COP28: “Siamo a un minuto dalla mezzanotte”

La COP28 è quasi giunta al termine, sono queste le ultime ore di negoziati tra i Paesi del mondo per decidere le sorti del nostro Pianeta.

di Ilaria Bionda

Siamo agli sgoccioli della ventottesima Conferenza ONU sul clima, l’aria è elettrica come tutte le volte in cui la conclusione è vicina. Quale conclusione, ancora non si sa con certezza. Come non si sa con certezza se la Cop terminerà con la data di chiusura ufficiale, il 12 dicembre, o se continuerà oltre. Però è questo il momento di tirare concretamente le somme dei dodici giorni di negoziati.

“Il fallimento non è un’opzione”

Domenica 10 dicembre il presidente della Cop Sultan Al Jaber, nella sua arringa finale per invitare le delegazioni a chiudere – con flessibilità – le negoziazioni, ha sottolineato che “Il fallimento non è un’opzione”. Per la presidenza è opportuno che tutte le circostanze nazionali vengano prese in considerazione, che nessuna voce venga sottovalutata, che tutti siano ascoltati. Questo discorso si è posto però in netto contrasto con le voci dei Paesi in via di sviluppo, che hanno lamentato uno scarso ascolto da parte della presidenza per tutta la durata della Cop28.

“C’è ancora molto da fare”

Nella mattina di lunedì 11 dicembre è stato invece il discorso del segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, a emergere. Riprendendo ciò detto all’apertura del vertice, Guterres ha affermato che “Il nostro Pianeta è a un minuto dalla mezzanotte […] e l’orologio sta ticchettando”. È quindi, questo, il momento della massima ambizione, da combinare però con l’equità. Il segretario si è difatti riferito alla necessità che vi sia un’idea di solidarietà e di supporto verso i Paesi con un diverso livello di sviluppo, così come un’affermazione concreta della giustizia climatica, per la quale “c’è ancora molto da fare” nonostante il Fondo per Perdite e Danni, approvato inaspettatamente il primo giorno di Cop, e l’esistenza del Fondo Verde per il Clima (l’entità operativa del meccanismo finanziario di assistenza dei Paesi in Via di Sviluppo). Guterres ha poi citato, definendo i prossimi due anni come “cruciali”, anche l’importante tema dell’adattamento, per il quale è necessaria molta più ambizione.

Ecco la bozza del testo finale

Ambizione che, però, non è particolarmente presente nella bozza, pubblicata in serata, dell’atteso testo finale relativo al Global Stocktake. Per riportare le parole di Eleonora Cogo, membra della delegazione trentina a Dubai ed esperta di politiche climatiche, si tratta, questo, di un “Primo tentativo di testo senza opzioni tra cui scegliere, che difficilmente troverà il consenso poiché scontenta un po’ tutti. È un documento poco ambizioso e, soprattutto, mette tutte le soluzioni sullo stesso piano senza orizzonti temporali definiti”. La bozza, infatti, comprende il termine “combustibili fossili”, ma non il tanto agognato “phase out”, ossia l’eliminazione totale di essi.

Questo testo, su cui si lavorerà e negozierà ancora durante la giornata del 12 dicembre, e forse oltre, contiene sicuramente alcuni dettagli importanti: l’allineamento con l’obiettivo dell’1,5°C, il riconoscimento dei rischi climatici nel sistema finanziario e l’accenno a natura ed ecosistemi, con un anno di fine (il 2030) per la deforestazione. Tuttavia, è ancora troppo poco, i pareri sono per lo più negativi e nella stessa direzione delle parole di Eleonora Cogo. La presidenza lo ritiene un testo che rispecchia le ambizioni iniziali, ma sono più che numerose le voci che lo definiscono “un gigantesco passo indietro”, “un’incoerente lista di deboli misure” e “deludente”. Tutto si definirà tra il 12 dicembre e i giorni successivi, ma, per riprendere le parole di Guterres: “Siamo fuori strada e stiamo esaurendo il tempo a disposizione”.

Articolo pubblicato su Il T quotidiano del 12 dicembre 2023.