La volontà di cambiare è una risorsa rinnovabile

Giorno 11 novembre, l’ex vicepresidente degli Stati Uniti, Al Gore, ha fatto un interessante intervento all’interno di uno degli side events della Cop23 di Bonn.Al Gore ha iniziato il panel ponendo la seguente domanda: “Dobbiamo davvero cambiare? Possiamo cambiare, e come lo faremo?”
Rispondendo alla prima domanda, ha fatto notare come questo sia stato l’anno (senza El-Niño) più caldo della storia. Infatti, l’Europa ha sperimentato un “allarme rosso” con temperature che hanno raggiunto i 43 gradi, mentre in Australia sono stati segnati 47.5 gradi. La situazione è ancora più allarmante in Medio Oriente, con massime di 54 gradi, aggravando le già difficili condizioni di vita. Tuttavia non è solo il caldo a disturbare, ma anche altre condizioni atmosferiche estreme come inondazioni, inquinamento atmosferico, siccità ed uragani. Questi fenomeni hanno effetti diretti sulla vita umana e l’economia.
Alcuni esempi che l’impatto ambientale ha avuto negli ultimi mesi sono i seguenti:l’83% del Puerto Rico si trova senza elettricità a causa degli uragani che hanno devastato diversi Paesi del Nord America. La distruzione che Harvey, Irma e Maria hanno causato sta costando 350 miliardi di dollari agli Stati Uniti. E’ importante quindi tenere in conto che le implicazioni sanitarie e politiche relazionate al cambiamento climatico non influenzano soltanto i paesi più avanzati, ma anche quelli meno sviluppati.
È necessario avviare una rivoluzione globale della sostenibilità e aumentare gli impegni dei paesi. Globalmente, 5,3 trilioni di dollari sono investiti per sovvenzionare i combustibili fossili mentre solo 150 miliardi sono investiti nel settore delle energie rinnovabili. Ciò significa che vengono dati circa 30 volte più fondi per la distruzione del nostro pianeta. La buona notizia è che abbiamo le soluzioni a portata di mano, poiché le energie rinnovabili sono le più economiche (il vento in primis) e le abbiamo scelte.

Uno dei punti affrontati da Al Gore è la mancanza di attenzione che la comunità internazionale ha dato alle conseguenze politiche delle crisi climatiche, facendo riferimento a due casi specifici che vogliamo evidenziare.Il primo riguarda la Siria, l’ultimo paese che ha deciso di firmare l’accordo di Parigi, e in cui la siccità ha ucciso l’83% del bestiame e ha trasformato il 65% della terra fertile in sterile. Questa situazione ha forzato 1.500 siriani a migrare durante il periodo che va dal 2006 al 2010.Un altro caso riguarda la Brexit, dove il tema dei rifugiati è stato uno degli elementi che ha favorito questa decisione.
Nisreen Al Sayeem, una giovane di 21 anni che fa parte della delegazione del Sudan, ha condiviso con noi la storia del conflitto in Darfur. In Darfur, a causa delle variazioni delle precipitazioni, l’attività agricola è stata molto colpita e così anche l’allevamento dei cammelli, generando uno  scontro ancora più acceso tra le diverse comunità della zona.Per placare lo scontro il governo decise di acquistare più cammelli, invece di avere una prospettiva più ampia e a lungo termine sul conflitto.
Oggi Nisreen è disposta a cambiare il suo paese come giovane negoziatore della sua delegazione; studia fisica e scienze politiche, con l’obiettivo di ridurre il divario tra scienza e politica e raggiungere così una prospettiva più ampia per poter fornire soluzioni alle diverse crisi prodotte dal cambiamento climatico.