South Ethiopia. 2016. Omo Valley, five years later. Along the oriental shore of the Omo River, near the Karo village. The Karo village is situated in a natural bight of the Omo River. Karos are a small tribe with an estimated population between 1,000 and 3,000 people. Next to the village at the moment a resort has been built. In the background, cotton plantations have replaced rainforest.Controlling the Omo River, will allow to make a huge government project possible: the Omo Kuraz Sugar Factories Project, which sees the cultivation of pproximately 245,000 hectares of land for the roduction of sugar cane, to be used to produce both ethanol and sugar.

Cos’è il water grabbing e perché dovrebbe preoccuparci

Marirosa Iannelli, presidente del Water Grabbing Observatory, intervenuta al Trento Film Festival, ci ha spiegato cosa si intende con water grabbing e suggerito come essere più critici su questo tema.

Di Elisabetta Chiesa

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gli eventi di Montagna Libri del Trento Film Festival è intervenuta anche Marirosa Iannelli, presidente del Water Grabbing Observatory, per discutere assieme a Monica di Sisto, Roberto Barbiero e Paulo Lima di società della cura. Il Water Grabbing Observatory  ha come obiettivo quello di rilevare, analizzare, comunicare fenomeni sociali, ambientali ed economici legati ad acqua e clima, in Italia e nel mondo. Abbiamo dunque intervistato la presidente, coautrice di “Water Grabbing. Guerre nascoste per l’acqua nel XXI secolo” (2018) e di “Atlante geopolitico dell’acqua” (2019).

Paulo Lima modera gli interventi di Iannelli, Barbiero e Di Sisto all’evento “Per una società della cura. Diritti, risorse, ambiente”.

Cos’è il water grabbing?

Water Grabbing tradotto letteralmente vuol dire “accaparramento dell’acqua”, più comunemente conosciuto in Italia come “furto dell’acqua”, anche se è una traduzione un po’ imprecisa e da linguista ci tengo sempre a precisarlo. È un fenomeno complesso, che si può trovare in svariati contesti e in tutti i paesi del mondo; è stato definito in accademia per la prima volta dal Transnational Istitute di Amsterdam, istituto di ricerca indipendente e anche organizzazione non governativa dei Paesi Bassi. È un fenomeno che è stato studiato in relazione al “land grabbing”, ovvero l’accaparramento delle terre.

Quando si verifica il water grabbing in concreto? Parliamo di furto dell’acqua quando uno o più attori pubblici o privati come aziende o multinazionali si accaparrano letteralmente la risorsa idrica a discapito di comunità ed ecosistemi attraverso forme di privatizzazione o l’appropriazione di terre e impianti e infrastrutture idrici o anche attraverso l’esercizio di un potere economico e finanziario e il controllo delle risorse idriche. Questo da un punto di vista generale delle definizioni. Water grabbing è quindi privatizzazione dell’acqua oppure costruzione di mega impianti idroelettrici, oppure sfruttamento dell’acqua in maniera impropria, pratica del fracking che impiega tantissima acqua che viene rilasciata inquinata nei terreni. Quindi anche la depauperazione dei terreni e dell’ambiente circostante è anch’esso una forma di water grabbing.

Con l’Osservatorio di cui facciamo parte abbiamo iniziato a documentare diversi casi di accaparramento idrico. Siamo partiti lontano da casa, siamo andati in Sud Africa, in Palestina e Israele, in Sud America.

Ci puoi dire qualche episodio di accaparramento idrico qui in Italia?

Proprio il 12 giugno ricorre il decennale del referendum per l’acqua pubblica in Italia. Un referendum che è stato completamente disatteso. 26 milioni di cittadini sono andati al voto per chiedere che l’acqua fosse riconosciuta come bene pubblico e comune, e 10 anni dopo siamo ad un punto fermo, in cui la gestione dell’acqua non è ancora pubblica bensì ha vari esempi di privatizzazione. La privatizzazione dell’acqua qui, a casa nostra, è una forma di accaparramento idrico, in cui si parla proprio di gestione della risorsa. In Italia rischiamo che ci si possano accaparrare anche le fonti dell’acqua, ovvero i luoghi in cui proprio sgorga l’acqua, fonti montane e sotterranee che attualmente sono di proprietà statale ma rischiano di essere vendute ad enti, multinazionali e gestori privati. Questo rappresenta un grande rischio di water grabbing che abbiamo nel nostro paese.

Un’altra forma collegata a questo episodio è quello dell’acqua in bottiglia. Multinazionali dell’acqua in bottiglia pagano attraverso un canone di concessione regionale l’acqua alla fonte per poi imbottigliarla e rivenderla a un prezzo ben più caro nei nostri supermercati, parliamo di circa 1000 volte il costo rispetto all’acqua del rubinetto. Questo è un altro rischio che stiamo cercando di scongiurare attraverso la giurisprudenza, la sensibilizzazione, l’informazione e ovviamente la politica.

Marirosa Iannelli interviene durante l’incontro del Trento Film Festival.

Rispetto all’evento, perché la società della cura può rappresentare una soluzione per i problemi legati al water grabbing?

La società della cura è un movimento. Io vorrei porre l’attenzione sul fatto che il referendum di dieci anni fa è stato il frutto, per la mia generazione, di una grande opera di democrazia che ha unito associazioni, gruppi locali, gruppi territoriali, fora dell’acqua e altri fora attraverso un movimento sociale che si prendesse cura del pianeta e delle persone. Si parla troppo poco o male della solidarietà non solo verso le persone ma verso il pianeta stesso. Un movimento come quello della società della cura porta il focus dell’attenzione lontano profitto ma anche verso un modello di business ormai insostenibile sia per il pianeta che per uomini e donne. Il focus invece viene riportato sulla capacità di valorizzare le risorse che abbiamo senza sprecarle, senza depauperarle: si può fare economia sostenibile, pensando all’ambiente e pensando ai diritti umani e ambientali e dei lavoratori. Ecco a cosa serve un manifesto per la società della cura.

Che cambiamenti ha apportato all’appropriazione dell’acqua la crisi sanitaria?

Enormi, nel senso che la pandemia ha evidenziato in maniera lampante le disparità sociali ed economiche che ci sono in tutto il mondo. Per combattere malattie l’acqua è prioritaria: ci dicono di lavarci sempre le mani, ma laddove questa risorsa scarseggia viene meno il diritto alla salute, all’igiene, ad avere strutture sanitarie adeguate. Un numero mi è rimasto impresso: studiando i dati sull’Africa, il 40% delle strutture sanitarie in Africa non ha accesso all’acqua all’interno della struttura stessa. Questo era già drammatico prima del Covid, provate a pensare cosa ha implicato durante quest’ultimo anno di pandemia.

Questi dati sembrano portarci a mondi lontani, però viviamo situazioni in prospettiva che saranno di scarsità idrica. Siamo nell’era dei cambiamenti climatici, avremo estati molto diverse nei prossimi anni, più siccitose, con fenomeni metereologici più estremi e si potrà verificare la riduzione di acqua anche in contesti italiani.

Non è così lontana l’estate del 2017 in cui si è rischiata la crisi idrica a Roma. Il lago di Bracciano, punto di prelievo idrico per la fornitura di acqua per i cittadini, è sceso talmente tanto di livello che in qualche giorno di difficoltà si è minacciata la chiusura dei rubinetti dei romani o l’apertura dell’acqua ad ore alternate. Ed è successo nel 2017! Se non tuteleremo queste risorse e non cambieremo il sistema di gestione idrico in Italia potremo avere delle difficoltà anche nel nostro paese.

Quali sono le attività che proponete come Osservatorio?

L’Osservatorio si occupa in primis di offrire informazioni scientificamente corrette sul problema della violazione dei diritti umani e ambientali legati all’acqua, cambiamenti climatici e advocacy per il diritto umano all’acqua. Ci occupiamo di divulgazione ambientale ma anche di portare avanti delle lotte importanti. Ne cito una, a cui sono particolarmente legata, che è la campagna “Stop acqua in bottiglia” proprio per sensibilizzare i cittadini all’uso dell’acqua del rubinetto, visto che abbiamo fra le migliori acque e fonti al mondo, soprattutto poi in Trentino. È inconcepibile pensare che l’acqua debba essere prelevata e gestita da una multinazionale dell’acqua in bottiglia per poi essere imbottigliata e rivenduta a circa 1000 volte tanto il costo dell’acqua del rubinetto. Proprio in Trentino abbiamo delle fonti ottime e ci sono delle aziende che si impongono sul mercato non solo nei supermercati ma anche nel settore della ristorazione, quando è la stessa acqua dalla fonte da cui viene prelevata. L’Osservatorio dà corrette informazioni rispetto a questo, dà supporto ai cittadini che magari hanno timore o non si fidano dell’acqua del rubinetto, spiegando quali sono tutti i processi che portano l’acqua dalla fonte al rubinetto di casa e anche indicando loro come informarsi.

Per tornare alla società della cura, prendersi cura della cittadinanza è anche metterli nelle condizioni di avere fiducia, nelle istituzioni e in chi gestisce in questo caso i servizi civici e quindi gli enti locali. E per fare questo bisogna appunto informare correttamente, perché il senso di fiducia si sviluppa e si alimenta quando le cose si sanno. Cerchiamo di spiegare fenomeni complessi o apparentemente tecnici nel modo più semplice possibile.

Ethiopia. 2016. Foto di Fausto Podavini – reportage “OMO, la valle dimenticata”

In che modo noi cittadini possiamo sostenere l’Osservatorio e intervenire in prima persona sul tema del water grabbing?

Sicuramente sul nostro sito c’è la possibilità di donare all’associazione per seguire e sostenere campagne specifiche come quella “Stop acqua in bottiglia”.

Altra possibilità è quella di associarsi e quindi di seguire da soci le attività che portiamo avanti durante l’anno.

Ovviamente, promuovere, diventare cassa di risonanza attraverso social media i nostri contenuti, quelli che cerchiamo di veicolare a quante più persone possibile.

Adesso stiamo riprendendo a fare eventi in presenza, ma continuiamo a farne anche online, quindi siamo disponibili per promuovere eventi di divulgazione soprattutto nelle scuole. Stiamo proprio lavorando a programmi di formazione per entrare nelle scuole, per spiegare a bambini e ragazzi come si può diventare cittadini responsabili, come usare correttamente l’acqua, non sprecarla e sensibilizzarli per ridurre quanto più possibile l’acqua in bottiglia.