L’arte: lama e carezza

Sono giorni inquieti, avvolti nella solitudine, cerchiamo di ancorarci alle nostre passioni, per restare saldi, aggrappati alla terra e alla vita. 

di Nuvola Cipressa  articolista dell’Agenzia di Stampa Giovanile

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La lettura, la scrittura, la musica, la pittura sono tutti balsami o medicine per l’anima che l’uomo utilizza dalla notte dei tempi. Come ogni medicina, anche l’arte procura effetti collaterali perché quanti poeti, pittori, musicisti si sono cronicizzati nel loro delirio. L’arte: follia e salvezza, lama e carezza. È rischioso e complesso tracciare un solco che delimiti la creatività dalla stravaganza, dall’eclettismo. Quando si parla di arte siamo disposti ad abbattere i confini perché all’artista possono essere perdonate le stranezze che, invece, condanneremmo in altri esseri umani.

La storia dell’arte, non solo figurativa, è costellata di crimini, follie, violenze compiute da personaggi il cui talento offusca il buon senso e l’equilibrio. A Caravaggio abbiamo perdonato l’omicidio di cui si è macchiato, giustificandolo perché iracondo e passionale. A Van Gogh, la sua bizzarra inclinazione a nutrirsi dei tubetti di colore con i quali ha folgorato i nostri occhi ciechi e abbiamo accolto il suo orecchio mozzato come segno della sua estromissione dal mondo dei suoni e delle parole per concentrarsi sul fulgore dell’immagine. Da poco abbiamo imparato da Bukowski nella sua vita estrema e dissoluta e Freddie Mercury per la sua trasgressività e sfrontatezza.

L’arte perdona e ci fa perdonare. È il portale, lo “stargate” in cui rifugiarsi dalla “banalità del male” tanto cara ad Hannah Arendt. L’arte è alibi perfetto per crimini e nevrosi, ma è anche uscita d’emergenza. E’ elaborazione del dolore come per Isabelle Allende che trasforma la tragedia della perdita della figlia in opera letteraria nel suo celebre Paula. E’ sublimazione degli orrori della guerra francoprussiana in Monet che tramuterà l’esplosione della polvere da sparo nella fioritura delle sue ninfee danzanti. È poesia d’amore sparpagliata nei boschi per Hemingway nel suo Per chi suona la campana.

L’arte salva, rende immortali, cristallizza l’anima dell’artista nella sua opera. L’arte è il dio buono che accoglie i suoi figli.