L’Okavango scorre tra Angola e Nambibia. Foto di Jose Mizrahi

Non toccate l’Okavango

Nel bacino del fiume Okavango l’attività estrattiva di una multinazionale nordamericana minaccia popoli indigeni, animali in via di estinzione, una natura pura e selvaggia. Che merita di non essere distrutta.

di Desirée Tripodi, articolista di Agenzia di Stampa Giovanile

Si dice che in natura sia meglio lasciare alcune cose indisturbate. Nell’ottobre 2021 l’organizzazione no-profit Re:wild lancia una campagna globale per fermare le trivellazioni di petrolio e gas nell’Okavango. Siamo in Africa meridionale: il fiume nasce negli altopiani dell’Angola, attraversa la regione di Kavango in Namibia, forma un Delta interno in Botswana e sfocia nel deserto del Kalahari. In questi luoghi vivono diversi gruppi etnici e animali maestosi che rischiano di scomparire per sempre. Un “fragile ma vibrante” ecosistema – com’è stato descritto – messo in pericolo dai piani di una multinazionale canadese. Le conseguenze ecologiche delle sue operazioni (come l’accumulo di inquinanti tossici) potrebbero essere devastanti e irreparabili. Se ReconAfrica ha messo le mani su un tale scrigno di biodiversità, l’attivista e poeta Reinhold Mangundu ha mobilitato l’opinione pubblica.

Siccità, incendi, bracconaggio e sfruttamento già flagellano la zona. Eppure il Delta dell’Okavango – visibile fin dallo spazio – è un sito patrimonio dell’umanità UNESCO, una delle meraviglie naturali del mondo e una Key Biodiversity Area. Qui trova rifugio la più grande popolazione di elefanti della savana in via di estinzione. Ma anche: licaoni (n.d.r. cani selvatici africani), leoni, ghepardi, iene, rinoceronti, bufali, zebre, giraffe, ippopotami, coccodrilli. Oltre ad uccelli, pesci, anfibi, rettili. Dall’acqua pulita che scorre soprattutto durante la stagione delle inondazioni dipende il sostentamento di agricoltori e pescatori. Davvero un’ancora di salvezza per centinaia di migliaia di persone.

Re:wild ha lanciato una campagna per salvare il fiume Okavango dalle trivellazioni di gas e petrolio. Foto di Maria Baltazzi

“Un paese delle meraviglie ecologico”

A fine 2020 si sparge la voce che ReconAfrica ha ottenuto una licenza ventennale per perforare in via esplorativa un’area tra la Namibia e il Botswana. Le dimensioni? Più o meno quelle del Belgio. Leader della società civile, ambientalisti e scienziati iniziano a manifestare i propri timori. L’azienda non ha consultato in maniera adeguata la comunità locale né predisposto sufficienti salvaguardie per prevenire l’inquinamento delle risorse idriche. Gli obiettivi della campagna di Re:wild sono:

  • Una moratoria completa sull’esplorazione di petrolio e gas;
  • Una commissione pubblica per indagare in modo indipendente e trasparente sui suoi effetti;
  • Incoraggiare i governi di Namibia e Botswana ad adottare un’energia alternativa e sostenibile.

In gioco non c’è soltanto un paesaggio unico, ma un ecosistema sano. Sfruttare un habitat naturale in nome degli interessi di pochi anziché preservarlo e consegnarlo alle generazioni future? No grazie.

Qui il link per firmare la lettera aperta.