Il cielo collassa sopra di noi: l’Amazzonia è in pericolo
di Carlotta Zaccarelli, articolista dell’Agenzia di Stampa Giovanile
Fotografia di Fiona Watson / Survival International
Il primo gennaio, Jair Bolsonaro ha assunto la Presidenza del Brasile. La sua vittoria nelle elezioni dello scorso ottobre è l’ennesimo trionfo di movimenti e partiti populisti, violenti, xenofobi, nazionalisti che dappertutto nel mondo hanno raggiunto le alte cariche dello Stato attraverso il voto popolare. Come i suoi compari, questo ex-militare diventato parlamentare ha intenzione di portare avanti un’agenda reazionaria che minaccia la democrazia brasiliana e gli equilibri internazionali.
Rappresenta un serio pericolo anche per l’ecosistema terrestre. Il nuovo Capo di Stato ha dichiarato di voler seguire la linea trumpista rispetto alla questione ambientalista: intende ritirare il Brasile dagli Accordi sul Clima di Parigi. Intende quindi ignorare il trattato internazionale che si propone di tutelare l’ambiente per garantire il futuro della Terra e dei suoi abitanti. Intende ignorare gli avvertimenti della comunità scientifica sui rischi catastrofici del riscaldamento globale. Intende ignorare le richieste dei popoli indigeni che chiedono di salvaguardare quella che da secoli è la loro casa e che, contemporaneamente, è il polmone verde del nostro pianeta.
Sul territorio brasiliano, infatti, si estende la porzione più ampia della foresta pluviale amazzonica all’interno della quale vivono decine e decine di popolazioni indigene – alcune ancora incontattate. La fine della tutela che trattati internazionali di stampo ecologista danno a questo ambiente significa la sua scomparsa e la scomparsa delle culture che in esso fioriscono.
Bolsonaro ha già cominciato quest’opera di erosione. Il giorno dopo il suo insediamento, vuole affidare al Ministero dell’Agricoltura, vicino agli interessi dei grandi latifondisti, la delimitazione delle terre indigene. In altre parole, il Presidente ha condannato l’Amazzonia ad un (non così lento) processo di deforestazione e gli indigeni alla cancellazione di molta loro memoria storica.
Gli Yanomami sono una di queste popolazioni. Davi Kopenawa è il loro leader e sciamano e uno dei rappresentanti indigeni più attivi nella protezione della natura.
A settembre, Davi è arrivato in Italia per presentare il suo libro La caduta del cielo (Edizioni Nottetempo) in varie città. Ha così potuto raccontare a chi ha orecchie per ascoltarlo la cultura della sua gente e come la conservazione di questa sia inestricabilmente legata alla geopolitica mondiale e alla difesa della Terra. Ha potuto spiegare, in un’epopea cosmo-ecologica, le ragioni del collasso della volta celeste. La sua visita in Italia è stata possibile grazie a Survival International, un’organizzazione non-governativa impegnata a difendere gli indigeni (contattati e non) di tutto il mondo.
A Rovereto, c’è stata occasione di parlare con Kopenawa in persona – e di essere testimoni diretti della forza delle sue idee.
Perché il cielo cade?
Il cielo è già caduto tanto tempo fa, all’inizio del mondo. Cadendo uccise i primi popoli, yanomami e non-indigeni, che vivevano sulla Terra. Oggi il cielo è sopra di noi ma potrebbe cadere di nuovo, perché il popolo della merce non sente il peso del mondo e lo sta distruggendo.
Molti di voi non credono che questo possa accadere davvero, ma è un pericolo molto serio. Già in molti altri posti i fiumi straripano, le persone vengono uccise, la terra viene inquinata; in alcuni luoghi fa troppo caldo e in altri troppo freddo. Il mondo è malato. Con questo libro voglio mettere in guardia i bianchi, perché possano imparare a rispettare il popolo yanomami, la nostra foresta che è il polmone della Terra, e tutta la natura.
Qual è dunque l’errore più grave della cultura occidentale?
I bianchi sono il popolo della merce, per loro è molto difficile ascoltare la natura perché sono abituati a vivere nelle città. I capi del mondo ricco e industrializzato pensano di essere i padroni e avvelenano la natura. Le attività minerarie e i mangiatori di terra distruggono la foresta e portano malattie mortali. Questo è forse progresso?
Ho scritto questo libro per voi, perché a voi piace imparare leggendo su pelli di carta. Voglio diffondere la voce degli Yanomami e far conoscere ai bianchi un altro pensiero: la saggezza della foresta.
A questo punto, è giusto e importante affermare che la sopravvivenza del suo popolo è essenziale per chi vive adesso e per le generazioni che verranno. Noi siamo i figli dell’Amazzonia, siamo stati creati nell’Amazzonia e siamo cresciuti alimentandoci di ciò che essa ci dà. La foresta per noi è tutto: casa, cibo, medicina. Noi Yanomami – e tutti i popoli indigeni amazzonici – ci prendiamo cura della natura, del vento, delle montagne, della foresta, degli animali. Questa etica è molto importante per noi indigeni, e viene tramandata ai nostri figli, ai nipoti e alle future generazioni. Lottiamo non solo per noi, ma anche per gli uomini delle città. Se la nostra conoscenza andrà persa, allora anche il popolo bianco morirà. È questo che vogliamo evitare.
Evitare la scomparsa significa anche (forse soprattutto) rivendicare i propri diritti. Qual è il diritto fondamentale di cui i popoli indigeni non devono mai dimenticarsi?
Il diritto a vivere nella e della loro terra è fondamentale per tutti i popoli indigeni. La terra è il nostro patrimonio, un patrimonio che ci protegge. Ci appartiene e grazie a lei possiamo coltivare, cacciare, stare in salute. È la nostra casa, è vita. Non abbiamo bisogno di denaro, abbiamo solo bisogno che il nostro territorio sia rispettato. Solo così possiamo sopravvivere e prosperare.
Voi Yanomami, per godere del vostro diritto, state correndo pericoli gravissimi. Qual è il maggiore e come lo state affrontando?
Il territorio yanomami è stato riconosciuto e demarcato dal Governo brasiliano nel 1992, ma ancora oggi non è davvero protetto. I garimpeiros (cercatori d’oro) lo hanno invaso: inquinano con il mercurio le terre e le acque dei fiumi e portano malattie nuove molto pericolose che noi Yanomami non possiamo curare con le nostre medicine – come morbillo, influenza e HIV. Le autorità brasiliane spesso sono complici degli invasori. È molto importante che ci aiutiate.
Chiedo a voi che vivete in Italia e in Europa di prendere posizione e fare pressione sul Governo brasiliano, che vuole distruggere la nostra storia e i nostri diritti. Non fa nulla per fermare l’invasione delle nostre terre da parte dei minatori.
Sono molto preoccupato e triste, perché quello che è accaduto ai nostri fratelli del Nord-America tanto tempo fa sta accadendo ora nella terra yanomami. Per questo vi chiedo di appoggiarci. Per me è un compito molto pericoloso: gli invasori sono abituati a uccidere i leader, come è successo a Chico Mendes, ma io continuo a lottare. Difendo la mia terra e la mia cultura, difendo i diritti del mio popolo.
Oltre a essere un leader indigeno, lei è anche uno sciamano. Qual è il dono più prezioso che gli sciamani dei popoli indigeni fanno al mondo?
Sono uno sciamano della foresta e lavoro con le forze della natura, non con quelle del denaro o delle armi. La nostra saggezza è differente, la nostra è una conoscenza diversa. Gli spiriti xapiripë ci mettono in contatto con il mondo e ci aiutano a curarlo; mantengono l’equilibrio del mondo. Gli sciamani yanomami sono sempre in contatto con gli xapiripë e li custodiscono attraverso i sogni sciamanici. Lavorano per proteggere la grande anima della Terra, per questo la saggezza dei nostri spiriti sciamanici è molto importante per la sopravvivenza di tutta l’umanità.