2020: ultima chiamata?
Se le emissioni globali di CO2 dovessero continuare a salire dopo il 2020 o anche solo rimanere stazionarie gli impegni presi con l’Accordo di Parigi diverrebbero irraggiungibili. Occorre quindi un punto di svolta rapido e urgente. Di questo hanno discusso Cristina Figueres (Mission 2020), J.Rockström (Direttore dello Stockholm Resilience Centre), K. Anderson (Uppsala University), H.J. Schellnhuber (Direttoredel Potsdam Institute for Climate Impact Research).
L’Accordo di Parigi si è posto l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura a fine secolo “bene al di sotto dei 2°C rispetto ai livelli pre-industriali” e di fare “sforzi per limitare l’aumento a 1,5 C°”. Per questo occorre raggiungere entro il 2030 il picco di emissioni e procedere alla loro riduzione progressiva. Il punto di partenza degli impegni di riduzione dei gas serra sono i contributi nazionali volontari, Intended Nationally Determined Contributions (INDCs): ogni nazione ha assunto infatti il proprio impegno da aggiornare entro il 2020 nel momento in cui sarà operativo l’Accordo.
Purtroppo a conti fatti gli attuali livelli di emissione sono ben lontani anche solo dal raggiungimento delle già basse ambizioni degli impegni volontari. Si stima infatti che agli attuali tassi di emissione i livelli previsti nel 2030 sarebbero superiori di circa 4-6 GtCO2eq/anno rispetto a quelli stimati dall’applicazione dei contributi volontari ma il gap sale a 11-13.5 GtCO2eq/anno rispetto allo scenario che consentirebbe di mantenere le temperature inferiori a 2°C e a ben 16-19 GtCO2eq/anno rispetto all’obiettivo 1.5°C. Le cose quindi non vanno affatto bene! Occorre quindi agire e bisogna farlo in fretta. È una vera lotta con il tempo. Il 2020 rappresenta un punto di riferimento fondamentale per revisionare gli obiettivi volontari di riduzione delle emissioni di gas serra e definire degli obiettivi decisamente più ambiziosi. Come ha sottolineato la Figueres, il 2020 rappresenta non solo una scadenza di carattere politico definita dall’Accordo di Parigi, ma un punto di riferimento scientifico: sarà infatti il momento in cui potremo capire se il percorso intrapreso consentirà effettivamente di mantenere il riscaldamento globale sotto 1,5°C o se tale obiettivo sarà impossibile da raggiungere con tutte le conseguenze che questo fallimento porterebbe in termini di impatti dei cambiamenti climatici.
Quale è la strada da percorrere allora? La strada intrapresa da molti Paesi è indubbiamente incoraggiante e dimostra che in molti settori, dall’industria, ai trasporti e alla produzione energetica molti interventi sono possibili. Le emissioni di CO2 da combustibili fossili e industria sono infatti sostanzialmente stabili nel 2016 mentre le emissioni dei gas serra nel suo complesso hanno avuto un lieve incremento. La strada è quindi ancora in salita. Non si nascondono poi molti problemi. La concreta uscita dalla dipendenza dei combustibili fossili, carbone in particolare, così come la possibile rimozione della CO2 dall’atmosfera, sono passi non indolori per le economie di molti Paesi. Ma sempre più necessari per limitari i costi del mancato raggiungimento degli obiettivi previsti. Un ruolo importante lo possono costituire gli attori non statali: dalle imprese, alle regioni, alle Ong, alle associazioni di imprese, che proprio qui alla COP23 evidenziato una grande vivacità nel trovare occasioni per costruire network e relazioni concrete verso pratiche di riduzione delle emissioni di gas serra.
Viene tuttavia sollevato un problema: è possibile affidare alla sola tecnologia la soluzione del problema? Pare proprio di no e viene anzi evidenziata l’utopia dell’alleanza tra tecnologia ed economia ed i relativi interessi che sono messi in gioco. Il 10% degli emettitori di gas serra è responsabile del 50% delle emissioni globali. E’ qui che bisogna agire. Non si può più pensare solo a buone pratiche di risparmio energetico o di utilizzo di rinnovabili, è oggi necessaria una vera e propria transizione del sistema energetico globale. Una rivoluzione quindi, economica e sociale. Si tratta di un cambiamento radicale che deve essere accompagnato da un cambiamento del comportamento individuale e collettivo nello stile di vita. Occorre fare in fretta. I prossimi 15-20 sono decisivi per le sorti del pianeta.