Youtuber: Narratori digitali
Cos’è uno youtuber? È un produttore di video online sulla nota piattaforma web. Non è un passatempo, ma un lavoro vero, dove contano il numero delle visualizzazioni. Più il numero è alto e più è probabile si interessino aziende per fini pubblicitari. Se n’è discusso a Rovereto, sabato 14 aprile, nel corso della nona edizione di EDUCA, festival nazionale dell’educazione.
“Algoritmi Educativi” è stato il tema di questo anno, incentrato sulla responsabilità e il pensiero critico nel tempo delle nuove tecnologie. Nella sala convegni di Palazzo Fedrigotti, due noti youtuber italiani hanno fatto a gara di visualizzazioni – alla presenza di un pubblico composto per la maggior parte da giovani. Sono Claudio Di Biagio ex youtuber romano, ora conduttore radiofonico e regista di webserie, come la nota Freaks!, e Matteo Fumagalli, youtuber milanese che conta più di 60.000 iscritti sul suo canale, dove pubblica le sue video – recensioni letterarie ormai da due anni.
Per entrambi, la creazione di video è iniziata per caso, solo in seguito è diventata una professione, che come dice Claudio, “prende quasi tutto il giorno, tutti i giorni”. Anche se all’inizio gli iscritti al canale – che corrispondono ad un target dai 10 ai 25 anni – possono premiare l’originalità, per mantenere un certo numero di visualizzazioni, serve costanza, creatività e competenze.
Non è un caso che, per tutti e due, la passione per l’audiovisivo sia emersa fin da giovanissimi. Per Fumagalli, riuscire a mantenere un certo seguito, significa “costruire con il tempo una certa credibilità, con trasparenza e attenzione continua alle interazioni degli utenti”. Ed è proprio nell’interazione online che si aprono spazi di dialogo importanti.
Entrambi però, dalla posizione privilegiata di produttori, testimoniano che spesso, a prevalere nei commentatori, è la tendenza a imporre le proprie idee, piuttosto che la volontà di stimolare un dibattito aperto. Emerge il rischio di sottostare alla rete, invece di renderla un luogo d’interazione virtuale. Questi aspetti critici, molto spesso, vengono visti con diffidenza dai più grandi, che l’arrivo del web 2.0 lo hanno subito, più che vissuto.
Come fa notare una psicologa presente in sala, si aggiungono le difficoltà delle istituzioni educative, nell’approcciarsi a una realtà eterogenea che cambia in tempi brevissimi. Più che educare i ragazzi all’interazione web con un approccio tradizionale, potrebbe essere efficace che gli adulti stessi si mettano in gioco. Ammettendo, per primi, di avere bisogno di imparare a “starci dentro”. Grandi e piccoli, insieme, possono scoprire e fruire, nel modo migliore, le opportunità fornite dal web, che sono sempre più “reali”, e lo diverranno maggiormente con il passare del tempo.