Migranti Climatici: Quale Ruolo Nell’accordo Di Parigi?
A partire dalla COP 14 (Cancún), il tema della mobilità umana ha acquisito un rilievo crescente all’interno processo UNFCCC, divenendo ufficialmente riconosciuto nell’ambito del Cancun Adaptation Framework come una strategia di adattamento. Dalla sessione di Doha (COP18) è stato progressivamente ancorato alla spinosa questione di Loss and Damage (L&D), ritagliandosi una specifica area d’azione all’interno del piano biennale del meccanismo stabilito a Varsavia nel 2013 (Warsaw International Mechanism on Loss and Damage).
Non a caso, nella bozza d’accordo attualmente in esame a Parigi, migrazione e L&D sono indissolubilmente legati. La proposta del G77+Cina sull’articolo 5 avanza infatti la creazione di una “climate displacement coordination facility”, con l’obiettivo di supportare e coordinare la rilocazione delle persone colpite da eventi estremi in paesi invia di sviluppo particolarmente vulnerabili. Il meccanismo dovrebbe aver il compito non solo di facilitare le fasi di gestione dell’emergenza ma anche di supportare processi di migrazione e rilocazione pianificata.
E’ interessante notare come nella bozza di accordo discussa lo scorso febbraio si facesse anche riferimento a “misure di compensazione per le persone dislocate a causa dei cambiamenti climatici”. Nonostante questo linguaggio sia stato abbandonato nei round negoziali successivi, la risposta dei paesi industrializzati è stata comunque tiepida. Ad esempio, la proposta di testo avanzata dall’Umbrella Group fa unicamente riferimento all’opportunità di migliorare la “la comprensione, il coordinamento e la cooperazione in materia di migrazioni”, tacendo su possibili implicazioni operative.
Nonostante la pressante attualità del tema, il dibattito intorno alle funzioni ed operativizzazione della proposta del G77 è ancora piuttosto scarso. L’effettiva portata della proposta e la sua (eventuale) collocazione all’interno dei risultati della conferenza di Parigi (Accordo o decisioni) resta tutta da determinare, sia a causa dell’ampiezza del linguaggio utilizzato nella proposta stessa, sia per le sfide nel delineare i rapporti causali tra cambiamenti climatici e fenomeni migratori.