno sta crescendo.”
Forim promuove le attività di associazioni che lavorano nel paese d’origine e nel paese d’accoglienza,  dando voce e sostegno alle ONG che si occupano anche di migrazioni interne e che combattono il fenomeno delle migrazioni di masse di popolazioni dalla campagna alla città degli ultimi anni.Una di queste associazioni si trova in Marocco e si chiama Akhiam il cui presidente è Mohammed Moussaui che svolge le sue attività nella valle di Imilchil, sulle montagne dell’Atlas a 2300 metri di altitudine. In questa comunità gli inverni sono rigidi e i campi coltivabili sono pochi e minacciati dall’erosione del suolo e dall’inondazione delle acque causata dallo scioglimento dei ghiacciai. Imilchil è una comunità agro-pastorale e a causa di questi problemi molti giovani lasciano la loro terra. Così comincia la diaspora, inevitabile. Akhiam cerca di arginare questo problema svolgendo lavori sul territorio con la popolazione locale attraverso la costruzione di dighe per arginare l’acqua e la ricerca e la protezione di sementi autoctone che stanno scomparendo ma che resistono al clima selvaggio e impervio delle montagne. Hanno anche una cooperativa femminile che si occupa della produzione e della distribuzione dei prodotti nei mercati vicini e svolgono attività di alfabetizzazione per le donne che, spesso, non hanno mai frequentato la scuola.
Durante il dibattito, Adberrazak El Hajri, direttore di Migrations&Developpemnt, ha spiegato che la sinergia tra i Paesi d’origine e quelli d’accoglienza è molto importante per combattere il fenomeno della diaspora africana. Molti africani che vivono in Europa tornano nei loro villaggi originari solo in vacanza, allontanandosi dalle proprie radici e dalla propria cultura. “Molto è cambiato dal 2003 a oggi, quando i primi migranti sono partiti non vi erano associazioni nè esponenti della società civile in grado di sviluppare un’economia locale che potesse contrastare il fenomeno della diaspora.”Il cambiamento climatico è strettamente connesso al fenomeno migratorio in molti modi, ed è importante esplorare questa connessione per fornire una risposta chiara in ogni contesto.In questo campo, l’azione delle associazioni della diaspora africana hanno un ruolo fondamentale. Queste associazioni devono essere ascoltate per creare alleanze strategiche e parterships tra Europa e Africa per contrastare il fenomeno dei rifugiati climatici, delle migrazioni e del cambiamento climatico.