Conferenza sul Clima di Madrid: risultati deludenti

L’emergenza climatica, espressione tra le più utilizzate nel mondo nel 2019, almeno secondo il dizionario di lingua inglese Oxford, non è riuscita a sfondare le porte chiuse della Conferenza ONU sul Clima di Madrid (COP25), iniziata il 2 dicembre e conclusasi due giorni dopo quanto previsto, il 15 dicembre. Non era mai successo che la chiusura della Conferenza slittasse così in avanti.

di Paulo Lima, giornalista e presidente dell’Associazione Viração&Jangada, Elisa Calliari, ricercatrice del Centro Euro-mediterraneo sui Cambiamenti Climatici e Roberto Barbiero, climatologo dell’Osservatorio Trentino sul Clima

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La COP25 si è conclusa in un clima di fallimento e con l’adozione di un documento intitolato “Cile-Madrid Tempo di Agire”. Non ha raggiunto il suo principale obiettivo: regolamentare l’Articolo 6 dell’Accordo di Parigi sui “meccanismi di cooperazione volontaria” tra Stati, meglio conosciuti come “mercati del carbonio”.

L’Articolo 6 dovrebbe permettere ad uno Stato che non riesce a tagliare le proprie emissioni secondo quanto prefissato, di comprare il surplus in termini di riduzioni da un altro Stato più virtuoso. Il nodo fondamentale da sciogliere a Madrid riguardava il “double-counting”, ovvero come elaborare un sistema di contabilità che evitasse che la stessa riduzione delle emissioni fosse attribuita sia al paese acquirente che a quello venditore.

Se così fosse, la riduzione verrebbe, appunto, contata due volte, e questo potrebbe portare a sovrastimare l’effettiva riduzione delle emissioni. A causa dell’ostruzionismo di alcuni paesi, ed in particolare modo del Brasile, non è stato possibile arrivare ad un consenso e le discussioni riprenderanno il prossimo giugno a Bonn.

Altri nodi si sono faticosamente sciolti, soprattutto per quanto riguarda il Meccanismo di Varsavia sulle “Perdite e Danni” associati agli impatti dei cambiamenti climatici, e la questione di genere. Nato nel 2013, il Meccanismo di Varsavia si occupa di favorire conoscenza, cooperazione, azione e supporto per fare fronte a tutti quegli impatti che, per il loro carattere catastrofico, vanno oltre la capacità di adattamento dei sistemi sociali e naturali. I paesi in via di sviluppo hanno chiesto il rafforzamento del meccanismo, soprattutto in termini di supporto finanziario per i paesi più vulnerabili. I paesi industrializzati hanno fatto fronte comune nello specificare che non sono necessarie delle risorse addizionali e che ci sono opportunità per rendere più accessibili i fondi già esistenti. Un compromesso è stato raggiunto con la revisione del meccanismo da parte di un gruppo di esperti che dovranno identificare le modalità di supporto finanziario, e la creazione di un network per fornire un supporto tecnico ai paesi più vulnerabili. La questione fondamentale, ovvero come colmare il divario tra le risorse promesse dai paesi industrializzati e quelle necessarie ad aiutare le comunità più vulnerabili, è rimasta invece disattesa.

È stato infine raggiunto un accordo su un nuovo piano di azione di genere che permetterà lo sviluppo di misure volte a ridurre gli effetti diseguali dei cambiamenti climatici sulle donne e sulle bambine e a promuovere il loro ruolo come agenti di cambiamento. Questo nuovo piano, in atto fino al 2025, vuole favorire la partecipazione delle donne nei negoziati internazionali e assicurare loro un ruolo attivo nelle prese di decisioni a livello nazionale.

“Cile-Madrid Tempo di Agire” rivendica la conoscenza scientifica come principale asse che deve orientare le decisioni nell’affrontare i cambiamenti climatici e aumentare l’ambizione dei paesi e degli altri settori. Una posizione di non facile accordo, visto che l’Arabia Saudita e il Brasile hanno cercato di ostacolare la menzione dell’IPCC nel documento finale. Agli scienziati del clima viene riconosciuto anche il compito di condividere le loro ricerche e studi con tutti i paesi perché possano rafforzare la loro capacità di rispondere all’emergenza climatica.

L’Italia ospiterà una riunione preparatoria alla prossima COP26 prevista tra il 9 e il 20 novembre 2020 a Glasgow, in Scozia, e promuoverà anche la PreCOP dei giovani, come annunciato dal ministro dell’Ambiente, Sergio Costa. L’annuncio è stato fatto durante il consueto momento di dialogo che il ministro tiene con i rappresentanti di diverse organizzazioni italiane presenti alla Conferenza, tra cui anche l’Agenzia di Stampa Giovanile e l’associazione Viração&Jangada. In particolare, il gruppo ha chiesto al governo italiano “più ambizione” in tempi di assoluta emergenza climatica e di accelerare i passi per il raggiungimento degli impegni nazionali assunti e previsti nell’Accordo Globale sul Clima. Inoltre, è stato chiesto all’Italia di sostenere nei tavoli negoziali l’importanza del ruolo e del contributo degli scienziati del clima e del mondo della ricerca, di promuovere maggiore trasparenza per quanto riguarda i finanziamenti ai progetti di adattamento ai cambiamenti climatici e di sviluppo sostenibile e di rafforzare i processi di partecipazione giovanile.

Secondo il ministro, l’Italia può e deve svolgere un ruolo importante nella prossima COP26 insieme al Regno Unito, con cui ne condivide l’organizzazione. Quella del 2020 sarà infatti una Conferenza di straordinaria importanza perché prevede l’entrata in vigore ufficiale dell’Accordo Globale sul Clima. In vista dell’appuntamento del prossimo anno, i singoli paesi dovranno tuttavia presentare delle nuove proposte di impegno per le azioni sul clima e, in particolare, per la riduzione delle emissioni di gas serra. Costa ha annunciato quindi una PreCOP con forte partecipazione giovanile e che si svolgerà a Milano probabilmente nelle prime settimane di ottobre 2020. Ha detto di voler portare in Italia circa 200 giovani di tutto il mondo, che lavoreranno con metodologie partecipative. Sarà un’occasione importante perché potranno condividere le loro esperienze e conoscenze su come affrontare i cambiamenti climatici nei rispettivi Paesi. E soprattutto per rafforzare il movimento globale di coloro che continueranno ad alzare la loro voce per le strade chiedendo più ambizione e azioni immediate in tempi di emergenza climatica.