Un’agenda per la salute: di cosa abbiamo davvero bisogno per vincere la pandemia?

La pandemia ha portato a galla difficoltà che non possono essere affrontate separatamente: bisogna parlare di economia, sostenibilità e sanità senza sganciarle. 

Di Nuvola Cipressa

Il 4 giugno alle 11:00 si è tenuta presso il Teatro sociale di Trento una conferenza che ha toccato contemporaneamente importanti temi come la sanità e la sostenibilità, abbracciati dall’economia. 

L’introduzione, a cura di Giliberto Turati (docente di economia presso l’Università Cattolica), si è costruita su un grande interrogativo: di quali servizi abbiamo bisogno per combattere una pandemia? Turati risponde affermando: “le pandemie le vinci fuori dall’ospedale”, con questa frase, forse un po’ provocatoria, spiega l’importanza della prevenzione e la conseguente necessità di investire nel territorio. 

Il dibattito quindi si è aperto sul problema della sanità italiana, definita ironicamente da Walter Ricciardi “una grande riunione di condominio”, caotica ed esclusiva. Ricciardi riprende il tema della prevenzione, ma lo affronta da un punto di vista alternativo, affermando che per evitare una prossima pandemia dobbiamo prima di tutto ridurre la povertà: accantona così le continue richieste di aumentare i posti in terapia intensiva, espandere gli ospedali e investire nella sanità nazionale. 

Un’altra critica ferrata è quella di Sabina Nuti, rettrice della Scuola Superiore Sant’Anna, che pone l’accento sulla scarsa flessibilità del nostro sistema sanitario. Attraverso un’indagine operata dalla Scuola Superiore, i ricercatori hanno infatti notato quanto l’emergenza covid abbia offuscato le priorità del nostro sistema sanitario, un esempio lampante è stata la scelta di rimandare controlli medici e terapie a pazienti oncologici. La rettrice aggiunge che questo sacrificio è stato operato in tutte le regioni, indistintamente dal numero di contagi, ed è questo su cui ci invita a riflettere: il nostro sistema sanitario non ha capacità di adattamento e non riesce a collaborare. 

La virologa Ilaria Capua decide invece di mandare un messaggio di forte incoraggiamento, pur attenendosi strettamente al rigore scientifico: “le pandemie non finiranno, finché c’è vita, c’è virus”, per la virologa però saremo capaci, con la nostra resilienza, di combatterle. La strategia non sta quindi nel cercare di evitare prossime pandemie, ma bisogna giocare d’anticipo e investire nelle tecnologie necessarie ad attutirne i danni. “La pandemia lascia un solco, questo solco pandemico dobbiamo sfruttarlo per comprendere quanto la nostra specie sia vulnerabile” con questo Ilaria Capua lancia il suo appello alla ricerca scientifica, in particolare nel campo dei vaccini, ha estremo bisogno di aggiornamento: non possiamo accettare che nel 2021 i vaccini non possano essere conservati a temperatura ambiente, perché significa continuare a non utilizzare tecnologie sostenibili nel lungo termine, e soprattutto allontanarci sempre di più da un’equità di vaccinazioni. 

I relatori, con la coordinazione di Paola Pica, sono riusciti a tessere una maglia ben stretta tra grandi temi, rendendo ben visibile la fortissima connessione tra l’economia, l’ambiente e l’uomo: un legame indissolubile che la pandemia ci ha messo davanti agli occhi.