Indovina chi viene a cena

È ampiamente riconosciuto che la crisi climatica e la perdita di biodiversità sono profondamente interconnesse e che devono essere affrontate in modo olistico. L’evento “Unpacking the biodiversity-climate nexus” ha esaminato con un approccio critico le condizioni in cui tale integrazione può essere raggiunta, al fine di massimizzare i co-benefici e minimizzare i compromessi.

Di Francesca Roseo

Per un attimo mi è sembrato di essere nel mondo di Barbie; invece, sono ad un side event di sole donne alla COP28. Apre il panel “Spacchettare il nesso tra biodiversità e clima” Grethel Aguilar, Direttrice Generale della IUCN, che introduce con sentita emozione Mary Robinson: prima donna presidente dell’Irlanda ed ex Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, presidentessa di The Elders, sostenitrice della parità di genere, della partecipazione delle donne alla costruzione della pace, della dignità umana e della giustizia climatica. Con voce decisa, Robinson afferma “la natura non può aspettare un lento face-out, e nemmeno noi”. 

Lascia poi la parola a Hindou Oumarou Ibrahim, presidentessa di Association of Peul Women and Autochthonous People of Chad (AFPAT), che ricorda a tutti i presenti che noi siamo natura e che dovremmo avere tutti gli stessi diritti. Ma non è così, e a questa COP lo si sente nell’aria. “Dovremmo prenderci cura gli uni degli altri e proteggere la natura” dice Hindou, in quanto l’agricoltura di sussistenza non è supportata dalle moderne tecnologie e c’è chi al mondo non ha di che mangiare ed è costretto a migrare per trovare terre ancora coltivabili. Non tutti hanno il diritto di uscire per strada e protestare per l’aumento del prezzo del cibo, e spazi come la COP rimangono fondamentali per permettere a chi non ha voce di essere ascoltato. Le soluzioni discusse per uscire dall’uso dei combustibili fossili dovrebbero portare benefici anche al Sud del mondo, non solo al Nord del mondo e bisognerebbe arrivare ad una transizione che rispetta la natura e i diritti umani che non consideri quest’ultima come una merce ma come necessità. La presidentessa di AFPAT continua poi dicendo “Il sistema finanziario deve adattarsi alle persone, non le persone al sistema finanziario.”,questo significa che ci deve essere un impegno da parte dei governi e delle aziende di investire per il bene delle popolazioni indigene e la natura perché il solo impegno non nutre nessuno. 

Segue Monica Medina, presidentessa e CEO di Wildlife Conservation Society, a ribadire l’impegno che, come Società, hanno nel supportare progetti di conservazione della fauna selvatica e degli ecosistemi in collaborazione con le persone in tutto il mondo attraverso le Soluzioni Basate sulla Natura. Gli ecosistemi sono complessi e possono provvedere alle loro importanti funzioni (come lo stoccaggio del carbonio) solo se non vengono distrutti dalle attività umane. Il valore di questi servizi ecosistemici supera di gran lungo quello delle industrie, perché senza di essi non ci sarebbe la vita. Gli obiettivi definiti nella COP15 della Biodiversità, tenutasi a Montreal nel 2022, di proteggere il 30% del pianeta entro il 2030 sono stati ampiamente discussi anche qui alla COP28 sul clima, segnale che queste due COP dovrebbero essere unite in quanto “avremo un doppio vantaggio e infatti noi della WCS abbiamo lavorato molto duramente […] per portare questa nozione di integrità ecologica anche qui nel testo della Dichiarazione finale che uscirà da questa COP.”. Se non includiamo la natura all’interno dei trattati e delle agende politiche difficilmente terremo in vita l’obiettivo dell’Accordo di Parigi di non superare 1.5°. La biodiversità, i diritti delle donne, l’energia rinnovabile e la produzione di cibo sono interconnesse e le tecnologie da sole non limiteranno i cambiamenti climatici.

Continua il panel Christiane Laibach, Membro del Comitato Esecutivo di KfW, che racconta gli obiettivi della banca che da più di 60 anni supporta il Governo Federale Tedesco nel raggiungere i suoi obiettivi nella politica e nella cooperazione internazionale allo sviluppo. Richiama a un cambio di prospettiva degli investimenti, che devono essere guidati da altre motivazioni e non solo a quelle del produrre, consumare e guadagnare. La KfW si impegna ad aiutare i Paesi partner a combattere la povertà, a mantenere la pace, a proteggere l’ambiente, la biodiversità e il clima e a modellare la globalizzazione in modo appropriato. Sono 3.7 miliardi di euro i soldi investiti dalla banca in progetti riguardanti la biodiversità in tutto il mondo. Conclude dicendo che è una strada difficile dal punto di vista finanziario e che “A volte è ancora difficile, come istituzione finanziaria e banca promozionale, avere un impatto diretto e un rapporto con le comunità locali.”. Per applicare nella realtà il testo cruciale del “Global Stocktake” è necessario collaborare con delle banche che riconoscano il collegamento tra cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità e che siano pronte ad investire nel futuro del pianeta e delle persone. 

L’ultima relatrice è Dorothy Shaver, direttrice di Global Head of Sustainability presso Unilever che porta in tavola il sistema alimentare. “Il cibo, purtroppo, è la prima causa di perdita di biodiversità, è il primo consumatore di acqua, emette più di un terzo delle emissioni di gas serra e rappresenta anche la nostra forza di vita: è il motore della cultura e della salute.”, la produzione di cibo non può essere in nessun modo scollegata dalla natura e dai servizi ecosistemici che essa ci provvede gratuitamente. Shaver definisce il cibo come collegamento fondamentale tra la salute, lo sviluppo sostenibile ed equo, la parità di genere, la perdita di biodiversità, lo sviluppo delle rinnovabili e il cambiamento climatico. Nel suo discorso cita anche l’importanza di monitorare la presenza di animali selvatici, come gli uccelli, all’interno delle aree coltivate in quanto fondamentali bioindicatori che possono dare informazioni fondamentali per interpretare la tipologia di impatto dell’agricoltura sugli ecosistemi. Se davvero i governi, le aziende private e le società di investimenti disegnassero insieme degli approcci integrativi per sviluppare un’agricoltura sostenibile e in armonia con la natura potremmo veramente cambiare il nostro sistema di produzione e consumo portando immensi benefici alle persone e alla biodiversità sia del Sud che del Nord Globale. 

La COP28 si è conclusa con un risultato storico, ma abbiamo bisogno ora più che mai di un approccio olistico che metta sul menù la biodiversità e tutto ciò a cui è collegata per poter sviluppare un modello sostenibile che permetta di davvero di rimanere sotto a quel famoso 1.5° gradi.