L’estate più calda della storia
Uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Nature Medicine dimostra che “morire di caldo” non è solo un modo di dire.
Di Ilaria Bionda
© immagine di copertina CMEMS / Copernicus
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L’estate 2023 si sta già dimostrando un’estate da record per le temperature. Secondo i dati raccolti dal Copernicus Climate Change Service – il programma di monitoraggio ambientale dell’Unione Europea – il mese di giugno è stato il più caldo mai registrato da un osservatorio meteorologico. Si tratta, questa, di una tendenza iniziata diversi anni fa e accelerata esponenzialmente nei 12 mesi appena trascorsi, dall’estate 2022, considerata dal rapporto Global Climate Highlights “la più calda della storia”. Sicuramente abbiamo avuto modo di rendercene conto soprattutto in città, dove si sono sempre più diffuse le ondate di calore.
Molti tra noi ricorderanno un caldo simile già nella celebre estate del 2003. Quella, però, alla realtà dei fatti si è trattata di un caso eccezionale inserito in un periodo di temperature globali costanti. Dal 2013 al 2022, invece, si è registrato un innalzamento delle temperature accelerato, con moltissime conseguenze negative sotto vari punti di vista.
Il 10 luglio 2023 alcuni studiosi hanno pubblicato sulla rivista Nature Medicine uno studio che approfondisce una delle più serie conseguenze dell’innalzamento delle temperature. Oltre agli effetti sulla natura come lo scioglimento dei ghiacci, i prolungati periodi di siccità e i vasti incendi, il caldo ha un effetto molto serio anche sulla salute umana. Nel 2022 si è registrata un’altissima incidentalità sul numero delle vittime: tra il 30 maggio e il 4 settembre 2022, in Europa, sono state registrate 61.672 morti per il caldo.
I Paesi del sud-ovest europeo, in particolare quelle limitrofi al Mar Mediterraneo, risultano tristemente in testa alla classifica dei numeri di vittime e dei tassi di mortalità più elevati. Al primo posto l’Italia, dove i termometri hanno segnato + 2,28°C, con un conto di 18.010 morti e con un tasso di 295 vittime per milione di abitanti (di moltissimo superiore al 114 dell’Unione Europea).
Anche nel 2003 il numero di vittime era stato molto elevato (più di 70.000) e, a seguito di questo, vi sono state riflessioni sull’implementazione di strategie volte a proteggere la popolazione a rischio: anziani, adulti con preesistenti malattie cardiovascolari e respiratorie, individui isolati e svantaggiati. Negli anni, dunque, i governi hanno messo in atto degli sforzi per un adattamento preventivo comprendenti strategie di preparazione e risposta, azioni di intervento e sistemi di allerta. Tuttavia, i numeri dimostrano che qualsiasi azione si è rivelata insufficiente per prevenire le morti del 2022.
Serve qualcosa di più efficace, poiché senza misure di prevenzione, le previsioni vedono un ulteriore peggioramento della situazione con aumenti elevati in questi numeri già drammatici, fino a una cifra di 120 mila morti per il caldo ogni estate. Studi come quello pubblicato su Nature Medicine hanno proprio l’obiettivo principale di aumentare la consapevolezza e di convincere i governi ad indirizzare più specificatamente la propria azione contro il cambiamento climatico e il riscaldamento globale e i rischi negativi derivanti.
Non si tratta di un’utopia. La Francia sembra aver imparato la lezione dell’estate 2003: il tasso di mortalità legato al caldo nel 2022 è di 73 (vittime per milione), un numero esiguo confrontato con le altre nazioni europee. Il Paese d’oltralpe ha attivato un efficiente sistema di allerta che include annunci pubblici con suggerimenti per vivere senza pericoli le giornate più calde e per aumentare la consapevolezza, oltre ad aver avviato un sistema di identificazione degli individui con necessità, per fornire adeguato supporto. L’obiettivo è quello di ridurre la vulnerabilità, adattandosi alle condizioni estreme che si profilano sempre più frequenti.