I leader del mondo lasciano l’Egitto, l’Agenda sull’adattamento di Sharm-El-Sheikh è fissata

Il contesto è chiarissimo ed è condiviso da tutti, o almeno sembrerebbe: non c’è più tempo per l’inazione, dobbiamo adempiere.

Di Emiliano Campisi 

I primi due giorni della COP 27 si sono conclusi. I leader, i capi di Stato, i ministri e attivisti hanno pronunciato i loro discorsi e fatto loro dichiarazioni durante il Sharm El-Sheikh Climate Implementation Summit (SCIS), il Vertice dei Leader mondiali. Abbiamo ascoltato gli appelli dei rappresentanti di quasi tutti gli Stati della Terra, che hanno chiesto di migliorare l’azione sia sugli obiettivi di mitigazione che sulle misure di adattamento.  

Ma quando cala il sipario, quando tutti i leader lasciano l’Egitto, la musica cambia e inizia la parte più difficile del negoziato, lasciando spazio alle azioni dei delegati, dei tecnici e degli inviati speciali, che purtroppo non possono affidarsi a promesse e proclami ma devono, come già detto, adempiere. 

Questa è la 27ª COP in trent’anni, e in questo lasso di tempo tutto è cambiato. Citando le parole della ONG ECO, il tempo per attuare un “cambiamento incrementale” è passato, ora abbiamo bisogno di una trasformazione strutturale dell’intera economia e ne avevamo bisogno ieri. Questo risulta ancora più evidente leggendo il recente Emission Gap Report, una previsione annuale sul divario di emissioni di gas serra al 2030 tra le proiezioni effettive e il target soglia di 1,5°C dell’IPCC. I dati purtroppo parlano chiaro, siamo lontani dall’obiettivo: rispetto ai livelli del 2019, entro il 2030 le attuali misure attuate a livello internazionale ridurranno le emissioni globali solo del 3,6% rispetto al 43% di riduzione raccomandato dall’IPCC. 

Fonte: Climate Action Tracker

Parafrasando, e usando le parole del Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, ciò significa che “siamo su un’autostrada verso l’inferno climatico con il piede ancora sull’acceleratore”. 

Non sorprende quindi che negli ultimi anni l’attenzione per l’adattamento sia cresciuta in modo vertiginoso, al punto che questa COP sarà completamente incentrata su questo tema, dal momento che l’Africa è, e sarà, uno dei Paesi più colpiti dagli impatti estremi e devastanti dei cambiamenti climatici ed ha anche meno strumenti di tutti per affrontarli. A questo scopo, ieri, a conclusione del Vertice dei Leader mondiali, la Presidenza della COP ha lanciato la Sharm-El-Sheikh Adaptation Agenda, il calendario dei lavori di questa COP, che delinea 30 risultati di adattamento desiderati per migliorare la resilienza di oltre 4 miliardi di persone che vivono nelle comunità più vulnerabili alle conseguenze climatiche entro il 2030.  

La difficoltà sarà quella di mettere insieme le risorse necessarie per attuare un simile obiettivo. Nessuno è in disaccordo sull’importanza dell’adattamento, ma piuttosto su chi lo pagherà, quando e in che modo. I meccanismi finanziari sono sia il cuore della soluzione che del problema. Troppo poco è stato fatto in passato su questo tema e ora i leader del Sud globale chiedono progressi immediati, altrimenti tutti i bei principi sulla “giusta transizione” e sul “non lasciare indietro nessuno” saranno solo parole vuote. Non possiamo consentire che siano i più poveri e i meno responsabili ad affrontare le conseguenze peggiori delle azioni dei più ricchi e più responsabili; al contrario, saremo costretti a confermare le parole del Primo Ministro delle Barbados, Mia Mottley, quando afferma che “questo mondo assomiglia ancora troppo a quando faceva parte di un impero imperialista”.