L’IPCC ha presentato a inizio settimana il nuovo rapporto sul clima

Il rapporto dell’IPCC sul nostro futuro

Il rapporto dell’IPCC è più roseo di quello che ci si aspettava ma solo se vengono seguiti gli step prefissati dal Comitato. Le opinioni degli studiosi che hanno partecipato a “Cambiamenti climatici 2022: Mitigazione dei cambiamenti climatici” sono chiare: dobbiamo attuare fin da subito politiche incentrate su fonti di energia rinnovabili e su cambiamenti dei processi economici legati ancora al colosso dell’energia, i combustibili fossili.

di Laura Marino, studentessa dell’Università di Trento

All’inizio di questa settimana è uscito il nuovo rapporto dell’IPCC, Il Gruppo Intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite (in inglese Intergovernmental Panel on Climate Change). A seguito del webinar tenuto da 4 scienziati ed esperti sul clima, possiamo sintetizzare un’osservazione comune: il momento dell’azione è ora e possiamo diminuire le emissioni di CO2 entro il 2030. Usiamo la parola possiamo perché le opportunità finanziarie e di strategia sono già presenti e servirebbe solo un incentivo dal punto di vista sociale e politico per renderle le opzioni popolari, che ancora ad oggi rimangono i combustibili fossili e energie inquinanti per il pianeta.

Le previsioni fatte in vari campi, quali la mitigazione del cambiamento climatico, uso del suolo, innovazione tecnologica ed edificazione ci dicono che gli scenari futuri non sono così catastrofici come molti ci vogliono fare credere. È anche vero, però, che le azioni di questi ultimi anni non possono essere ripetute, a meno che non si voglia andare a parare proprio su scenari futuri peggiori di quelli sperati e, soprattutto, le azioni concrete per il miglioramento del clima devono essere prese fin da subito.

Gli scenari futuri non sono così bui

Questo ce lo dice Massimo Tavoni, direttore scientifico dell’RFF-CMCC (European Institute on Economics and the Environment) e professore al Politecnico di Milano, uno degli autori del rapporto IPCC dice: “Gli scenari possibili congruenti con gli Accordi di Parigi ci dicono che i lavori, che riguardano la CO2 e il metano e la loro riduzione, devono essere immediati e funzionanti. Questi obiettivi verrebbero ridotti a fine secolo ma solo se vengono attuati adesso. Gli scenari per i prossimi 100 anni (punto focale il ventennio 2050-2070) ci dicono che le temperature scenderanno solo se le emissioni verranno ridotte al minimo, il che non significa eliminare totalmente le emissioni di gas ma averle a netto zero co2, avere un sistema de-carbonizzato”.

Avere un sistema de-carbonizzato significa un sistema economico e industriale che non si basa più sul combustibile fossile e CO2 ma un sistema che poggia le sue basi su energie rinnovabili e non inquinanti, le più redditizie sia dal punto di vista economico sia da quello energetico che potrebbero sovrastare i colossi energetici del momento sono l’eolico e il fotovoltaico e non viene escluso nemmeno quello delle centrali nucleari.

Il cambiamento di come produrre energia dai terreni agricoli, cambiamenti degli spazi urbani e trasporti a lunga tratta sono possibili strategie su cui agire e ce ne parla Elena Verdolini, affiliata dell’RFF-CMCC European Institute on Economics and the Environment, professoressa all’Università di Brescia e autrice capo del 3° gruppo della sessione IPCC: “Il rapporto ci dice che ci sarà bisogno di una transizione molto profonda, da un sistema che produce gas e rifiuti clima-alteranti a uno ad energia pulita con zero emissioni. I combustibili alternativi come l’idrogeno e i combustibili rinnovabili sono visti come una possibile risposta”.

La mappa non è omogenea

Un altro fattore importante che però bisogna tenere in conto è che i livelli prodotti di CO2 e materiali di scarto inquinanti dipende ancora dall’area geografica e dal paese che analizziamo. Nell’area di competenza di Lucia Perugini, responsabile scientifico senior del CMCC, il Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici e delegata italiana nella Sessione IPCC ci spiega che nell’ambito dell’uso del suolo e forestale: 6 giga tonnellate derivano da deforestazione e 2 nelle emissioni di fertilizzanti, materiali enterici, etc., ma queste distribuzioni non sono uniformi sul mondo: America latina, Africa e Asia sono le maggiori produttrici di emissioni mentre Europa ed America del Nord sono a livelli molto bassi.

E anche in altri settori come quello edilizio, ne parla Paolo Bertoldi, esperto senior della Commissione Europea DG JRC (Directorate General of the Joint Research Center): “È importante anche indicare che la mitigazione maggiore dei nuovi edifici è quella dei paesi in via di sviluppo, che vedono una forte crescita di popolazione e richiesta per gli alloggi, mentre nei paesi sviluppati il più alto potenziale di mitigazione è nel retrofit degli edifici già esistenti”.

Infine, secondo Nikki Reisch, direttrice del Climate & Energy Program, Center for International Environmental Law (CIEL) “affidarsi a nuove tecnologie per fornire riduzioni o rimozioni delle emissioni in futuro, dopo che l’aumento della temperature avrà superato 1,5 gradi costerà vite e infliggerà ulteriori danni irreversibili” e ribadisce che “liberarsi della dipendenza dai combustibili fossili è fondamentale per il clima globale, per la pace globale e per la stabilità economica”.