Dalla parte giusta della storia e non più solo spettatori

di Jimena Solano
Traduzione di Carlotta Zaccarelli articolista dell’Agenzia di Stampa Giovanile

Ho vent’anni e studio giurisprudenza all’Università del Costa Rica. È la mia prima volta alla COP, insieme alla delegazione del mio Paese del Youth and Climate Change Network. Non ho dubbi sul fatto che la questione che riunisce circa 200 Stati a Madrid sia la maggiore sfida dell’umanità. Ecco perché il Summit è rilevante per tutti i cittadini del mondo.

Vengo dall’America Latina, una regione segnata da diversità, ineguaglianza, vulnerabilità. Ma è anche un luogo ricco di risorse naturali, spesso bistrattate e sprecate.

Come giovane e futuro avvocato, mi sento molto privilegiata di far parte di questa Conferenza. Io, a differenza di molti latinoamericani, non sono costretta a lottare per la mia sopravvivenza. Perciò, è mia e nostra la responsabilità della situazione: chi ha voce e capacità di influenzare ha il dovere morale di riportare ai decisori politici le difficoltà di chi lotta e soffre in silenzio per affrontare in modo efficiente tutte le problematiche connesse ai cambiamenti climatici.

Però, ho partecipato a diversi meeting preparatori e preliminari alle negoziazioni e ho concluso che il sistema è eccessivamente formalistico e inefficace. Non si muove alla stessa velocità del problema che si vuole affrontare. E perciò, diventa quindi fondamentale il ruolo della società civile, che deve fare pressione specialmente su quei Paesi che si ostinano ad ostacolare il processo decisionale internazionale. Partecipare alla COP e alla Marcia per il Clima tenutasi il 7 dicembre per le strade della capitale spagnola mi ha fatto capire la forza e la determinazione che ci caratterizza come esseri umani: mezzo milione di persone ha affermato in modo deciso che la crisi climatica è una questione di vita o di morte, di diritti umani, di giovani, di popoli indigeni – un’urgenza che merita una soluzione immediata.

Voglio credere che, al di là degli interessi politici ed economici, ci sia un cuore comune capace di provare empatia e di agire secondo quell’empatia. Altrimenti, noi, i giovani del mondo, soffriremo quelle conseguenze che si sarebbero potute evitare qualora ci fosse stata volontà politica da parte dei negoziatori e dei governi. È evidente che, dopo 24 edizioni della Conferenza, il progresso fatto sia esiguo e l’emergenza sempre più tale.

Dato ciò, i leader di tutti i settori sociali devono agire per svegliare le coscienze che ancora dormono e incoraggiare tutti ad essere attori del cambiamento. Perché, senza dubbio, la speranza è anche in noi: i cittadini planetari. Ognuno, secondo le sue possibilità, deve agire senza aspettare che qualcun altro prenda il comando. Continuerò il mio lavoro nell’ambito delle politiche studentesche e nazionali, del diritto e dell’accademia, considerando le voci di chi è coinvolto maggiormente nelle problematiche in discussione. Viviamo in un momento critico ed è nostro dovere stare dalla parte giusta della storia e smettere di essere solo spettatori. È tempo di agire: sei con noi?