La voce dei popoli indigeni al Summit Sociale sul Cambiamento Climatico

di Ana Nieves, Fundación Por Causa in collaborazione con l’Agenzia di Stampa Giovanile

traduzione di Elisa Calliari

Il Summit Sociale sul Cambiamento Climatico è iniziato il 6 dicembre a Madrid. È alternativo alla COP25 e si svolge dal 6 al 13 dicembre con la partecipazione di organizzazioni da tutto il mondo.

In questo contesto è iniziata la “Minga Indigena”, il Summit dei popoli indigeni alla COP25, che avrebbe dovuto aver luogo in Cile. Durante il primo giorno ci sono stati molti interventi sulla conoscenza e le esperienze indigene di diverse comunità e su come questi saperi tradizionali possano essere messi al servizio dell’umanità contro i cambiamenti climatici. In questa prima giornata, i rappresentanti di diverse comunità indigene hanno parlato di temi come la medicina indigena, la sostenibilità del loro modello di vita e hanno richiamato alla necessità di proteggere la terra.

È stato proiettato un film intitolato “Una chiamata per la terra” in cui molte persone, nelle proprie testimonianze, hanno chiesto si iniziasse a trattare il fuoco, la terra, l’aria e l’acqua come elementi e non come risorse. Alla stessa maniera, hanno sottolineato la necessità di decolonizzare lo spirito e hanno illustrato il progetto che stanno realizzando per proteggere i loro boschi e la loro terra: “L’Alleanza dei guardiani della Madre Terra”.

Nel 1992, per gli indigeni, non si sono festeggiati i 500 anni dalla “scoperta dell’America” così come si conosce in Occidente, ma bensì 500 anni di memoria e resistenza. Secondo Mindahi Bastida “il mondo si sta svegliando ora davanti ai cambiamenti climatici, ma la crisi esiste da quando è iniziato il colonialismo, che maltratta la terra a favore del sistema economico”.

I rappresentanti indigeni affermano che hanno protetto la terra per secoli, ma che si deve ora realizzare un’alleanza tra nazioni perché non possono continuare da soli a proteggere l’80% della terra minacciata per lo sfruttamento, l’industria mineraria e il fracking.

Come ha sottolineato Emilie Gaillard, avvocata e membro dell’Accademia della Normandia per la Pace, sono necessarie nuove forme di difesa, si devono trasformare le leggi internazionali e cambiare la narrativa per includere leggi nazionali che proteggano le generazioni future. Inoltre, ha aggiunto, “nel diritto internazionale mancano concetti e leggi che proteggano le comunità indigene”.

Nonostante i popoli originari abbiano perso più della metà delle proprie lingue, sostengono che continueranno a fare quello che hanno fatto fino ad oggi, perché è quello che ritengono giusto e hanno fiducia che si possa generare una convergenza tra popoli, affinché l’Occidente possa imparare dalle esperienze indigene di resilienza.

In seguito agli interventi, gli indigeni hanno partecipato alla marcia per il clima assieme alle migliaia di persone che hanno riempito le strade di Madrid. Continueranno a realizzare eventi durante tutta la settimana per avvicinare i saperi nativi all’umanità, affinché possa imparare e agire contro il cambiamento climatico.