Cosa significa partecipare al ClimateStrike?

di Leila da Silva Lima, articolista dell’Agenzia di Stampa Giovanile

Essere a Trento e partecipare alla manifestazione del 15 per me è un motivo di orgoglio. In qualche modo, mi ha fatto fare più attenzione ai piccoli dettagli della vita di tutti i giorni che possono aiutare a salvare il pianeta dal cambiamento climatico. Essendo appena arrivata dalla Catalogna sto ancora imparando l’italiano, e continuo a incontrare molte difficoltà a comunicare. Ma far parte della manifestazione mi ha fatto sentire integrata, parte di un tutto, di una società che si orienta verso lo stesso obiettivo. È stata una manifestazione che ci ha permesso di comunicare non solo in tutte le lingue, ma anche tramite disegni, musica, poesia. Ho visto persone di tutte le età, di diverse nazionalità e con disabilità. È stata davvero una manifestazione storica.

Questa dimostrazione è stata molto diversa da qualunque altra io abbia mai assistito. Mi ricordo la prima manifestazione a cui ho partecipato nel 2013, quando vivevo in Brasile. Abbiamo protestato contro l’aumento esorbitante dei biglietti dell’autobus, in un momento in cui il Brasile investiva miliardi di euro nella costruzione degli stadi per il Mondiale. La classe studentesca fu una delle più danneggiate dall’aumento e mi ricordo che quel giorno non siamo andati all’università per protestare. Anni dopo, quando vivevo già in Spagna, ho partecipato ad un’altra grande manifestazione, in particolare in Catalogna, dopo la violenza della polizia nelle scuole contro le persone, compresi gli anziani, che hanno voluto partecipare al referendum sul diritto di decidere se la Catalogna dovrebbe costituire una repubblica indipendente.

Per me il movimento ClimateStrike ha tre differenze principali in confronto alle manifestazioni a cui ho già partecipato, e ad altre che esistono. Prima di tutto, è una causa inclusiva, alla quale persone di tutte le età, sesso, colore, etnia hanno il potere di uscire e gridare, indipendentemente dalla lingua, “salvate il pianeta”. Come si legge in una delle più famose frasi del ClimateStrike, presente in diversi manifesti, “non esiste un pianeta B” – sottolineando la volontà comune di cambiare il sistema che sta distruggendo la terra. Mettiamo in chiaro che le gravi conseguenze dei cambiamenti climatici sono più vicine di quanto pensavamo tempo fa, e che è necessario fare immediatamente qualcosa per interromperlo.

La seconda differenza, una caratteristica molto importante per me, è che la dimostrazione non mira solo a mettere politici ed industria di fronte alle loro responsabilità. C’è anche l’autocolpevolezza nel contribuire al riscaldamento globale e alla distruzione dell’ambiente attraverso il consumo irresponsabile, e la responsabilità di ciascuno di agire per il cambiamento. Questa caratteristica ci porta alla terza differenza, la ricerca di informazione.

Il valore di una semplice frase scritta su un pezzo di cartone, l’atto di cercare dati da scrivere su un poster su un fatto allarmante, fa sì che molte persone ricevano un determinato tipo di informazione che non vedono ogni giorno, o che normalmente non viene semplicemente nemmeno presa in considerazione. Ad esempio, le migliaia di litri d’acqua necessari per produrre un capo di abbigliamento o un hamburger. Pertanto, le persone che cercano informazioni importanti da trasmettere, così come quelle che le ricevono, sono spinte a riflettere sulla loro routine, sul loro consumo quotidiano, su quel piccolo atteggiamento che potrebbe contribuire al cambiamento climatico. In questo modo visualizzano il problema, presentano soluzioni, comunicano e continuano a richiedere l’azione dei politici.

In breve, entrare a far parte di ClimateStrike, oltre ad andare in piazza di venerdì e protestare, richiede anche un atteggiamento immediato e una cooperazione per il cambiamento. L’obiettivo principale di ClimateStrike è trasformare il nostro comportamento, nostro modo di consumare. Dobbiamo adottare una posizione “everyday for future”.