La cascata di disponibilità: il fenomeno Greta Thunberg

Non sempre l’incorrere un bias porta a conseguenze negative e questa credo sia una lezione che si può trarre dal fenomeno Greta Thunberg. Ripercorriamo la sua storia.

di Valeria Balestra articolista dell’Agenzia di Stampa Giovanile

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Il 20 agosto 2018 Greta ha 15 anni e prende l’incredibile decisione di marinare ogni giorno la scuola fino alle elezioni del 9 settembre, recandosi al Parlamento svedese con l’ormai celebre cartello che recita “sciopero dalla scuola per il clima”, per poi ripetere la sua virtuosa rivolta ogni venerdì.

L’evento è atipico. Come è naturale – l’essere umano ha un viscerale bisogno di notizie sensazionali, come dimostra il funzionamento delle fake news – Greta fa convergere su di sé l’intera attenzione mediatica. Tanto è eccezionale il suo sciopero e ossessiva l’attenzione mediatica dedicatagli che, immediatamente, tutto il mondo ne parla e tutto il mondo arriva addirittura a sapere, notizia assai poco rilevante, che soffre della sindrome di Asperger.

A novembre ha luogo il primo sciopero internazionale, a dicembre tiene un discorso alla COP24 di fronte ai più grandi leader mondiali e nello stesso mese il Time la inserisce tra i 25 teenagers più influenti del 2018; milioni di persone si uniscono alla sua causa in ben 137 Paesi già a marzo e il pericolo costituito dai potenziali cambiamenti climatici porta i governi internazionali a prendere provvedimenti per la tutela ambientale.

Greta giunge così ad essere addirittura in lizza come la più giovane candidata al Premio Nobel per la Pace del 2019. Abbiamo assistito a quella che Cass Sunstein ed il suo collaboratore Timur Kuran definirono cascata di disponibilità:

“Una cascata di disponibilità è una catena autoalimentata di eventi, che può iniziare dalle notizie mediatiche su un evento relativamente minore e condurre al panico generale e a un’azione del governo su larga scala. In alcune occasioni, una storia mediatica riguardante un rischio cattura l’attenzione di un segmento del pubblico, che si allarma e si preoccupa. La reazione emozionale diventa una storia di per sé stessa, inducendo ulteriore copertura mediatica, la quale a sua volta produce sempre maggiore preoccupazione e coinvolgimento. (…) Il problema assume importanza politica perché è nella mente di tutti, e la risposta del sistema politico è guidata dall’intensità del sentimento pubblico. La cascata di disponibilità ha ormai resettato le priorità.”

Eppure la problematica ambientale è da parecchio tempo al centro dell’attenzione di una moltitudine di ONG e oggetto di documentari particolarmente brillanti come A Plastic Ocean, proiettato al Festival dei Diritti Umani della Triennale di Milano nel 2018 e disponibile addirittura su Netflix. Solo Greta Thunberg, però, la ragazza prodigio, è stata in grado di generare una bias di disponibilità tale da commuovere e smuovere il mondo intero, sensibilizzandolo al rischio. Si tratta forse dell’errore sistematico del giudizio più fortunato e virtuoso degli ultimi tempi.

L’attenzione umana, però, non si concentra a lungo su un solo obiettivo, ma, soprattutto, tende a normalizzare gli stimoli a cui è stata precedentemente esposta, benché originariamente eccezionali. Si può quindi comprendere meglio perché, nel precedente articolo, io abbia detto che la manifestazione globale del prossimo 24 aprile costituisca un gravoso banco di prova per il movimento Friday For Future. Infatti, complici i media, alla costante ricerca di eclatanti novità esattamente come il loro pubblico, ed il nuovo argomento sensazionale al centro del dibattito nelle ultime settimane, non si faticherebbe a spiegare come segue anche il calo delle adesioni agli ultimi scioperi.

Il Covid-19 sta generando la stessa cascata di disponibilità che ha precedentemente caratterizzato il fenomeno Thunberg, che già stava assistendo ad una inevitabile stabilizzazione. Il repentino cambiamento della percezione delle priorità non dovrebbe, a questo punto, stupirci: poco importa se l’Oms stima che tra il 2020 ed il 2050 la crisi ambientale provocherà 250 000 vittime in più ogni anno, se l’Aea (Agenzia europea dell’ambiente) stima che solo nel nostro Paese, nella stessa Italia in cui ad oggi non si registrano più di mille decessi per coronavirus, si registrano invece circa 80 000 vittime all’anno per l’inquinamento dell’aria. Il fatto che tutto questo sia passato in secondo piano non ci deve nemmeno scandalizzare: il nostro cervello, ripeto, è un pessimo statista.

È proprio a questo punto, però, che è possibile anche comprendere quanto la nostra epoca abbia davvero bisogno dei giovani, ma soprattutto quanto abbia bisogno della loro purezza d’intenti e, in primis, del loro inscalfibile idealismo, perché nessun dato statistico, nessuna ricerca scientifica potrà mai percuotere l’emotività della gente, sensibilizzandola, come le lacrime di una Greta Thunberg indignata durante il vertice Onu sul clima del 2019. Ed è per questo che, anche se i tempi sono bui, anche se gli esseri umani sono imperfetti ed incomprensibili a volte, proprio i giovani non devono farsi scoraggiare dal calo di attenzione che la loro battaglia sembra stia subendo, e non posso a questo punto che incoraggiarli con le parole che il celebre poeta Alfonso Gatto ha pronunciato proprio a dei giovani liceali nel 1968:

“Il poeta è un mestiere da cicala ma io faccio l’elogio alla proba formica. E invito i giovani a sostenere tutte le proprie ragioni, tutte le proprie illusioni, tutte le proprie rivendicazioni, tutte le proprie rivoluzioni, a essere comunisti, cinesi, quello che vogliono, però ad avere chiaro che per qualunque di queste cose bisogna lavorare sino all’ultimo e tutti i giorni, che il lavoro non finisce mai, che i finalismi non sono finalismi tanto lontani da farci dimenticare la nostra parte di presente, che soltanto quello che noi facciamo riusciamo ad ottenere.”

Non mollate, giovani, perché il mondo intero ha bisogno di voi e della vostra, unica e stupefacente, indignazione.