Mollare tutto per viaggiare è possibile
Il 6 Agosto si è tenuta a Bolzano la presentazione del libro Permettimi di insistere – Ho cambiato vita a 40 anni di Andrea Cabassi, ex project menager espatriato a Dubai per lavoro che ha successivamente dedicato la sua vita a viaggiare. Ecco la nostra intervista.
Di Valeria Balestra, articolista dell’Agenzia di Stampa Giovanile
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La storia che Andrea Cabassi racconta nella sua autobiografia Permettimi di insistere, presentata il 6 agosto a Bolzano, sembrerebbe descrivere un percorso coerente e consapevole verso la felicità: a quarant’anni molla lavoro, famiglia, amici e fidanzata per volare a Dubai, dove lavora per un paio di anni, matura ed infine prende la decisione di mollare nuovamente tutto per viaggiare.
L’evento di presentazione è stato promosso dal Centro per la Pace di Bolzano. Il fascino che questa storia genera in chi l’ascolta è simile a quello che si prova ascoltando quella dei felici fondatori di Google, da laureandi di Standford a giganti dell’industria tecnologica. Un’idea, una serie di buone decisioni, la realizzazione di un sogno. Questa in sintesi la percezione del cervello umano, la fallacia della narrazione, che porta anche a credere sia possibile imparare – ed insegnare – un metodo per essere felici, per realizzare i propri sogni. Il nostro cervello non se la cava infatti bene con i non-eventi, ovvero la rosa degli scenari possibili per ogni decisione che però non si verifica e, al contempo, nemmeno con l’influenza della fortuna negli eventi stessi.
Prendiamo per esempio i non-eventi nella storia di Google: se i due fondatori non avessero rifiutato, dopo un paio di anni dalla creazione, di vendere il famoso motore di ricerca al prezzo offerto, se l’acquirente non avesse pensato che un milione di dollari fosse invece un prezzo eccessivo, avremmo probabilmente ritenuto Larry Page e Sergey Brin davvero sfortunati, l’acquirente invece un uomo dalle decisioni ben ponderate. Ora, non è di certo possibile affermare che tutte le decisioni prese dai fondatori di Google abbiano determinato esiti felici a causa dell’intervento della fortuna, come tutte le decisioni di Cabassi, ma la fortuna ha sicuramente avuto un ruolo, difficilmente calcolabile, nella generazione della felicità, che per questo affascina e stupisce da millenni, perché imprevedibile, impossibile da generare a tavolino con un metodo. Un po’ come avviene con la magia insomma. Queste storie attireranno sempre la nostra attenzione perché ci è difficile, se non impossibile, svelare il trucco che il nostro sguardo va comunque inseguendo, cogliere e prevedere l’invisibile fortuna.
Le due chiacchiere fatte con l’autore, anche a proposito della felicità, sono diventate l’intervista che segue.
Andrea, il tuo libro potrebbe essere definito come una sorta di autobiografia focalizzata sugli eventi dal 2015 al 2017, periodo in cui hai deciso di lasciare il lavoro che avevi in Italia per espatriare a Dubai, con qualche excursus temporale. Quali difficoltà hai incontrato durante la stesura di questo tuo libro d’esordio?
“La difficoltà è stata più tecnica che emotiva, nel senso che, siccome di mestiere mi occupavo al tempo di project menagement, per cui nessuna risorsa va sprecata, ho deciso di trasformare il diario che ho tenuto per un anno e mezzo in un libro. Avendo deciso di autoprodurlo e cercando di creare un prodotto che fosse anche di qualità ho deciso di contattare sia una editor che una correttrice di bozze che lavorano per case editrici di primo livello.”
Come mai hai deciso di non proporre il tuo manoscritto ad una casa editrice?
“Principalmente perché non ho pazienza. Parlando con gente del settore ho capito che per trovare una casa editrice e aspettare che mi pubblicassero sarebbero passati dai 12 ai 24 mesi e in parecchi casi non avrei nemmeno ricevuto risposte e a me questa dipendenza così viscerale verso qualcuno che per come si sveglia la mattina decide se il tuo libro va bene o meno non andava, anche perché poi la mia è una scelta di libertà, di uscire dall’ambiente di lavoro ordinario 9 – 17 per essere libero di viaggiare. In secondo luogo perché avrei preso il 5% – 8% sul prezzo di copertina, mentre autoproducendomi, pur dovendo affrontare le spese di editing, correzione di bozze, realizzazione della copertina e marketing, vado dal 40% al 70% quando vendo nelle presentazioni. Se però un domani una casa editrice dovesse farmi una proposta interessante, non escludo di vendere i diritti.”
Nel libro ricordi il tuo Erasmus in Spagna, sostenendo che dovrebbe essere una esperienza obbligatoria per tutti perché dici che “ti scanta”. Mi spiegheresti più approfonditamente i motivi per i quali suggeriresti ad un universitario di farlo?
“Prima di tutto credo che una esperienza del genere apra la mente e che quindi aiuterebbe anche a creare un po’ più di tolleranza, che di questi tempi farebbe comodo. Il “ti scanta” invece in dialetto parmigiano vuol dire che ti sveglia, ti rende sgamato: infatti ti toglie di casa per la prima volta, a meno che uno non sia uno studente fuori sede, ti costringe a trovarti una casa, a farti un nuovo giro di amici, ad imparare una lingua e a non dipendere, in sostanza, dai genitori.”
Sempre nel tuo libro dici che “le cose belle” che generano la felicità “sono ad entropia negativa, tendono a mettere ordine nella nostra vita, quindi tendenzialmente non accadono spontaneamente”. Come tu saprai, avendo citato Seneca in apertura della tua autobiografia, fin dall’antichità filosofi e letterati hanno cercato di fornire un metodo che permettesse all’uomo di raggiungere la felicità. Volendo pure trascendere da che cosa la felicità sia per ogni singolo individuo, quale metodo pensi di aver trovato per identificare quelle azioni in grado di generare l’entropia negativa di cui tu parli?
Credo che ognuno abbia la propria ricetta per la felicità. Poi, ci sono gruppi di persone simili per le quali funziona la stessa, o molto simile, ricetta. La mia è il cambiamento. Infatti ho sempre sofferto il fatto che, durante i miei primi quarant’anni, la mia vita cambiasse poco. Diciamo che mi teneva buono il fatto che per lavoro ogni due, tre mesi andavo dall’altra parte del mondo, cambiavo aria. Nel momento in cui quello non mi è più bastato e ho capito che fare altro dipendeva per il 99% dei casi da me, ho preso il toro per le corna e ho detto “adesso espatrio” e nonostante la paura sono andato avanti. Nel momento in cui ho deciso, c’è stato quel click e sono cominciate a succedere belle cose. Dopo due anni ho cambiato di nuovo, ho lasciato il lavoro a Dubai per viaggiare.
Ma come fai a riconoscere un cambiamento di vita che è potenzialmente anche un cambiamento dell’entropia negativa, ovvero un cambiamento positivo?
“Secondo me è difficilissimo capirlo. Ora mi occupo di coaching. Nei percorsi che gestisco affronto anche questo tipo di situazione, che è una delle più ricorrenti, ed il tipo di coaching che impartisco è un mix tra project menagement ed intelligenza emotiva. Io dico sempre di ascoltare la pancia tra virgolette, ovvero, se visualizzando il risultato di una determinata scelta, l’obiettivo ideale raggiunto, provi sensazioni piacevoli, più piacevoli rispetto a quelle che percepisci non facendo quella scelta, allora può valere la pena farla perché è una supposizione. Nel momento in cui poi cominci a muoverti in quella direzione, devi continuare ad ascoltare le emozioni che senti e se continuano a essere piacevoli, allora è la conferma che stai andando nella direzione giusta, altrimenti è bene tornare indietro o comunque fermarsi un attimo per riflettere.”
Tu saprai, occupandoti di intelligenza emotiva, che alcune scoperte scientifiche hanno messo in luce il grado di attendibilità statistica di certi giudizi in condizioni di incertezza, come la scelta di un cambiamento per esempio, direzionati dall’emotività.
Esatto.
Il cervello è un pessimo statista, tende a valutare, invece della probabilità, la rappresentatività di un evento. Ti chiedevo quindi come riesci a comprendere che stai valutando un’emozione, ovvero la rappresentatività di un buon risultato, oppure la sua probabilità.
“Guarda, non ho ancora trovato una ricetta, una formula per capire se stai andando nella direzione giusta. La mia ricetta personale è quella di cominciare ad andarci e vedere che succede. Fino ad adesso ci ho sempre preso, è sempre andata bene, credo, perché non so come sarebbe andata in un’altra direzione.”
Dopo la tua esperienza a Dubai, hai passato 299 giorni in America Latina. Pensi di pubblicare il seguito di “Permettimi di insistere” a riguardo di questa tua esperienza?
“Sì, la prima stesura è finita.”
Soddisfatto?
“No, tant’è che è lì a depositare, l’ho finita a maggio. Credo che in autunno rimetterò mano a quella che considero la bozza della prima stesura. Entro la fine dell’anno invece vorrei completare e mettere nelle mani di un editor la prima stesura. Potrebbe essere che lo faccia anche nel primo trimestre del 2021, vediamo.”
Quindi, piccolo spoiler, il 2021 potrebbe essere l’anno in cui pubblicherai il tuo secondo libro?
“Io vorrei che entro la fine del 2021 questo libro fosse pubblicato.”