L’Arte al servizio del clima

Sono soprattutto pinguini e uccelli. E qualche figura umana, in netta minoranza. Scrutano silenziosi i delegati ai lati del vialetto polveroso che attraversa l’area della COP 22, catturando con i loro occhi di ferro imbrunito lo sguardo curioso dei passanti. Sono statue semplici, ricavate da marmitte e altra ferraglia raccolte per le strade di Zenata, alla periferia di Casablanca. E tuttavia riescono a conferire una grazia quasi inaspettata a questo luogo fatto di grandi tendoni e prefabbricati di compensato, uno uguale all’altro.
Custode di questa fauna di metallo è Nordine Znati, artista marocchino di 43 anni. Non è difficile notarlo tra le migliaia di persone che animano la conferenza: dreadlocks lunghi fino alla vita e gamba ingessata dopo una caduta sugli scogli mentre stava pescando. Ci racconta che è diventato artista solo 8 anni fa. E un po’ per caso. Lavorava con il padre e i due fratelli come ferrivecchi e capitava mettesse via alcuni pezzi intravedendo in loro dell’”arte”. Ma non sapeva se ci avrebbe mai fatto qualcosa. Fino al giorno in cui un amico gli ha mostrato un catalogo di un collettivo di artisti mozambicani che realizzavano delle opere a partire dalle armi e dai bossoli impiegati durante la guerra civile.
“E lì ho capito che era il tipo di arte che volevo fare. Ma non avevo armi e ho iniziato a raccogliere marmitte per poter parlare della questione ambientale”. Una delle opere più iconiche, in questo senso, è un’aquila che calpesta un oleodotto e che Nordine ha realizzato una settimana prima di partecipare alla COP. “Ho un amico Sioux che ha creato il movimento delle “Standing Rocks” in Nord Dakota, per protestare contro la realizzazione di un oleodotto sulle riserve idriche delle comunità indigene. È un’opera che molti notano e che fa impressione soprattutto agli americani.”
Gli chiedo quale può essere il ruolo dell’arte all’interno della sfida climatica. “Penso che sia importante e possa complementare quello che la scienza fa. Non tutti sono in grado di capire la scienza, ma un’opera d’arte può invece parlare a qualsiasi persona e colpirla. Un francese aveva le lacrime agli occhi guardando una scultura. Il ruolo dell’arte è quello di entrare in relazione e cambiare qualcosa nelle persone. Se non ci riesco con le mie opere, non sto facendo il mio lavoro. Prima di venire alla COP pensavo che se fossi riuscito a colpire solo una persona sarebbe stato abbastanza. Qui sono riuscito a raggiungerne centinaia. Migliaia. Il mio progetto ora è di realizzare una carovana che attraversi il Marocco da nord a sud per far conoscere la mia arte alla gente.”
Rimane però una curiosità: perché le opere raffigurano principalmente pinguini ed uccelli? “Le marmitte hanno in fondo già la stessa forma degli uccelli. E poi mi piace l’idea che possano migrare e, in certo senso,  portare con loro la mia arte.”