Rotta climatica. Storie di migrazioni e riscaldamento globale

La mia storia dietro all’ultimo podcast di Sanbaradio.

di Viola Ducati

Come nasce un podcast? Me lo sono chiesta molte volte. Penso che anche i podcast, come i libri, nascano dall’incontro di storie diverse che hanno la stessa urgenza di essere raccontate. Rotta climatica è una serie di quattro episodi che unisce più di venti voci sparse su tutto il territorio italiano. Venti voci e venti volti che hanno deciso di rendere pubblica una parte grande o piccola di sé. E poi ci sono le storie degli autori, Gabriele Bertacchini, Andrea Genzone ed io. Non ce lo siamo detti, ma credo che ognuno di noi avesse una storia speciale da raccontare, una parola da far sentire con più forza e più fretta.


La mia storia

Ho conosciuto Malik nella primavera del 2021, quando ho iniziato il servizio civile al Centro Trentino di Solidarietà. Poco meno di cinquant’anni, sguardo profondo, a volte malinconico, Malik decide subito di raccontarmi la sua storia. Forse se ne vuole liberare, oppure vuole farmi capire qualcosa in più di se stesso, al di là dei problemi di salute e della ristrettezza economica con i quali si è dovuto presentare. La sua è la storia di un sogno italiano finito male, partito da una Vespa Piaggio di colore blu. Il padre, ingegnere civile pakistano, dagli anni Sessanta lavorava in Arabia Saudita per un’impresa italiana. La vespa era stata un regalo arrivato alla fine della costruzione di un grande ponte. Alla sua morte prematura, Malik, quattordicenne, aveva deciso di partire alla volta dell’Italia alla ricerca di un lavoro, per mantenere la madre e i numerosi fratelli, tutti più piccoli. Con quella decisione era iniziata la “rotta”: un viaggio lungo anni, fatto di lavori precari e in nero, violenze e abusi. L’Iran, la Turchia, i Balcani, la Germania, l’Austria, l’Alto Adige, poi il Trentino… il viaggio di Malik non è ancora finito. La rotta, una volta imboccata, non porta ad alcuna meta, perché la brutalità fisica e psicologica, l’emarginazione e la criminalità che l’accompagnano lasciano buchi e ferite difficili da riparare.

Quando ho conosciuto Malik ancora non sapevo che quest’estate, in Pakistan, le precipitazioni sarebbero state cinque volte superiori alla media annuale. Non sapevo che il 26 agosto 2022 il governo di Islamabad avrebbe annunciato lo stato di emergenza. Dall’inizio della stagione monsonica (anticipata) a settembre, 33 milioni di persone sarebbero stati costretti a lasciare la propria casa. Quando le inondazioni del Pakistan hanno occupato i titoli dei giornali occidentali ho iniziato a informarmi e ho scoperto che alluvioni “straordinarie” colpiscono il Paese da una decina di anni. Ogni anno più di centomila persone si mettono in viaggio verso la penisola arabica, l’India, l’Europa e l’Italia, dove la presenza pakistana è aumentata del 36% tra il 2012 e il 2021.

Tra chi è partito c’è anche Sulman, 26 anni, che ha lasciato il Punjab nell’autunno del 2018. Ma questa è un’altra storia, la storia di un lungo viaggio dai contorni a tratti sfuggenti che i quattro episodi del podcast provano a ricostruire e raccontare.

I rifugiati che non esistono

C’è qualcosa che mi colpisce in questo intreccio di storie. Malik e Sulman rappresentano due generazioni – quella dei miei genitori e la mia – costrette a migrare, per ragioni differenti, lungo la stessa rotta. E nella stessa indifferenza. “Migrante economico” e “rifugiato ambientale” sono etichette vuote, che descrivono poco e garantiscono ancora meno. La prima è una categoria che non rientra nei criteri per ottenere lo status di rifugiato; la seconda, indicando l’ambiente come causa di “persecuzione”, definisce una figura, quella del “rifugiato climatico”, non riconosciuta dalla Convenzione di Ginevra. Dietro ad entrambe c’è la fragilità politica, sociale, economica e ambientale di un territorio; un quadro complesso, dove molte cause si intrecciano, rendendo difficile individuare dei criteri univoci per inquadrare le persone che migrano. Ma questa complessità va affrontata, per non abbandonare i migranti a un destino di illegalità.

Se le cause sono complesse, anche la risposta dovrà essere articolata. All’interno del podcast abbiamo provato a raccogliere voci critiche, ma anche voci generative, voci di persone che agiscono per cambiare questa traiettoria. La rotta climatica forse non è solo la condanna di tante comunità, ma anche un’opportunità di cambiamento. Forse è una strada da percorrere tutti insieme, cercando di costruire relazioni migliori con la natura e le persone. In tempi di riscaldamento globale, la rotta climatica è potenzialmente la rotta di tutte le rotte.

Sono idealista? Forse. Ma chi, oggi, può permettersi di non esserlo?

Rotta climatica – storie di migrazioni e riscaldamento globale è un podcast di Andrea Genzone, Gabriele bertacchini e Viola Ducati, prodotto da Sanbaradio è diffuso da avvenire, con il contributo di fondazione Caritro, ecomuseo della Valsugana e Apt Valsugana Lagorai

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