I popoli indigeni lottano per il futuro delle nuove generazioni

La Conferenza sul Clima delle Nazioni Unite (COP23) è il luogo ideale per poter ascoltare voci differenti. La Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) dedica da anni una giornata speciale ai popoli indigeni. Nel caso della Conferenza di Bonn, questo giorno è stato il 7 novembre, quando i suoi rappresentanti hanno avuto modo di condividere le proprie storie e le proprie richieste.
Affrontando il tema “Tutela e promozione dei territori e delle conoscenze indigene”, la Federacíon de Comunidades Nativas del Ucayali y Afluentes (FECONAU) ha promosso un dibattito per mostrare la reale situazione dei popoli indigeni del Perù.
Il peruviano Robert Guimaraes (presidente della FECONAU) e il brasiliano Benki Piyako Ashaninka (leader indigeno Ashanika) hanno raccontato l’esperienza quotidiana del loro popolo. Benki ha citato la sapienza millenaria dei popoli indigeni e ha sottolineato la necessità di rispettare la diversità, oltre che l’importanza di educare le giovani generazioni sul futuro delle foreste.
Inoltre, Benki ha sottolineato che “i popoli indigeni cercano di promuovere una riflessione sui loro diritti e di denunciare la situazione di violenza che soffrono”. Secondo lui, “c’è stata una diminuzione della quantità di pesci, oltre all’estinzione di piante e animali, come conseguenza diretta della deforestazione della foresta amazzonica. Se il cambiamento climatico è dovuto alle nostre azioni e sappiamo come combatterlo, non dobbiamo pensare, ma agire”.
Robert, a sua volta, ha ampliato il dibattito, dicendo che la lotta dei popoli indigeni fa parte di uno scenario globale, visto che tante risorse sfruttate dai paesi industrializzati sono presenti nella foresta. Secondo il presidente di FECONAU, la conoscenza indigena dei fiumi, delle piante e degli animali è parte della loro tradizione: “Cerchiamo di trasmettere alle nuove generazioni questa conoscenza, che non può essere insegnata in cinque anni di università, ma in molti anni di pratica”.
In ogni caso, “queste pratiche e le nostre vite sono minacciate soprattutto dalla contaminazione dal petrolio, dall’installazione di centrali idroelettriche e dall’agribusiness in Perù”, denuncia l’attivista peruviano.
Per Robert, il governo non vuole discutere degli impatti ambientali che queste attività provocano all’ambiente e tra i popoli indigeni, nascondendo la vera problematica della deforestazione.
La FECONAU combatte contro questa realtà.
L’organizzazione ha piantato più di un milione di alberi e prevede di piantare più di 9 milioni entro il 2040. “Non c’è giustizia per i popoli indigeni, ma lottiamo per cambiare questa situazione e garantire un futuro degno per le generazioni successive”, conclude Robert.